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Turchia: come stanno i rifugiati siriani?

Attualmente la Turchia sta ospitando la popolazione di rifugiati più elevata al mondo, composta esclusivamente da siriani. La maggior parte di loro vive al di fuori dei campi di accoglienza gestiti dalla comunità internazionale, divenendo spesso vittima della locale economia sommersa nelle città turche. Oltre a ciò, le politiche migratorie di Ankara, che ostacolano l’ottenimento dello status ufficiale di rifugiato, impediscono un adeguato inserimento dei profughi siriani nella società turca.

L’EVOLUZIONE DEI FLUSSI DEI RIFUGIATI SIRIANI IN TURCHIA- Molti siriani considerano la fuga in Turchia come la scelta più naturale per sfuggire alla furia della guerra civile nel proprio Paese. Ciò vale specialmente per gli abitanti delle province settentrionali, coinvolti nei combattimenti più violenti tra il Governo di Damasco e i suoi oppositori. Secondo l’archeologo italiano Alberto Savioli, esperto conoscitore della realtà siriana, a scappare verso la Turchia sono infatti “persone che vivevano in zone controllate dai ribelli e bombardate dal regime di Bashar al-Assad”.  Il primo flusso di rifugiati siriani verso nord è avvenuto nell’aprile 2011 e alla fine di quell’anno vennero registrati in totale 8mila siriani in territorio turco. Nell’aprile 2012 il flusso dei rifugiati registrato era di circa 25 mila persone, ma alla fine di quell’anno conobbe un drastico incremento con oltre 170mila persone registrate come rifugiati in Turchia. Alla fine del 2013 si toccò un picco di 560 mila rifugiati registrati e, dopo l’occupazione del Nord della Siria da parte di ISIS nel 2014, il numero dei rifugiati è ulteriormente salito raggiungendo una media di 70 mila persone registrate al mese. Attualmente sono circa 4 milioni i siriani che si trovano nello Stato turco e, a seguito dell’accordo stipulato tra l’Unione Europea e il Governo di Ankara nel dicembre 2015, questo numero sembra destinato ad aumentare. È stato infatti stabilito un finanziamento di 3 milioni di Euro affinché il Governo di Ankara blocchi il flusso migratorio siriano verso il continente europeo, anche se Bruxelles chiede che le autorità turche mettano in atto delle misure volte a migliorare le condizioni di vita dei profughi già presenti sul proprio territorio. Lo scopo finale del piano d’azione dell’UE è quello di far sì che il Governo turco mantenga all’interno dei propri confini tutti i migranti siriani, sebbene ciò sia molto difficile vista la vicinanza delle coste turche alle isole greche e la grande volontà degli stessi migranti di fuggire verso i Paesi europei. Per questi motivi il 9 marzo 2016 è stato siglato un ulteriore accordo per la chiusura della cosiddetta “rotta balcanica”. In base ad esso i nuovi migranti irregolari che dalla Turchia arrivano nelle isole greche saranno rimandati indietro in quanto Paesi come Serbia, Croazia, Slovenia, Ungheria e Macedonia hanno applicato delle restrizioni alla frontiera per reinserire la normativa Schengen e ciò suppone la cessazione effettiva del flusso dei rifugiati nei Balcani.

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Fig. 1 – Un gruppo di bambini siriani partecipa ad alcune attività ricreative nella città turca di Hatay, vicino al confine con la Siria

