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Franco Cfa: l’euro africano che scontenta tutti (o quasi)

In 3 sorsiIl franco CFA è la moneta comune di molti Paesi africani un tempo appartenenti all’ex-impero coloniale francese. E, proprio come avviene in Europa con l’euro, suscita risentimenti e antipatie, al punto che molti analisti africani lo considerano il braccio armato del neocolonialismo burocratico-finanziario messo in piedi dall’Occidente. È solo populismo in salsa africana o c’è qualcosa di vero?

1. COME FUNZIONA IL FRANCO CFA?

Il franco CFA nasce con gli accordi di Bretton Woods del 1945 come valuta comune delle colonie francesi in Africa (non a caso CFA era l’acronimo di Colonies Françaises d’Afrique). Con la dissoluzione dell’impero avvenuta a seguito delle lotte per l’indipendenza scoppiate nel corso del Novecento, alcuni Stati hanno progressivamente abbandonato tale valuta per coniare le proprie monete nazionali. Altri, invece, hanno preferito continuare a utilizzare il franco anche dopo la separazione da Parigi. Con l’avvento dell’euro, il franco ha cessato di esistere in Europa, ma non in Africa, dove ha continuato a essere la valuta ufficiale dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA) e della Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (CEMAC). In ciascuna di queste due aree, una Banca centrale è responsabile della gestione della politica del franco. A queste due Istituzioni africane si deve aggiungere anche la Banque de France, che ancora oggi svolge il ruolo di terzo attore. Lo dimostra il fatto che il franco CFA è ancorato all’euro secondo una parità fissa decisa proprio dalla Francia: è Parigi che stampa le banconote CFA ed è sempre Parigi che garantisce la convertibilità del franco con l’euro, in modo pressoché illimitato. In cambio, i Paesi africani che utilizzano il CFA hanno l’obbligo di depositare il 50% delle loro riserve in valuta estera presso il Tesoro francese. Questo complicato sistema monetario, che conferisce all’ex-potenza coloniale un ruolo ancora centrale e decisivo, ha fatto storcere il naso a molti analisti africani che propongono l’uscita dalla “zona franco” come ultimo atto del processo di indipendenza da Parigi. Non tutti però sono convinti che abbandonare il franco comporti dei benefici. Più che un’abolizione tout court della valuta, molti esperti hanno suggerito un suo adattamento alla realtà africana odierna, come dimostrato anche dall’evoluzione della sua denominazione ufficiale. Infatti, se nel 1945 il termine CFA indicava le Colonie Francesi d’Africa, oggi è diventato acronimo di Comunità Finanziaria Africana. In risposta alle tesi abolizioniste, si propone dunque una strategia moderata e integrativa, che meglio si adatta alle fragili finanze dei Paesi africani.

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Fig. 1 – Summit dei paesi UEMOA ad Abidjan, Costa d’Avorio

2. QUALI SONO I SUOI VANTAGGI?

Il principale vantaggio del franco CFA è senza dubbio la sua stabilità. Poiché la moneta è sotto controllo straniero, non è soggetta a “obblighi di stampa”: i Paesi che utilizzano il franco CFA beneficiano quindi di un debito pubblico limitato (meno del 70% del PIL) e di un’inflazione controllata (meno del 3%), quando molti dei loro vicini lottano con un’inflazione dilagante. Inoltre, il Franco CFA rappresenta una garanzia anche in termini di integrazione regionale: facilita gli scambi tra i Paesi che lo utilizzano e gode di una credibilità internazionale che manca alle altre valute della regione, a causa del suo diretto legame con l’euro. Un altro vantaggio del CFA è rappresentato dunque dalla “protezione” fornitagli dall’euro, che lo rende immune da svalutazioni brusche e improvvise. Tutto ciò ha reso il franco CFA una moneta affidabile e particolarmente “adatta agli affari”. Non va inoltre dimenticato che molte delle critiche rivolte a questa valuta sono state la diretta conseguenza di dinamiche politiche interne ai Paesi africani, che poco avevano a che fare con questioni monetarie. Analogamente a quanto avvenuto in Europa con l’euro, anche il franco CFA è stato scelto come parafulmine da classi dirigenti impreparate che hanno voluto trovare un capro espiatorio cui addossare tutta la responsabilità delle loro politiche economiche fallimentari. Non a caso, il presidente francese Macron ha recentemente ribadito che la Francia non obbliga nessuno a restare ancorato al CFA, e che ogni Paese è libero di coniare la propria moneta nazionale qualora lo ritenga opportuno. Secondo l’Eliseo dunque, le accuse di neocolonialismo rivolte a Parigi sono del tutto pretestuose e prive di fondamento logico.

