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Cos’è in gioco per la Cina nel conflitto afghano?

In 3 sorsi – Proprio mentre la Cina si riavvicina diplomaticamente all’Afghanistan, Trump annuncia un netto cambio di strategia nel Paese asiatico: da un ritiro graduale a un nuovo incremento di truppe che segna l’ennesimo protrarsi della lunghissima guerra americana a Kabul. Come reagirà Pechino a tale decisione?

1. IL LUNGO CONFLITTO IN AFGHANISTAN

Sono passati ben 16 anni da quando il Governo Bush ha deciso di invadere l’Afghanistan dopo gli attacchi dell’11 settembre. Dopo il rifiuto del Paese, rifugio di molti militanti di Al Qaeda, di consegnare a Washington Osama Bin Laden, ne è derivata quella che tuttora resta la guerra più lunga degli Stati Uniti. A causa di questa longevità del conflitto, la recente decisione di Donald Trump di aumentare le truppe nel Paese asiatico ha destato molte perplessità. In realtà l’attuale Presidente americano non è il primo a fare dietrofront su tale questione: anche il Governo Obama aveva annunciato che avrebbe gradualmente ritirato tutte le truppe dal Paese, per poi cambiare idea poco tempo dopo. Il 2017, però, avrebbe comunque dovuto registrare il picco minimo di soldati americani presenti sul territorio afghano e lo stesso Trump si era mostrato concorde a procedere con un ulteriore disimpegno militare da Kabul. A fine agosto, tuttavia, è arrivata la dichiarazione ufficiale che la strategia degli USA in Afghanistan è nuovamente cambiata e porterà ad un incremento di soldati nel Paese, con un numero ancora da definire. Questo cambiamento in corsa potrebbe avere diverse cause. Arginare il terrorismo e il potere dei talebani sono sicuramente tra le principali, ricordando anche che Trump ha una grande necessità di rinvigorire l’opinione popolare sulla sua leadership. Tra le cause extrapolitiche, invece, bisogna tenere a mente che l’Afghanistan è un Paese estremamente ricco di risorse minerarie utilizzate per la costruzione di pc e telefonini, una buona ragione economica insieme a quelle strategiche per restare in forze a Kabul.

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Fig. 1 – Una manifestazione contro la presenza di truppe USA e NATO in Afghanistan, ottobre 2017

2. IL RUOLO DELLA CINA IN AFGHANISTAN

La Repubblica Popolare Cinese (RPC) è da lungo impegnata in un riavvicinamento con l’Afghanistan. Negli ultimi anni ha iniziato a collaborare con costanza ad incontri di coordinamento con altri Paesi interessati all’area, in primis Stati Uniti e Pakistan, e, con il graduale ritiro delle truppe americane, ha fatto sentire maggiormente la sua presenza diplomatica a Kabul. A giugno di quest’anno il Ministro degli Esteri Wang Yi ha incontrato il suo corrispettivo afghano, Salahuddin Rabbani, e gli ha confermato che Pechino fornirà supporto per la lotta ai terroristi che si rifugiano in territorio afghano. Le ragioni degli interessi cinesi a Kabul sono in realtà molto semplici: con la diminuzione di truppe NATO e truppe USA nel Paese, la RPC avrebbe modo di costruire una zona di stabilità su uno dei suoi confini principali. Questa stabilità è fondamentale, soprattutto per implementare al meglio il progetto lanciato nel 2013 dal Presidente Xi Jinping chiamato One Belt, One Road, anche noto come Nuova Via della Seta. Con questo progetto la Cina punta a migliorare i collegamenti e la cooperazione tra Paesi asiatici e europei e quindi a rafforzare il suo ruolo economico su entrambi i continenti. È in questa cornice che rientra il contributo alla lotta al terrorismo in Stati chiave come Afghanistan e Pakistan. La presenza dell’ISIS in questi territori è infatti un costante motivo di preoccupazione per il Regno di mezzo, che teme anche attacchi sul proprio suolo nazionale. Questa strategia di prevenzione e difesa, però, potrà essere implementata solo attraverso la collaborazione con gli altri Stati della regione centroasiatica.

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Fig. 2 – Incontro tra il Ministro degli Esteri afghano Salahuddin Rabbani e quello cinese Wang Yi, gennaio 2016

3. CINA E PAKISTAN: UN’ALLEANZA IMPORTANTE

Tra i vari attori fondamentali per i piani di Xi Jinping c’è sicuramente il Pakistan, che conserva un ruolo strategico di grande rilevanza nell’area. Trump, alla presentazione del suo nuovo programma in Afghanistan, ha mosso forti accuse verso il Paese, asserendo di essere un porto sicuro per molti militanti terroristi. La portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, ha invece difeso Islamabad da queste accuse, sottolineando come il Pakistan sia in realtà uno dei maggiori contributor alla lotta al terrorismo. Un’altra critica degli USA riguarda il supporto del Pakistan alle forze talebane presenti a Kabul, volto a minare gradualmente il potere dell’eterno rivale indiano: mantenere un Governo afghano malleabile diventa infatti cruciale nell’ottica di un’eventuale invasione del Pakistan da parte dell’India. Il Governo di New Delhi, peraltro, sembra fornire da diverso tempo supporto ai separatisti pakistani nella regione del Balochistan, un altro tallone d’Achille fonte d’instabiltà per Islamabad. Anche qui è di grande importanza il ruolo della RPC, da tempo alleata con il Governo pakistano. Ma l’azione pacificatrice della Cina tra Afghanistan e Pakistan potrebbe essere messa a repentaglio dal coinvolgimento sempre maggiore dell’India nell’area. Il Governo indiano fornisce supporto militare a Kabul dal 2011 e sta investendo nel Paese molto più di quanto lo stia facendo Islamabad. Sarà grande obiettivo della Cina riuscire a tenere a bada le mire strategiche indiane, non solo per portare avanti la sua figura di mediatrice regionale, ma anche per vincere il contrasto politico con Delhi in merito alla disputa del Doklam. Questa fase di “stallo” tra i due Paesi riguarda una striscia di territorio al confine Cina-Bhutan, corridoio fondamentale per i collegamenti fra l’India e i Paesi del Nordest asiatico.

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Fig. 3 – Giovani pakistani protestano contro il terrorismo, febbraio 2017

È facile intuire come la RPC, pur non essendo direttamente coinvolta nel conflitto afghano, abbia in ballo molti interessi nella regione centroasiatica: per questo sarà molto importante osservare le prossime mosse di Pechino che, tirando le redini per un verso o per un altro, potrebbe portare a scenari geopolitici molto diversi da quelli attuali.

Giulia Quarta

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

La disputa del Doklam tra Cina e India è stata causata dalla costruzione, da parte cinese, di una strada al confine con lo Stato del Bhutan che, se realizzata, potrebbe consolidare il potere della RPC nell’area. [/box]

Foto di copertina di DVIDSHUB Licenza: Attribution License

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Giulia Quarta
Giulia Quarta

Salentina di nascita e nel sangue. Il mio percorso accademico ha sempre ruotato attorno alla Cina, paese che amo infinitamente insieme alla sua lingua! L’altra mia grande passione riguarda il cibo in tutte le sue forme, a tal punto da farlo diventare l’elemento principale del mio lavoro. Attualmente mi occupo di marketing nel settore Food & Beverage.

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