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Singapore, la visita del Premier Lee negli USA

In 3 sorsiIl Primo Ministro di Singapore Lee Hsien Loong è stato in visita ufficiale alla Casa Bianca e ha avuto un lungo colloquio con il Presidente Donald Trump per la prima volta dalla sua elezione. La piccola città-Stato è il partner storico degli Stati Uniti nel Sud-est asiatico e il primo Paese della regione ad aver firmato con Washington un accordo di libero scambio, il quale ha riportato un successo così inaspettato da essere stato preso a modello dai negoziatori americani nei lavori preparatori della “Trans-Pacific Partnership” (TPP)

1. UNA PARTNERSHIP CHE OSCILLA TRA TIMORI E CERTEZZE

Tra il 22 e il 26 ottobre, nella settimana che ha preceduto il suo importante viaggio in Asia, il Presidente USA Donald Trump ha ricevuto alla Casa Bianca il Primo Ministro di Singapore Lee Hsien Loong, secondo capo di Governo del Sud-est asiatico in visita a Washington dopo il Premier vietnamita Nguyen Xuan Phuc. I due leader hanno discusso delle questioni più calde che interessano la grande regione dell’Asia-Pacifico, a cominciare dal delicato dossier nordcoreano e proseguendo con la minaccia posta dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa, la lotta al terrorismo islamico (Singapore è l’unico Paese asiatico che fa parte della coalizione internazionale anti-ISIS), le dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale e la crisi umanitaria dei Rohingya in Myanmar. La visita del Premier Lee ha una duplice valenza simbolica perché, da un lato, è riuscita a ottenere dall’Amministrazione Trump l’impegno a cooperare con la piccola Repubblica asiatica per la stabilizzazione e lo sviluppo dell’area, scacciando via i timori (per certi versi, infondati) secondo i quali gli Stati Uniti sarebbero destinati a sganciarsi progressivamente dalla regione dopo il ritiro dal TPP, dando di conseguenza alla Cina campo libero per inglobare definitivamente il Sud-est asiatico nella sua area di influenza economica e strategica; dall’altro lato, invece, ha rinsaldato la partnership economica e commerciale tra i due Paesi sancita dall’accordo di libero scambio firmato il 6 maggio 2003 dal Presidente USA George W. Bush e dal Primo Ministro della città-stato Goh Chok Tong.

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Fig. 1 – Stretta di mano tra Lee Hsien Loong e Donald Trump alla Casa Bianca, 23 ottobre 2017

2. BUSINESS IS BUSINESS

Da allora, il volume dell’interscambio di beni e servizi è cresciuto del 60% e il flusso degli investimenti diretti ha fatto registrare un balzo altrettanto significativo. Singapore è diventato il secondo partner commerciale degli Stati Uniti dell’area ASEAN (dietro solo alla Malesia) e il secondo più grande investitore asiatico in terra americana con 73 miliardi di dollari di investimenti distribuiti in più di dieci stati. Nel 2016 gli Stati Uniti avevano nei confronti di Singapore un saldo attivo della bilancia commerciale pari a 9 miliardi di dollari. Secondo i dati pubblicati dal Dipartimento di Stato USA, sono 4200 le aziende americane che operano nel Paese asiatico, in particolare nei settori non-banking (65% del totale), assicurativo, e delle telecomunicazioni, generando un giro di affari pari a 180 miliardi di dollari. Approfittando di una corporate tax tra le più basse in Asia (17%, contro il 25% della Cina), ExxonMobil opera a Singapore da più di cento anni e proprio qui ha fatto costruire il più grande complesso petrolchimico della compagnia. Altre aziende multinazionali come Citi, Coca-Cola e P&G operano lì in pianta stabile ormai da diversi anni, per uno stock totale di investimenti che lo scorso anno ha superato abbondantemente la soglia dei 200 miliardi. Al contempo, anche le grandi compagnie di Singapore hanno investito in America nell’ultimo decennio: AC Global Energy, azienda specializzata nello sviluppo di fonti rinnovabili, ha inaugurato due mesi fa un impianto di produzione di biodisel nel Tennessee (dal costo di 40 milioni di dollari) e un secondo sito è in fase di costruzione in Alabama. Inoltre, in occasione della visita di Lee alla Casa Bianca, il CEO di Singapore Airlines, Go Choon Phong, ha firmato un contratto di acquisto di 39 aeromobili Boeing (venti del modello 777-9s e diciannove 787-10 Dreamliners) per i prossimi dieci anni dal valore di 14 miliardi di dollari, che secondo il Presidente Trump creerà 70 mila nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti. Dichiarazione, questa, che stride rispetto alle parole al vetriolo pronunciate dal miliardario di New York ormai un anno fa in campagna elettorale, che accusavano Singapore di “rubare” posti di lavoro alla working class americana.

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Fig. 2 – Il Vice-Presidente della Boeing Kevin McAllister (a destra) e il CEO di Singapore Airlines Go Choon Phong (a sinistra) firmano un importante contratto di acquisto di aeromobili sotto lo sguardo di Lee e di Trump, 23 ottobre 2017

3. L’EDCA E LA BASE NAVALE DI CHANGI 

Tuttavia, la cooperazione bilaterale tra le due sponde del Pacifico si estende oltre l’ambito economico. L’interscambio commerciale ha segnato infatti un considerevole incremento anche nel settore militare. Negli ultimi tre anni il Governo ha firmato con aziende americane un serie di contratti di acquisto di equipaggiamento militare dal valore di 5,8 miliardi di dollari, al fine di modernizzare le proprie Forze Armate. Nel quadro dell’Enhanced Defense Co-operation Agreement (ECAD) del 2015, le Marine dei rispettivi Paesi conducono ogni anno sette esercitazioni congiunte, l’ultima delle quali – l’Exercise Pacific Griffin – si è svolta tra il 19 agosto e il 2 settembre al largo dell’isola di Guam e ha coinvolto 850 militari. Singapore ospita dal luglio 1992 una unità di comando della U.S. Navy per il Pacifico occidentale (il Commander Logistics Group Western Pacific) nella base navale di Changi, diventato il centro logistico più importante del Sud-est asiatico della Marina USA dopo il ritiro dalla baia di Subic, nelle Filippine.

Raimondo Neironi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Il 21 agosto scorso la nave antimissile americana, la USS John McCain, si è accidentalmente scontrata contro una nave cisterna nello Stretto di Singapore, causando la morte di dieci marinai. È la quarta collisione che ha coinvolto quest’anno una nave della Marina statunitense nel Pacifico. Il 17 giugno scorso sette marinai sono morti nello scontro, avvenuto in acque territoriali giapponesi, tra la USS Fitzgerald e una portacontainer battente bandiera filippina. Per questo incidente, l’Ammiraglio della VII Flotta USA, William Moran, ha ritenuto responsabili il comandante Bryce Benson e una decina di ufficiali di alto grado che si trovavano allora a bordo della nave. [/box]

Foto di copertina di Secretary of Defense Licenza: Attribution License

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Raimondo Neironi
Raimondo Neironi

Dottorato di ricerca in Storia internazionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Per il “Caffè”, mi occupo di tre temi: politica, economia e ambiente; e due aree del mondo: Sud-est asiatico e Australia.

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