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Armi chimiche: la rotta che collega Corea del Nord e Siria

Tra il 2012 e il 2017 la Corea del Nord avrebbe fornito materiali e know how al governo siriano di Bashar Al Assad per la produzione di armi chimiche. Lo dice un rapporto redatto da un team di esperti delle Nazioni Unite, di cui è entrato in possesso il New York Timesprima della sua diffusione.
Il dossier “esce allo scoperto” proprio nei giorni in cui gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali – con in testa la Francia – stanno accusando l’esercito di Assad di effettuare attacchi con gas cloro nell’assedio nel Ghouta orientale, dove sono annidate le ultime sacche di ribelli alle porte di Damasco

COSA DICE IL RAPPORTO

Il rapporto delle Nazioni Unite è il risultato del lavoro di otto esperti che nel 2010 hanno ricevuto dal Consiglio di sicurezza dell’ONU il mandato di indagare sulle possibili violazioni delle sanzioni comminate alla Corea del Nord per i suoi piani di armamento nucleare. I membri del team, provenienti da otto diversi Paesi, hanno competenze specifiche in armi di distruzione di massa, trasporti marittimi e controlli doganali.

Il dossier che hanno redatto è lungo più di 200 pagine. Al suo interno si fa riferimento sia alla spedizione da parte di Pyongyang di componenti richiesti da Damasco per la costruzione di armi chimiche (nella fattispecie termometri, valvole e materiali resistenti alla corrosione) che alla presenza di tecnici nordcoreani in diversi impianti situati in Siria dove verrebbero realizzati missili e armi chimiche. Le prove delle spedizioni sono le copie dei contratti stipulati tra società di stato nordcoreane e siriane.

Se confermata, la cooperazione in campo militare tra Pyongyang e Damasco dimostra due cose. La prima è il fallimento della strategia su cui da anni la comunità internazionale sta puntando per isolare tanto il regime di Kim Jong Un quanto il governo di Bashar Al Assad. Ciò significa che i controlli e le sanzioni imposti su spinta principalmente degli Stati Uniti sono serviti finora a ben poco. La seconda è la capacità del regime nordcoreano di aggirare le sanzioni attraverso una rete di alleati ramificata in tutto il mondo e che unisce Cuba all’Africa passando, per l’appunto, da Damasco. Il copione seguito dalla Corea del Nord è sempre lo stesso: offrire know how militare e componenti tecnologiche per la produzione di missili sofisticati e testate nucleari a bassi costi e ottenere in cambio denaro. Liquidità di cui oggi il regime di Kim Jong Un ha disperato bisogno alla luce del graduale allentamento dei rapporti con la Cina.

Per aggirare le sanzioni la Corea del Nord si serve di società di comodo registrate all’estero (molte delle quali hanno sede legale in Cina), di hacker che le consentono di sottrarre segreti militari ai suoi avversari, e dei suoi diplomatici a cui affida il compito di gestire traffici illeciti e contrabbando soprattutto di armi. Lo schema ha funzionato anche negli ultimi anni e la colpa, sostiene il rapporto dell’ONU, sarebbe anche di Cina e Russia che, di fatto, non hanno interrotto per come avrebbero dovuto le importazioni di carbone da Pyongyang e la vendita di petrolio e beni di lusso.

LE SPEDIZIONI

Le spedizioni non registrate di componenti di missili balistici e di materiali dual use (usati sia per scopi civili che militari) sarebbero state almeno 40 tra il 2012 e il 2017. Tra queste spedizioni cinque hanno visto coinvolte una società statale siriana e la Korea Mining Development Trading Corp., società nordcoreana attiva nell’export di armi. Del trasporto via mare dei materiali si è fatta carico la compagnia di navigazione Cheng Tong Trading Co. Ltd., con sede in Cina.

Un fatto cruciale è avvenuto nel gennaio del 2017, quando due navi che trasportavano materiali resistenti alla corrosione (comunemente usati per la costruzione di fabbriche di armi chimiche) sono state fermate prima che raggiungessero le coste siriane. I materiali dovevano essere consegnati alla Metallic Manufacturing Factory, una società gestita dal governo siriano, sanzionata dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti nel 2017. Diversi mesi prima, nell’agosto del 2016, una delegazione di tecnici nordcoreani è stata localizzata in territorio siriano, precisamente in stabilimenti dove si fabbricano armi situati a Barzeh, Adra e Hama.

I PRECEDENTI

È dall’inizio della guerra civile siriana nel 2011 che si sospetta che la Corea del Nord fornisca attrezzature militari ad Assad per sostenere il suo piano di sviluppo di armi chimiche. Sospetti che non sono stati placati anche quando, nel 2013, la Siria ha firmato un accordo con il Consiglio di Sicurezza dell’ONU per smantellare il proprio arsenale aprendo le porte dei suoi stabilimenti agli esperti dell’Organizzazione Mondiale per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC).

Dal rapporto dell’ONU emerge però che le “relazioni clandestine” tra Siria e Corea del Nord risalirebbero addirittura agli anni Sessanta e Settanta quando la Corea del Nord mise a disposizione dell’aviazione siriana alcuni dei suoi piloti durante i conflitti tra i Paesi arabi e Israele. Successivamente, squadre di tecnici nordcoreani contribuirono a sviluppare l’arsenale di missili balistici siriani e parteciparono alla costruzione in Siria di una centrale nucleare in grado di produrre plutonio, agente che può essere utilizzato per fabbricare armi nucleari. Quella centrale sarebbe poi stata distrutta da Israele nel 2007.

In un suo libro Bruce Bechtol, esperto di Coree, ex analista dei servizi segreti americani e attualmente professore alla Angelo State University in Texas, parla di un incidente avvenuto in Siria proprio nel 2007. Allora tecnici siriani, insieme a consulenti nordcoreani e iraniani, morirono nell’esplosione di una testata contenente gas sarin e VX, un agente nervino.

Nel 2015 la Siria ha omaggiato la storica amicizia con la Corea del Nord intitolando a Kim Il Sung, nonno di Kim Jong Un, un monumento e un parco a Damasco.

COSA ASPETTARSI DOPO IL RAPPORTO

Il rapporto dell’ONU fatto trapelare dal New York Times rappresenta “un’arma in più” per gli Stati Uniti che da giorni sono tornati a denunciare con forza l’uso di armi chimiche da parte di Assad nell’assedio al Ghouta orientale. Al netto delle verità contenute nel dossier dell’ONU, è evidente che gli USA stiano “usando” l’argomento dei sospetti attacchi con gas al cloro contro civili per contrastare la narrativa del conflitto siriano, finora tutta a vantaggio dell’intervento russo a favore di Assad. Se non ci sarà un abbassamento dei toni a stretto giro, alla propaganda potrebbero presto seguire nuove piogge di missili. Come i 59 missili Tomahawk che Trump fece lanciare da due portaerei americane contro la base aerea siriana di Al Shayrat. Fu così che allora gli USA risposero agli oltre 80 civili uccisi dall’esercito siriano in un attacco con gas sarin sferrato nel villaggio ribelle di Khan Sheikhoun.

Rocco Bellantone – Oltrefrontiera

Foto di copertina di designcartel Licenza: Attribution-NoDerivs License

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