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Guam: una piccola isola con un grande peso

In 3 sorsi – L’isola di Guam ha una posizione geografica che la rende un punto strategico chiave per gli Stati Uniti nel Pacifico, ma da qualche mese essa si trova al centro delle tensioni tra USA e Corea del Nord, minacciata da un possibile attacco missilistico di Kim Jong-un

1. LA COLONIA SPECIALE DEGLI USA

L’isola di Guam geograficamente fa parte dell’arcipelago della Marianne, nella regione della Micronesia. Trovandosi esattamente nel mezzo dell’Oceano Pacifico, tra Stati Uniti, Asia e Oceania, l’isola storicamente è sempre stata considerata un nodo strategico per i flussi commerciali prima e quelli geopolitici dopo.  Conquistata dagli spagnoli nel 1565, essa fu ceduta agli Stati Uniti nel 1898, i quali la dichiararono “territorio non incorporato” con l’Organic Act nel 1950, mettendola sotto la piena autorità del Congresso di Washington. La sua superficie ristretta e una popolazioni di circa 163mila abitanti non le consentono di assurgere allo status di “State”, come lo sono i cinquanta Stati della repubblica federale americana, e di avere una Costituzione autonoma; tuttavia è amministrata, seppur limitatamente, in modo democratico da un Governatore eletto dai suoi abitanti. L’isola quindi vive in una sorta di limbo neocoloniale (così definito dallo studioso Robert F. Rogers), nel quale il suo popolo è alla ricerca di una propria identità politica che possa permettergli di ottenere la Costituzione, più volte richiesta e ripetutamente respinta da Washington. Per quest’ultima, infatti, l’isola è troppo strategica per il controllo del Pacifico da potersene privare concedendogli l’indipendenza.

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Fig. 1 – La base Andersen della United States Air Force a Yigo, sull’isola di Guam

2. IL PESO STRATEGICO

Situata esattamente a 3300 miglia a ovest delle isole Hawaii, a 1500 miglia a est delle Filippine e a 1550 miglia a sud del Giappone, l’isola di Guam è per gli Stati Uniti un importante hub per le attività di sicurezza nella regione, che sarebbero difficili da effettuare solo dalle isole Hawaii. Sull’isola del Pacifico, infatti, c’è una base dell’Esercito, istallazioni atte a ospitare sottomarini, una pattuglia della Guardia Costiera, una base aerea e i sistemi antimissile del THAAD, grazie ai quali la difesa statunitense può svolgere ogni funzione militare di controllo e di prevenzione di possibili movimenti ostili. Circa il 30% del territorio è quindi occupato da infrastrutture militari, che recentemente è stato anche deciso di rafforzare, trasferendo alcune strutture da Okinawa (in Giappone) a Guam. Inoltre, è da tenere in considerazione un ulteriore aspetto che fa di Guam un luogo cruciale che gli Stati Uniti non possono permettersi di perdere: essendo l’isola sotto la piena autorità del Congresso, non si pone nessun problema o possibile disputa in merito alla sovranità del territorio per poter esercitare le attività militari, come a volte si verfica in altre zone dove gli Stati Uniti hanno una base militare. Mai, quindi, come in quest’ultimo periodo l’isola è fondamentale, date le due maggiori questioni che agitano le acque dell’Oceano Pacifico, cioè quella del Mar Cinese Meridionale e quella della Corea del Nord.

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Fig. 2 – Attivisti locali protestano ad Hagatna contro la militarizzazione di Guam e le violente dichiarazioni di Trump contro la Corea del Nord, che hanno esposto l’isola al rischio di un attacco missilistico di Pyongyang 

3. LA MINACCIA NORDCOREANA

È proprio la tensione tra Stati Uniti e Corea del Nord a portare alla ribalta della cronaca estera l’isola di Guam. Lo scorso agosto, infatti, Pyongyang ha minacciato di lanciare dei missili (forse anche a testata nucleare) nelle acque intorno all’isola come avvertimento nei confronti di Washington; a questa minaccia ne è seguita un’altra il 14 ottobre. Benché le recenti dichiarazioni del Governatore Eddie Baza Calvo invitino a vivere questa situazione con tranquillità, il comportamento del Presidente Trump rassicura poco gli abitanti dell’isola, che si sono visti recapitare dei volantini nei quali è spiegato come mettersi al riparo in caso di attacco missilistico. Il timore maggiore, dopo quello di un eventuale attacco nordcoreano, è che la guerra verbale tra Washington e Pyongyang possa causare delle ripercussioni negative sull’economia dell’isola, sostenuta prevalentemente dal turismo. E, in effetti, è stato già ravvisato un calo di prenotazioni da parte dei giapponesi, la principale nazionalità che sceglie Guam come meta turistica. Inoltre la minaccia nordcoreana sembra stia riaccendendo i dissidi storici all’interno della popolazione sulla presenza statunitense e sul legame con Washington. Da un lato, infatti, c’è una fetta di popolazione che chiede di ottenere una Costituzione autonoma, dall’altro c’è chi considera indispensabile la base militare non solo da un punto di vista difensivo, ma anche economico in quanto seconda fonte di reddito territoriale. Economia e geopolitica mettono dunque a rischio la stabilità di Guam, se non addirittura la sua stessa sopravvivenza, e uno dei fattori causali è l’ingombrante presenza statunitense sul territorio dell’isola.

Roberta Maddalena

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””] Un chicco in più

Nel 1941, dopo l’attacco di Pearl Harbor, l’isola di Guam fu invasa dal Giappone e restò sotto la sua occupazione fino al 1944, quando gli Stati Uniti la riconquistarono dopo una dura battaglia di tre settimane. Durante tale battaglia, il soldato giapponese Shoichi Yokoi si nascose nella giungla dell’isola, dove rimase per 28 anni. Il soldato, infatti, aveva rispettato il primo degli ordini imperiali, cioè non arrendersi mai, vivendo così di corteccia d’albero nella convinzione di essere ancora in guerra, fino a quando non fu ritrovato il  24 gennaio 1972.[/box]

Roberta Maddalena

Foto di copertina di Free Grunge Textures – www.freestock.ca Licenza: Attribution License

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Roberta Maddalena

Sono nata nella provincia di Benevento nel 1992. Mi sono laureata In Mediazione Linguistica e culturale presso l’Università per stranieri di Siena e attualmente sono iscritta al corso di laurea magistrale in Scienze Internazionali dell’Università di Torino. Ho svolto un Erasmus alla Durham University (Inghilterra), un tirocinio presso un’ONG a Pechino e al momento mi trovo a Budapest per un Erasmus Traineeship. Durante i miei viaggi all’estero ho scoperto la mia passione per le relazioni internazionali e in particolare per i diritti umani, nel cui ambito mi piacerebbe lavorare. In attesa di concludere gli studi e trovare un lavoro, darò voce a questa mia passione con qualche articolo.

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