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La vita in un orfanotrofio di un piccolo villaggio africano

Storie – A causa di guerre, povertà e disastri naturali, il numero degli orfanotrofi in Africa si è moltiplicato velocemente negli ultimi decenni, anche se il fenomeno sta subendo un’inversione di tendenza. Ma come si vive in queste strutture?

Fig. 1 – Secondo l’Unicef sono circa 140 milioni i minori orfani nel mondo, 61 milioni in Asia, 52 milioni in Africa, 10 milioni in America Latina e Caraibi e 7,3 milioni nell’Europa dell’Est e in Asia. 15,1 milioni non hanno più entrambi i genitori. | Foto: Sara Moscogiuri
1. LA STORIA DI ABDEL

Abdel, 2 anni, trovato per caso da un prete ai bordi di un villaggio africano. Dormiva e viveva lì per strada, sporco e denutrito, i suoi genitori erano entrambi malati di AIDS, impossibilitati quindi a occuparsi di se stessi e del figlio. Abdel ha già trascorso due anni in orfanotrofio, condivide la sua vita con altri 60 orfani, non è mai solo, ma a guardarlo è il più triste di tutti. I piccoli ospiti di questo orfanotrofio hanno dai 2 ai 17 anni. Vestiti stracciati, piedi nudi, maglie troppo grandi per corpi troppo piccoli. I loro cuori hanno vissuto mille dolori, i loro sguardi nascondono un velo di eterna tristezza, una tristezza che difficilmente puoi convertire in un sorriso, una tristezza provocata da chissà quali drammi e chissà quali ricordi che alla loro età dovrebbero essere totalmente sconosciuti. Nonostante gli sforzi immani che la suora che gestisce la struttura compie giornalmente, il cibo non sempre basta per tutti, o meglio, affinché tutti possano mangiare è necessario condividere ciò che è a disposizione. A volte si tratta solo di una ciotola di riso. Tutto qui. Tutto è condiviso, si instaura un clima di comunità e, per quanto difficile possa risultare, la comunità dell’orfanotrofio diventa la famiglia, senza madre e senza padre. Sono le ragazze e i ragazzi più grandi a fare da “padre e da madre”, o meglio, da sorella o fratello maggiore ai bambini più piccoli. Sono loro che si occupano, insieme alla suora, di “educare” e “far crescere” i più piccoli. Si cresce in fretta, ci si divide i compiti, ognuno ne ha uno e deve svolgerlo sino alla fine. Non si può perdere tempo, difficilmente ci si può concedere il lusso di giocare. La mattina se c’è il cibo per mangiare si mangia, altrimenti si affronta la giornata a stomaco vuoto. È così, la vita in un orfanotrofio in Africa. E in chissà in quante altre parti del mondo.

2. L’IMPATTO DELL’ORFANOTROFIO SUL BAMBINO

I bambini che vivono e crescono in orfanotrofio sono ad alto rischio di sviluppare una profonda vulnerabilità. Il loro arrivo e la loro permanenza in strutture del genere ha un impatto fortissimo sullo sviluppo, dal punto di vista sia sociale, sia cognitivo. Si tratta di effetti negativi di medio e lungo periodo, se non addirittura permanenti, che incidono sulle loro personalità. Il periodo che trascorrono in orfanotrofio è spesso caratterizzato da carenza o totale mancanza di cure e attenzioni, poiché le strutture che li accolgono sono sovraffollate e il personale non può riuscire a soddisfare ogni singolo bisogno di ogni singolo bambino. Bisogni affettivi che in condizioni normali, se vivessero quindi in una famiglia, i bambini potrebbero ricevere quotidianamente. Tale “mancanza affettivo-educativa” inficia la crescita del bambino e ne compromette il corretto sviluppo fisico, intellettivo e socio-emotivo. Il rischio diventa esponenzialmente più alto se il bambino arriva in orfanotrofio nei primi 3 anni di vita. Inoltre, particolarmente serio è il problema che si pone al compimento della maggiore età, poiché il ragazzo non è più tenuto a restare in struttura: l’uscita dall’orfanotrofio rappresenta un momento molto delicato perché spesso egli non è preparato a vivere autonomamente, ragion per cui molti di loro finiscono per strada, commettono reati, diventano vittime di abusi.

Fig. 2 – La prima e principale ragione di abbandono di un bambino in orfanotrofio è la povertà, ovvero l’incapacità da parte di uno o entrambi i genitori di poter garantire elementi essenziali come cibo, assistenza sanitaria ed educazione. | Foto: Sara Moscogiuri
3. MENO ORFANOTROFI, PIÙ WELFARE

La diffusione degli orfanotrofi nei Paesi africani è una problematica che non passa inosservata. Solo un anno fa, l’Economist raccontava come molti Paesi africani stessero ricorrendo alla chiusura di queste strutture, per arginare la proliferazione di quello che sembrava essere diventato un business redditizio, più che un servizio per il benessere dei minori. In Ruanda, per esempio, più della metà degli orfanotrofi è stato chiuso a partire dal 2012, il Ghana ne ha chiusi cento tra il 2010 e il 2015, l’Etiopia qualche dozzina a partire dal 2011. Sempre più Paesi africani sembrano voler seguire questa direzione. La sfida più grande risulta essere innanzitutto un cambiamento delle politiche di welfare nazionale finalizzato all’assistenza delle famiglie in difficoltà, nonché la sensibilizzazione alle pratiche di affido e adozione. Queste ultime sono ancora poco diffuse tra i popoli africani, che non le annoverano nella costruzione di una famiglia. Successivamente occorrerebbe potenziare la cooperazione tra i vari Paesi, con l’obiettivo di rafforzare e migliorare le pratiche relative alle adozioni internazionali.

Sara Moscogiuri

 

Immagine di copertina: Image by AithneG from AithneG

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Sara Moscogiuri
Sara Moscogiuri

Ho una formazione accademica in sociologia della devianza. Dopo varie esperienze di lavoro e volontariato in Italia, Ungheria e Turchia, adesso vivo in Camerun e faccio parte del programma “caschi bianchi”.

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