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L’Amministrazione Reagan alla prova: la guerra delle Falkland

In 3 sorsi Un’analisi sulla posizione statunitense in merito alla guerra delle Falkland, di cui il 2 aprile ricorre il 36° anniversario e sulle considerazioni che spinsero il Presidente Ronald Reagan a intervenire a favore del Primo Ministro britannico, Margaret Thatcher, nel quadro della “special relationship” anglo-americana

1. L’INIZIO DELLA GUERRA

Le isole Falkland erano di dominio britannico da 149 anni quando le forze argentine del generale Leopoldo Galtieri procedettero all’invasione occupando la capitale, Port Stanley, il 2 aprile 1982. Il dominio da parte della Gran Bretagna sulle isole non era mai stato pienamente accettato dai governi della vicina Argentina, che piĂą volte avevano fatto appello alla comunitĂ  internazionale perchĂ© fosse riconsiderata la questione sulla sovranitĂ . Oltre alla rilevanza geopolitica, per il Governo argentino la conquista delle Malvinas – così chiamate dagli argentini proprio per le pretese di sovranitĂ  sulle isole- avrebbe significato anche un notevole rilancio della propria credibilitĂ  a livello interno. Lanciarsi in quest’impresa “nazionalistica” era infatti considerato un modo per aumentare il consenso della giunta militare presso la popolazione. Così iniziò la guerra delle Falkland, che il Primo Ministro britannico, Margaret Thatcher definì una “unprovoked aggression”, in occasione della seduta d’emergenza alla House of Commons convocata per il giorno seguente. La considerazione di fondo era che gli Stati Uniti sarebbero rimasti neutrali a seguito dell’invasione argentina delle isole, visto il legame con l’Argentina dato dall’Inter-American Treaty for Reciprocal Assistance del 1947. Tuttavia, Washington era vincolata altresì dal Patto Atlantico nei confronti della Gran Bretagna, fattore che peserĂ  sul tavolo delle scelte.

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Fig. 1 – Murales che commemora la guerra delle Falkland

2. DALLA MEDIAZIONE STATUNITENSE…

La Gran Bretagna reagì inviando una task force nella zona, attraverso il perseguimento di sforzi diplomatici volti alla risoluzione della crisi e, in via precauzionale e provvisoria, predisponendo il congelamento delle attività finanziarie argentine presenti sul territorio britannico, nel rispetto del principio della Carta delle Nazioni Unite sulla legittima difesa – l’articolo 51. In un primo momento, in seguito a tale reazione, l’atteggiamento di mediazione tenuto dagli Stati Uniti era volto ad evitare spargimenti di sangue, cercando il più possibile di mantenere le distanze da qualsiasi coinvolgimento. In particolare, fu il Segretario di Stato statunitese Alexander Haig l’interprete di questa condotta. La sua visione era caratterizzata dalla volontà di mediare in pubblico e, insieme, agire in privato in maniera più accomodante tanto che, durante un incontro dell’8 aprile con il Primo Ministro britannico, Haig segnalò la non imparzialità statunitense rispetto alla crisi, in favore quindi dello storico alleato britannico. In questa fase prevalse la posizione di Haig, convinto della necessità e dell’importanza della diplomazia per giungere ad una soluzione della crisi. L’iniziale risposta di Washington nel mese di aprile era dettata da due motivazioni. Da una parte, non si voleva che argentini e latinoamericani fossero a conoscenza dell’ammontare di aiuti verso la Gran Bretagna; dall’altra, l’Amministrazione stessa era divisa sul tema. Oltre al punto di vista di Haig, due erano le visioni circolanti sulla crisi delle Falkland: quella di Jeane Kirkpatrick, Ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, la quale sottolineò la volontà di salvaguardare la difesa emisferica e, quindi, di preservare il legame con l’Argentina, a discapito della relazione con la Gran Bretagna e la visione di Caspar Willard Weinberger, Segretario alla Difesa statunitense, che riteneva fosse importante assicurare il supporto a Margaret Thatcher.

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Fig. 2 – La squadra di governo del Presidente statunitense Reagan

3…ALLA DICHIARAZIONE DI SUPPORTO ALLA CAUSA BRITANNICA

Il 30 aprile 1982, il Presidente statunitense Ronald Reagan dichiarò ufficialmente il pieno appoggio all’iniziativa britannica, mantenuto fino alla fine della guerra, il 15 giugno. Alla fine prevalse, perciò, la posizione di Weinberger, che premeva per uno schieramento a fianco dello storico alleato. Fondamentale fu, soprattutto nel mese di maggio, la frequente cooperazione tra il personale di intelligence dei due Paesi. Il sostegno statunitense si concretizzò anche nell’utilizzo, da parte britannica, della base militare sull’isola di Ascension, collocata nell’Atlantico centrale, in quanto snodo logistico della spedizione. L’amministrazione Reagan si rivolse perciò alla Gran Bretagna, a discapito dell’Argentina, guidata da una junta instabile, preferendo in tal modo salvaguardare la “special relationship” anglo-americana (vedi chicco in più).

Marta Annalisa Savino

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Fu il Primo Ministro britannico Winston Churchill (1940-1945; 1951-1955) a dare vigore al termine “special relationship”, nell’ambito del celebre discorso sulla cortina di ferro tenuto nel Missouri, nel marzo 1946. In questa occasione, egli propose che la soluzione alla tirannia e alla guerra, le maggiori minacce individuate, fosse la fraternal association tra Stati Uniti e Gran Bretagna.

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Marta Annalisa Savino
Marta Annalisa Savino

Laureata magistrale in “Relazioni internazionali” presso l’UniversitĂ  degli Studi di Milano, appassionata di viaggi, scrittura, geopolitica e lingue: inglese, francese e spagnolo. Ne “Il CaffĂ© geopolitico” si occupa di Nord America e in particolare di Stati Uniti

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