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Il cancro e le sue metastasi


Non è più solo la figura di Bin Laden a rappresentare oggi l’immagine dell’organizzazione terroristica più famosa e temuta del mondo. Non è più solo il turbante del miliardario saudita a turbare i sonni dei servizi d’intelligence mondiali. Sono ormai tantissimi i Bin Laden in erba pronti a colpire in ogni parte del mondo, a seminare terrore e spargere sangue.

DOV’E’ OSAMA? – Alcuni si chiedono se oggi al-Qaeda sia piĂą forte oggi rispetto al 2001. Altri si domandano, giustamente, che fine abbia fatto il fantomatico Osama Bin Laden. Forse però non vale la pena di rispondere a nessuna delle due domande per comprendere cosa sia e cosa voglia al-Qaeda oggi. Quella che era un’organizzazione relativamente semplice ed almeno teoricamente riconducibile ad uno o due scenari nazionali, nel corso degli anni ha completamente mutato forma nonchĂ© sostanza. Ammesso e non concesso che al-Qaeda sia realmente esistita nelle forme e nei tempi che ci sono stati presentati, oggi appare esser comunque divenuta tutt’altro di ciò che era. O che hanno voluto farci credere che fosse.

Se prima era un cancro estirpabile con la cattura di Bin Laden o con l’uccisione dei suoi luogotenenti, nel 2010 ci si trova ad affrontare le metastasi di quel cancro che sembrano essersi diffuse in gran parte dei paesi medio orientali e non solo. Oggi al-Qaeda è divenuta una sorta di marchio di fabbrica, una sigla a cui i più disparati gruppi fanno riferimento. Una sigla che racchiude in se anime diverse che perseguono obiettivi eterogenei e che soprattutto operano in nazioni differenti. Ci troviamo di fronte ad un’organizzazione con un tronco centrale decisamente infiacchito ma che può contare su rami forti e sostanzialmente ormai indipendenti dall’origine di partenza. Proviamo a spiegarci meglio. 

 

LE ULTIME DIMOSTRAZIONI – Il 26 aprile un uomo bomba si è lasciato esplodere nel tentativo di assassinare l’ambasciatore britannico in Yemen, Timothy Torlot. Il 22 aprile un turista francese è stato rapito in Niger da un gruppo armato denominato al-Qaeda nel Maghreb Islamico e capeggiato da un tuareg. Nemmeno una settimana prima i coniugi Cicala avevano ritrovato la libertĂ  dopo 4 mesi nelle mani di uomini che si professavano seguaci di Bin Laden in Mauritania. Il 13 aprile almeno 15 persone sono rimaste uccise in due attentati compiuti da miliziani vicini ad al Qaeda nel sud delle Filippine.

In Iraq si è ormai perso il conto dei morti provocati dalle milizie sunnite vicine che provano a far sprofondare il paese nel caos più totale. Il 23 aprile due autobomba sono esplose nei pressi di Sadr City, quartiere a maggioranza sciita, uccidendo 39 persone e causando 45 feriti. Il giorno successivo Baghdad è stata scossa da 13 esplosioni che hanno causato circa 60 vittime e quasi 200 feriti. Tutto questo nonostante la settimana prima gli Usa avessero trionfalisticamente comunicato di aver ucciso i due leader di al-Qaeda in Iraq: Abu Ayyub al-Masri e Abu Omar al-Baghdadi. In quest’ottica sembra quasi di essere di fronte ad una mitologica idra con decine di teste che si duplicano ogni volta che ne viene tagliata una.

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UNA LOTTA SEMPRE PIU’ DURA – Ed allora, per tornare alla domanda di prima: a quasi dieci anni dall’11 settembre 2001 al Qaeda è piĂą o meno forte di prima? Sicuramente la sua ramificazione a livello internazionale è indice di un consenso che va radicandosi nelle piĂą disparate aree: un consenso crescente in vari angoli del mondo. Parimenti la diversificazione di piccole cellule che operano praticamente a livello nazionale, se non in alcuni casi addirittura regionale, dimostra come il ruolo di Bin Laden sia ormai secondario visto che la maggior parte di queste cellule vivono, molto presumibilmente, una vita indipendente dalla casa madre. Per questo motivo combattere oggi al Qaeda diviene forse piĂą difficile: piĂą scenari su cui agire, piĂą forze da mettere in campo, molti piĂą stati da coinvolgere nella “guerra al terrore” e conseguentemente decisamente piĂą cittĂ  da monitorare in previsione di possibili attentati. Chi pensava che l’invasione dell’Afghanistan  avrebbe rappresentato da sola la panacea per ogni male si è sbagliato di grosso.

 

Marco Di Donato

redazione@ilcaffegeopolitico.it

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