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Iran al voto, quattro anni dopo

Teheran, giugno 2009, data scolpita nella cronologia degli eventi rilevanti all’interno della complicata storia del Medio Oriente. Le televisioni di tutto il mondo (e in modo ancor più rilevante i social network) mostrarono e testimoniarono la più grande sollevazione popolare che il Paese sciita per eccellenza avesse registrato sin dalle manifestazioni votate alla cacciata dello Shah nel 1979. Alcuni si sono spinti persino ad affermare come in tali ondate di protesta vi siano stati i prodromi delle rivolte viste in Tunisia ed Egitto, ovvero ciò che in Occidente viene considerata la “Primavera Araba” e proprio in Iran il “Risveglio Islamico”. Quattro anni dopo, le nuove elezioni. Come finirà, e qual è la posta in gioco?

 

L’ELEMENTO “INNOVATIVO” – Oggi, dopo diversi anni, il mondo e specialmente le potenze occidentali sono nuovamente in attesa di capire cosa accadrĂ  il 14 giugno, e quale sarĂ  l’uomo che metterĂ  un sigillo definitivo sull’era di Ahmadinejad. Quest’ultimo, infatti, dopo lo scadere del suo secondo mandato non potrĂ  ricandidarsi nuovamente, sebbene anche in caso contrario non avrebbe certamente avuto piĂą nessuna possibilitĂ  di essere rieletto, data la scarsissima stima di cui gode in ampi settori della popolazione ma soprattutto in virtĂą delle diatribe pesantissime nate con il potente apparato che circonda la Guida Suprema Ali Khamenei. Tuttavia la scaltrezza di cui è dotato il Presidente, forgiato dalle dure lotte della politica nazionale, gli ha suggerito di cementare la propria ereditĂ  spingendo nell’arena politica il consuocero, cioè Esfandiar Rahim Mashaei, giĂ  suo consigliere, magari con la segreta ambizione di replicare sul plateau iraniano il tandem “Putin-Medvedev”, quindi tenendosi aperta la porta per ripresentarsi alle presidenziali del 2017.

Essendo che la politica iraniana non è per stomaci deboli, ed anche in virtù del sistema di potere, il trucco suddetto non è andato a buon fine, dato che per legge le candidature alla presidenza (così come per il Majles, cioè il Parlamento locale) devono essere vagliate dal cosiddetto Consiglio dei Guardiani, un corpo nominato su input della Guida Suprema e, di conseguenza, ad essa fedele. Martedì 21 maggio, non a caso, tra le candidature ammesse non vi era quella del suddetto Mashaei, escluso proprio per la sua vicinanza estrema con lo screditato Ahmadinejad, per alcune sue dichiarazioni a favore del ripristino dei contatti con Stati Uniti e, in un certo qual modo, israeliani, e soprattutto a causa della tendenza a mostrarsi un po’ troppo aperto in campo religioso, finendo addirittura per essere accusato di “deviazionismo” e di scarsa devozione al presente islamico in favore del passato persiano. Sostanzialmente la carta del nazionalismo può essere utilizzata, ma bisogna sapere anche qual è il momento di “mollare il piede dall’acceleratore”, fatto che pare non essere avvenuto in luce degli eventi odierni.

 

Ritratto della Guida Suprema
Ritratto della Guida Suprema

I RIFORMISTI – Il campo riformista, invece, non vede protagonista un personaggio trascinante come avrebbe potuto essere quattro anni fa Mir-Hossein Mousavi, ex Primo ministro ai tempi della guerra tra Iran e Iraq, o il suo compagno di lotta, Mehdi Karroubi, ex Presidente del Parlamento. Tale fazione è stata distrutta, o perlomeno ridotta al silenzio nei due anni successivi alle elezioni presidenziali; anche in Parlamento i suoi rappresentanti sono scarsi. Una figura di riferimento come il Grande Ayatollah Hussein-Ali Montazeri, successore designato dell’Imam Khomeini e poi defenestrato da Khamenei e dai conservatori, è morto negli anni scorsi, ed il movimento è privo di un personaggio forte cui rivolgersi, oltre che di un’idea ispiratrice. Il risultato è che l’entusiasmo della borghesia urbana, dei giovani e delle minoranze etniche si è perso in quelle giornate estive del 2009.