LA POLITICA D’ASILO TURCA E LE CONDIZIONI DI VITA E LAVORO PER I RIFUGIATI – Dal 2011 la Turchia ha portato avanti una politica della “porta aperta” nei confronti dei rifugiati siriani. Inizialmente il Governo li considerò come degli “ospiti” ma da ottobre 2011 è stata messa in atto una politica della protezione temporanea avente lo scopo di contenere il crescente flusso di persone proveniente dalla Siria. Ufficialmente lo Stato turco è un firmatario della Convenzione sul rifugiato del 1951 e del protocollo addizionale del 1967 riguardante lo status dei rifugiati. Nonostante ciò, la Turchia applica un limite geografico nei confronti della Convenzione sul rifugiato stabilito nel secondo dopoguerra che limita il diritto ad essere riconosciuti come rifugiati a tutti i richiedenti diritto d’asilo non-Europei, per cui il trattato vale solo per i rifugiati europei. Di conseguenza i rifugiati siriani sono stati esclusi da questa forma di protezione e non viene concesso loro né il diritto d’asilo né il pieno status di rifugiati ma viene loro garantita solo la “protezione temporanea” sotto forma di concessione politica che non permette loro di lavorare. Secondo la Direttiva sulla protezione temporanea, le carte d’identità vengono consegnate al rifugiato all’arrivo, solo attraverso di esse questi possono avere accesso ai servizi sociali basilari. Tuttavia per i siriani è molto difficile avere accesso ai servizi sociali turchi: vivendo in aree urbane essi devono infatti affrontare sfide maggiori per ottenere tali forme di assistenza rispetto a coloro che vivono nei campi per i rifugiati (circa l’11% del totale dei siriani presenti in Turchia). Avere accesso al cibo, ad una casa, ai servizi sanitari e all’istruzione è molto difficile quando non si ha il supporto dello Stato e ai siriani che vivono in città viene anche chiesto di pagare le spese di alloggio. Tuttavia, la regolamentazione sulla protezione temporanea determina che ogni rifugiato siriano abbia accesso libero e universale ai servizi sanitari di base e lo Stato turco paga una parte del prezzo per le medicine. Nonostante i tentativi di migliorare il sistema di tutela dei rifugiati siriani, avere accesso agli aspetti basilari di una vita normale, come poter lavorare, studiare o andare a scuola, sembra un miraggio irraggiungibile. Nella maggior parte dei casi i rifugiati non hanno nessuna fonte di reddito e dipendono da donazioni e aiuti. Chi riesce a trovare un lavoro (23% circa) si deve accontentare di lavori saltuari o mal retribuiti.

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Fig. 2 – Due rifugiati siriani al lavoro in un cantiere edile di Ankara

ATTUALI MISURE DI AIUTO PER IL RIFUGIATO SIRIANO – Nel maggio di quest’anno la Commissione Europea ha sviluppato un programma chiamato ESSN (Emergency Social Safety Net – Rete per la sicurezza sociale d’emergenza). Questa rete di protezione sociale d’emergenza rappresenta un importante e innovativo programma di soccorso finanziato dall’Unione Europea indirizzato prevalentemente per le migliaia di rifugiati, in prevalenza siriani, che vivono in Turchia. Come detto in precedenza, il 90% di questi vive al di fuori dei campi rifugiati.  Secondo Christos Stylianides, Commissario dell’Unione Europea per la Gestione della crisi e dell’aiuto umanitario, “l’ESSN è il più grande progetto umanitario che l’Unione Europea abbia mai supportato. Rappresenterà una importante risorsa di reddito per un milione di rifugiati ed è la prova perfetta dell’impegno dell’UE nell’affrontare la sfida posta dalla crisi dei rifugiati”. L’ESSN è un partenariato composto dalla Direzione generale per gli aiuti umanitari e la protezione civile della Commissione europea (ECHO), dal Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (UN World Food Programme), dalla Mezzaluna rossa turca e infine dal Governo di Ankara. Lo scopo di questa partnership è quella di supportare le famiglie rifugiate più povere nello Stato della Turchia attraverso l’utilizzo di una “carta di debito” che copre i bisogni essenziali come il cibo, l’affitto, le medicine e i vestiti. Questo tipo di carta può essere utilizzato nei negozi, come se fosse una normale carta di credito, oppure per ritirare il denaro contante direttamente da un distributore automatico bancario. Il programma conferisce una volta al mese circa 100 lire turche (26 Euro) per ogni membro della famiglia rifugiata. La registrazione è iniziata nel novembre 2016 e si svolge presso i centri di servizio di assistenza sociale e di solidarietà diffusi in tutta la Turchia.