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Fig. 2 – Giovani manifestanti durante una marcia di protesta contro il Franco CFA

3. QUALI SONO I SUOI SVANTAGGI?

Il collegamento con l’euro comporta anche degli svantaggi ai quali molto spesso non si presta la dovuta attenzione: in prima analisi, il franco CFA è costretto a subire gli effetti delle fluttuazioni che caratterizzano la valuta europea. Inoltre, il legame con una moneta così forte, non consente agli Stati di offrire prezzi competitivi sul mercato, con risultati decisamente penalizzanti sulle esportazioni. Ma più di ogni altra cosa, è utile ricordare che l’accordo monetario che obbliga i paesi della “zona franco” a depositare il 50% delle loro riserve presso il Tesoro francese, viene visto come un segno evidente della perdurante servitù economica che li lega all’Europa. A parti invertite, difficilmente succederebbe la stessa cosa: pensare che gli Stati europei siano disposti a depositare il 50% delle loro riserve a Washington o a Pechino è praticamente impossibile. Non a caso, l’ondata di populismi e di movimenti anti-euro che ha interessato il vecchio continente negli ultimi anni, si lega indissolubilmente all’idea che la sovranità monetaria è la condicio sine qua non della sovranità politica. In ultima analisi, è utile porre l’accento sulla straordinaria particolarità del sistema monetario che regola il CFA. Il fatto che la Francia, ex potenza coloniale, continui a stampare la sua moneta per Paesi terzi, anche se non la usa più all’interno dei suoi confini nazionali, rappresenta un caso unico che non ha eguali in nessun’altra parte del mondo. La situazione dunque, continua a rimanere incerta: se Paesi come la Mauritania e il Madagascar hanno scelto la strada dell’abbandono, altri invece hanno confermato l’intenzione di continuare a utilizzare il CFA, che ancora oggi resta la valuta di riferimento per quasi 155 milioni di persone.

Alessandro Paglialunga

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Il franco CFA è la moneta ufficiale in Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau (dal 2 maggio 1997), Mali (fino al 1962 e poi dal 1984), Niger, Senegal e Togo. Anche le Isole Comore, nell’Oceano Indiano, sono associate al franco CFA, e utilizzano la variante locale (il franco comorano).

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Foto di copertina di ramnath bhat Licenza: Attribution License

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Alessandro Paglialunga
Alessandro Paglialunga

Nato in una serena notte di dicembre sotto il glorioso segno del Sagittario, trascorro una felice adolescenza tra vigneti, uliveti e scampagnate in barca con gli amici. Poi, desideroso di approfondire la mia passione per i “mediterranei”, mi laureo in Lingue e Civiltà Orientali, studio l’arabo, mi godo il sole della Costa Azzurra e mi specializzo in Relazioni Internazionali e Protezioni dei Diritti Umani presso la SIOI, la Società italiana per l’Organizzazione Internazionale.  Oggi lavoro come cooperante e mi occupo di migrazioni e diritti umani, con un occhio di riguardo sul mondo arabo e l’Africa francofona.
Schiavo dei viaggi e nostalgico dei tempi perduti, cerco la mia pace nella profondità degli abissi marini, non disdegnando l’aroma di un sigaro, qualche bel libro, e ovviamente… una  tazza di buon caffè.

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