Un protagonista magari non eccessivamente riformista, ma indubbiamente di respiro pragmatico, sarebbe potuto essere Akbar Hashemi Rafsanjani, ex Presidente della repubblica nei primi anni ’90. Non a caso la speranza di molte persone che non si riconoscono nel campo conservatore era proprio Rafsanjani, che tuttavia non ha incontrato il gradimento del Consiglio, molto probabilmente a seguito dell’aperto schierarsi con i manifestanti quattro anni fa e del suo invito alla mediazione. Le accuse e le condanne contro i membri della sua famiglia (ad esempio la notissima figlia) non hanno fatto altro che tingere il suo profilo di connotazioni negative agli occhi dell’apparato di potere. Una delle motivazioni addotte è stata che “il candidato, avendo 78 anni, non è in grado di svolgere appieno le funzioni correlate alla carica”, un fatto paradossale dato che nel sistema vi sono persone della medesima età o più anziane ricoprenti incarichi istituzionali. Va sottolineato anche come la squalifica di Rafsanjani sia stata uno shock notevolissimo per la popolazione, poiché l’uomo fu uno dei protagonisti della Rivoluzione, se non addirittura uno dei padri.

 
 
 

 

I SEGUACI DELLA GUIDA – Volgendo lo sguardo all’ampio e favoritissimo campo conservatore scorgiamo diversi soggetti piĂą o meno vicini alla Guida Suprema. I loro nomi sono Ali Akbar Velayati, Saeed Jalili, Mohammad Bagher Qalibaf e Gholam Ali Haddad-Adel. Senza ombra di dubbio il piĂą popolare della lista è Qalibaf, sindaco di Teheran, teoricamente capace di assicurare una gestione economica migliore a causa della sua esperienza di governo cittadino. Nel contempo, da ex pasdaran, potrebbe essere in grado di rassicurare l’ala dura del regime. Velayati, invece, è stato Ministro degli esteri per ben 16 anni ed è un fedele consigliere di Khamenei per quanto attiene alle questioni estere. La sua esperienza risulterebbe estremamente utile in caso di colloqui diretti con gli Stati Uniti. Saeed Jalili, giĂ  negoziatore sulla questione nucleare, gode ovviamente della fiducia della Guida Suprema ed è forte conoscitore della realtĂ  internazionale, della diplomazia e della necessitĂ  di far uscire il Paese dall’angolo. Infine rimane Haddad-Adel, ex speaker del Parlamento e soggetto non di primissimo piano, ma che ha dalla sua un fattore assai rilevante: è il consuocero di Khamenei. Quest’ultimo potrebbe tentare la mossa giĂ  provata da Ahmadinejad, ovvero di porre al vertice della Repubblica un suo candidato (in questo caso piuttosto debole) ed assicurare al figlio Mojtaba un avvenire ancora piĂą importante e di peso all’interno del potere esecutivo.

 

AVVERTENZE – In ogni caso, quale che sarĂ  il risultato, le cancellerie occidentali sperano che nei prossimi quattro anni si riuscirĂ  a trovare un accomodamento con il regime sui differenti punti di contrasto, proprio perchĂ© la Repubblica Islamica ad oggi, nonostante problemi socio-economici e politici, è lo Stato chiave da cui passano tutti i dossier piĂą scottanti (Siria, Iraq, Afghanistan, questione palestinese, proliferazione nucleare) della regione.

L’importante è non scordare che l’Iran fu il luogo dove il gioco degli scacchi venne perfezionato ed elevato ad arte, tanto che l’espressione “scacco matto” non è altro che la derivazione di “shah mat”, ovvero il “re è morto”. E gli iraniani in questi ultimi 30 anni si sono rivelati dei magnifici scacchisti.

 

Luca Bettinelli

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Luca Bettinelli
Luca Bettinelli

Mi chiamo Luca, ho 28 anni e mi sono laureato in Relazioni Internazionali presso l’UniversitĂ  Statale di Milano con una tesi riguardante il Pakistan e la questione etnico-politica all’interno dei suoi confini.

Sono appassionato di geopolitica, soprattutto se applicata al contesto del mondo islamico in generale, anche se, per la veritĂ , ho un interesse piuttosto forte per tutto ciò che ruota attorno all’Iran ed alla parola Persia. Inoltre ho una notevole fascinazione nei confronti delle tematiche attinenti al mondo militare e della sicurezza in generale, sebbene da bambino non abbia mai giocato con i soldatini.

Oltre a ciò mi ritengo un lettore accanito ed onnivoro, un’amante del cinema e un gran tifoso della squadra di basket della mia cittĂ ,  l’Olimpia Milano.

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