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Fig. 3 – Una famiglia povera di rifugiati siriani si muove con i suoi pochi averi per le strade di Ankara

L’implementazione di questo schema prosegue tuttora in tutta la nazione con l’obiettivo di assistere almeno un milione di rifugiati entro la fine del 2017. Le famiglie che posseggono i requisiti per ricevere il denaro di assistenza continueranno ad essere selezionate fino a quando saranno considerate in bisogno. Tutte le altre famiglie che invece vivono nei campi rifugiati non possono fare domanda per usufruire dell’aiuto dato dall’ESSN al momento, in quanto, secondo l’esistente accordo sul cost-sharing con AFAD, il World Food Programme mira a continuare a supportare le famiglie che vivono nei campi (circa 300mila) attraverso il Kizilaykart e si richiama alla generosità dei donatori che finanziano questo tipo di assistenza. La responsabilità nei confronti delle popolazioni coinvolte è assicurata attraverso la provvisione trasparente di informazioni sull’ESSN, come la consultazione con i beneficiari (donne, uomini, bambini, anziani, disabili e altri gruppi vulnerabili) nei diversi stadi del ciclo del programma, volto a informare i destinatari dei miglioramenti del sistema. L’importanza di questo provvedimento è spiegata da Saban, uno dei tanti rifugiati siriani a Gaziantep che dichiara: “Questa carta mi dà un immenso aiuto per comprare cibo e pagare l’affitto. Senza di questa per me sarebbe tutto più difficile perché ho una grande famiglia”.

Claudia D’Aprile

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più

Dall’arrivo dei primi 250 rifugiati siriani in Turchia avvenuto il 29 aprile 2011, le autorità turche si sono impegnate a fornire beni di prima necessità ai rifugiati, conferendo loro la definizione di “ospiti sotto protezione temporanea”, basata sull’assunzione che, una volta terminato il conflitto, questi individui sarebbero tornati in Siria. Tale concetto è stato poi legalizzato per la prima volta due anni dopo, l’11 aprile 2013, con la proposta della Law on Foreigners and International Protection (LFIP), una nuova legislatura volta a regolare i principi e le procedure riguardanti l’entrata degli stranieri nel paese, la loro permanenza e la loro uscita, il cui obiettivo principale era quello di fornire protezione ai rifugiati. Il 22 ottobre 2014, le autorità turche hanno introdotto la Temporary Protection Regulation , un documento formato da 63 articoli che regola le procedure ed i principi legati alla pratica della protezione temporanea, contenuta nell’art.91 della LFIP. La nuova legislatura, all’articolo 91, contiene la definizione di “protezione temporanea”, ovvero uno status di protezione attribuito agli stranieri che, forzati ad abbandonare il loro paese, hanno attraversato i confini turchi in gruppi o individualmente, durante un periodo di immigrazione di massa, per cercare una protezione momentanea e di emergenza. In virtù di questo regime, i cittadini siriani che scappano dal loro paese, anche sprovvisti di documenti, possono essere ammessi in Turchia senza il rischio di essere rimandati indietro contro il loro volere. In questo modo  i rifugiati, sia che risiedano nei centri di accoglienza, sia che vivano altrove, godono di diversi diritti, quali l’accesso alle cure mediche, l’assistenza sociale e l’accesso al mercato del lavoro.[/box]

 

Foto di copertina di Volkan_83 Licenza: Attribution License

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Claudia D'Aprile
Claudia D'Aprile

Nata a Cagliari nel 1990, ho conseguito la laurea triennale in Scienze Politiche e  quella specialistica in Governance e Sistema globale presso l’Università degli studi di Cagliari. Dopo  sei mesi di studio a Bruxelles presso la Vrije Universiteit  e tre esperienze di tirocinio all’estero presso due Istituti di cultura Italiani (a Budapest e a Sydney) e presso l’Ufficio Nazionale del turismo (a Stoccolma),  ho deciso di assecondare la mia grande passione per la politica internazionale e di collaborare con il Caffè Geopolitico per discutere di tematiche da me profondamente studiate e amate.  Sono socia del Rotaract Club di Cagliari, in cui ho avuto l’incarico di Segretaria e Presidente di Commissione Internazionale per due anni di fila, e sono anche volontaria per Emergency e Medici Senza Frontiere. Adoro la storia e cerco sempre l’occasione per partecipare ai dibattiti sui temi che mi appassionano, leggo anche molti report e riviste geopolitiche perché voglio sempre essere aggiornata in tempo reale sulla situazione politica riguardante i Paesi prevalentemente orientali e mediorientali.

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