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Le elezioni in Iran e la mano di Khamenei

In Iran si elegge il nuovo Presidente: dopo i due mandati di Ahmadinejad, il Paese si trova in una situazione complessa, nel pieno della crisi economica e profondamente gravato dalle sanzioni internazionali. Il Consiglio dei Guardiani ha eliminato dalla competizione i candidati più forti, mantenendo solo figure di secondo piano, che difficilmente apriranno scontri diretti con l’Ayatollah.

 

LE ELEZIONI – Oggi in Iran è il giorno delle elezioni presidenziali. Gli osservatori di tutto il mondo sono concordi su un aspetto: mai si era assistito a votazioni così sottotono, sia nel dibattito interno, sia in quello internazionale. Dopo otto anni di Ahmadinejad, l’Iran si trova ad affrontare una situazione economica difficile soprattutto per gli effetti delle sanzioni internazionali, che, insieme con una pesante svalutazione della moneta (-40%), hanno causato il crollo della produzione petrolifera (-1,1 milioni di barili nel primo trimestre del 2013), l’abbattimento del PIL (-2%) e l’aumento di inflazione (forse intorno al 20%) e disoccupazione (tra il 15 e il 20%). Al quadro economico deve essere aggiunto un sentimento di disincanto misto a disinteresse negli elettori derivato direttamente dalla repressione della cosiddetta “Onda verde” del 2009 e dall’accentramento del potere da parte dell’ayatollah Khamenei, in aperto dissenso con Ahmadinejad.

 

RISCHIO ASTENSIONISMO – Questa tendenza tra la popolazione iraniana, pesantemente condizionata anche dalla percezione delle fratture insanabili interne alle Istituzioni rivoluzionarie, potrebbe concretarsi in un alto tasso d’astensionismo – dato che alcuni esperti ritengono pressoché certo. Oltretutto, il Consiglio dei Guardiani sta condizionando in modo evidente le elezioni, poiché ha respinto le candidature dell’ex presidente moderato Rafsanjani (che con Kathami ha chiesto sostegno per Rohani) e dell’uomo di fiducia di Ahmadinejad, Mashaei, eliminando pertanto le due personalità più ingombranti. I sei candidati rimasti in corsa sono tutti figure di secondo piano, che, probabilmente, non saranno d’ostacolo a Khamenei, per il quale è prioritario mantenere accentrata la catena di comando ed evitare eventuali riproposizioni delle proteste del 2009.

 

VINCERÀ COMUNQUE KHAMENEI – Considerato il contesto, non è semplice individuare un favorito per la vittoria: secondo gli esperti, a essere avvantaggiati al momento sarebbero Mohammad Bager Qalibaf, sindaco di Teheran vicino all’ala più intransigente dei Pasdaran, e Saeed Jalili, negoziatore per la questione del nucleare iraniano gradito a Khamenei. Proprio il secondo sembra essere leggermente avanti, poiché la sua elezione potrebbe consentire all’Ayatollah da un lato di proseguire la linea intransigente nelle contrattazioni con la comunità internazionale, dall’altro di non dover nuovamente affrontare dissidi profondi con il Presidente, come invece accaduto con Rafsanjani, Khatami e negli ultimi anni di Ahmadinejad. Khamenei, inoltre, sembra intenzionato ad adoprarsi per evitare il turno di ballottaggio, preferendo conoscere il vincitore delle elezioni il prima possibile, per evitare l’apertura di fronti di mediazione che potrebbero incrinare i rapporti all’interno del Corpo delle Guardie della Rivoluzione, diviso tra il sostegno a Qalif e a Jalili. La data di oggi è da seguire con molta attenzione: al di là del risultato specifico – che conterà di fatto in modo limitato – queste elezioni potrebbero mostrare in che modo gli equilibri di potere si stiano riassestando in Iran.

 

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono specializzato in geopolitica e marketing elettorale. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa. Ho un gatto bianco e rosso chiamato Garibaldi.

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