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Alla periferia del mondo: Yaoundé e i quartieri ai suoi margini

Storie Viaggio per le periferie di Yaoundé, capitale del Camerun, grandi agglomerati urbani dove i cittadini vivono in condizioni di indigenza e marginalità 

DALLA CITTÀ ALLA PERIFERIA

Camerun, la cosiddetta “Africa in miniatura”, paese variegato e variopinto, paesaggi mozzafiato che vanno dalla foresta alla savana. Grazie al clima che ne favorisce le condizioni è produttore di cacao, tabacco, the, caffè, gomma, riso, arachidi, olio, banane, cotone; non mancano la pesca, l’allevamento, ma anche l’estrazione di petrolio, oro e alluminio. La capitale Yaoundé è una città che conta circa 3 milioni e mezzo di persone; a farla da padrona una rigogliosa foresta che si estende per chilometri e chilometri e che abbraccia anche la realtà cittadina, dando un po’ di conforto dal traffico urbano. Come gran parte delle capitali africane, anche a Yaoundé vi è un continuo movimento: pedoni che provano a farsi spazio tra le auto che  sfrecciano in tutte le direzioni e a tutte le velocità, continui colpi di clacson, tante e molteplici attività commerciali, ambulanti che camminano ai bordi delle strade con cesti di mais, plantain, ananas, papaya, arachidi, acqua o altro sulla testa. Mille colori, mille volti, mille voci, sfumature di vita diverse ed uniche. Basta svoltare un angolo strettissimo situato ai bordi di una larga strada affollatissima per ritrovarsi in piena foresta e quindi in un’altra realtà. Mbangapongo, Kondengui ed Etam-Bafia, tre quartieri i cui abitanti si trovano a dover quotidianamente far i conti con la sopravvivenza.

Fig. 1 – Il contrasto tra città e natura si fa stridente appena fuori dal quartiere di Mbangapongo, a Yaoundé, dove si estende una rigogliosa foresta

UN PEZZO DI MONDO CHE SEMBRA DIMENTICATO

È qui che, a pochi passi dal pieno ritmo urbano si trova una realtà inimmaginabile, fatta di povertà e marginalità. Case fatte di legno, pietre o lamiere che spesso sono bruciate, diventate ormai nere come il carbone. I piedi sprofondano spesso nella melma. Insetti e animali vari, odori forti provenienti da ruscelli fatti di acqua putrida che scorrono tra un’abitazione e l’altra e che per poter attraversare è necessario camminare su pezzi di legno traballanti che permettono il collegamento tra una casa e l’altra. Per camminare è necessario passare all’interno delle abitazioni private, invadendo le attività della gente che svolge le proprie faccende quotidiane: insaponare, sciacquare e stendere il bucato, riparare oggetti vari, bambini che giocano con la terra o con giocattoli ricavati da pezzi di legno o canne camminando a piedi nudi sulla terra impastata a rifiuti. Vivere nelle periferie dei grandi agglomerati urbani come quello di Yaoundé è per certi versi peggio che stare nei villaggi, perché le necessità fondamentali quali ad esempio l’utilizzo di acqua pulita non è garantito, così come non lo è di conseguenza nemmeno quello alla salute. Vivere in condizioni insalubri infatti comporta inevitabilmente pesanti ricadute sulla salute: chi vive qui è costretto a farlo vivendo in case improvvisate e in mezzo ai rifiuti, non possiede i mezzi economici per poter affrontare le spese derivanti dalla cura di eventuali malattie. Il sistema sanitario nazionale è di tipo privato, ciò significa che trattasi di interventi chirurgici, gravidanze o casi gravi ed urgenti, i costi sono tutti interamente a carico del singolo cittadino. Di conseguenza, chi non ha la possibilità di elargire la somma di denaro per coprire le spese non viene curato, in alcuni casi anche lasciato morire. Senza se e senza ma.

Fig. 2 -Un tratto di strada tra i quartieri di Kondengui ed Etam-Bafia nella periferia di Yaoundé, Camerun

DARE IMPORTANZA A CHI NON HA VOCE

Nonostante la situazione di estrema precarietà ed evidente disagio c’è chi non si arrende e prova a fare quel poco che può, portando un aiuto prezioso in questi quartieri. Uno forzo non indifferente proviene infatti da alcuni volontari del Cass (Centre d’ Animation Socio Sanitaire), il centro socio-sanitario situato nel quartiere Nkoldongo di Yaoundé, gestito dalla Ong italiana “Centro Orientamento Educativo” in piena collaborazione con operatori locali. I volontari infatti si recano in questi quartieri provando a portare un minimo di animazione, sensibilizzazione al contrasto all’HIV, tutela della salute in tutte le sue declinazioni e lotta alla dispersione scolastica. Un lavoro non semplice quando a farla da padrona è la concezione del “vivere alla giornata” che in questi posti è un imperativo: non ci si può permettere di fronteggiare la cura di una malattia o di pensare allo studio quando bisogna fare i conti giorno per giorno con la possibilità di poter mangiare o meno. Al di là di tutto l’impegno legato alla prevenzione socio-sanitaria, i volontari tengono a precisare che la loro presenza in questi quartieri scaturisce “anche solo per dimostrare a chi vive lì che, anche se con mezzi limitati, loro ci sono e che queste persone non sono state dimenticate”. Una presenza preziosa per dimostrare che un’importanza in questo mondo ce l’hanno anche gli ultimi, i dimenticati.

Sara Moscogiuri

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

Il Camerun conta circa ventidue milioni di abitanti. 200 etnie, 58 regioni, 360 città. Vi sono cattolici e protestanti, musulmani e altre (in particolare l’animismo). Il Presidente è Paul Biya, al potere dal 1982 (per due mandati consecutivi). Attualmente il paese attraversa una fase di instabilità dovuta principalmente a due fattori: la crisi tra anglofoni e francofoni (in Camerun le lingue sono inglese e francese) e la presenza di gruppi legati a Boko Haram, a nord del paese. Dilagante la corruzione: secondo le stime pubblicate nel rapporto dell’International Transparency, nel 2016 Paese si è collocato al 145esimo posto su 176, quindi tra i primi 40 paesi con il più alto tasso di corruzione a livello mondiale.

 

Foto di copertina di Sustainable sanitation Licenza: Attribution License

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Sara Moscogiuri
Sara Moscogiuri

Ho una formazione accademica in sociologia della devianza. Dopo varie esperienze di lavoro e volontariato in Italia, Ungheria e Turchia, adesso vivo in Camerun e faccio parte del programma “caschi bianchi”.

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