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La geopolitica dell’anatra laccata

Si è svolto martedì 23 il primo evento ufficiale del “Caffè”, in collaborazione con la Fondazione Italia-Cina. Dopo la presentazione del libro “Repubblica (Im)popolare cinese” di Fabio Cavalera, l’incontro è proseguito con la prima “cena geopolitica”

LIBRI E GASTRONOMIA – Confesso di non amare troppo la cucina cinese, decisamente lontana dagli “standard” gastronomici occidentali. Ma la mia curiosità per questo mondo a me del tutto sconosciuto e per molti decisamente impopolare, parte proprio da qui. Dal modo di pensare, o meglio dall’approccio culturale, completamente opposto a quello cui un occidentale, ed ancor di più un italiano è abituato, ma che è senza dubbio l’unico modo per provare a comprendere e a conoscere mondi molto diversi dal nostro. Martedì 23 febbraio infatti, i ragazzi del portale online di relazioni internazionali “Il caffè geopolitico”, di cui faccio parte, e la Scuola di Formazione Permanente di Lingua e Cultura cinese della Fondazione Italia-Cina hanno organizzato a Milano, a pochi passi da Via Paolo Sarpi – nota per essere il quartiere cinese di Milano – un incontro dibattito in occasione della presentazione del libro Repubblica imPopolare Cinese” del giornalista del Corriere della Sera, Fabio Cavalera.  

CONOSCERE LA CINA – Già, l’approccio culturale: primo e principale tema della serata, che si è conclusa a tavola con la prima cena geopolitica di un ciclo di incontri che proseguirà nei prossimi mesi facendo passare le relazioni internazionali attraverso le cucine etniche di altri Paesi. Si dice, in effetti, che le relazioni internazionali si fanno in due luoghi: uno di essi è la tavola. L’approccio culturale passa attraverso la fortissima messa in discussione del concetto di democrazia, con cui tanto i giornalisti occidentali assillano i dirigenti cinesi, e con cui non troppo indirettamente si scontrano colossi internazionali, come Google solo per citare i fatti più recenti. Così familiare per l’Occidente, tanto da darlo per scontato perché su di esso si dibatte dai tempi dell’antica Grecia, l’idea di democrazia è, invece, altrettanto lontano al mondo cinese, culturalmente e storicamente. Sono altri i principi fondativi cui si ispira il governo e il controllo del suo popolo: l’autorità, in primis, ma anche il rispetto della gerarchia e l’armonia sociale. Li ritroviamo non tropo nascosti nel Barong Bachi, una vera e propria summa filosofica, che Hu Jintao pronuncia il 4 marzo 2006 a seguito di numerosi episodi di corruzione che hanno sconvolto il Paese, richiamandosi ai “Dialoghi” di Confucio. Così li riporta Cavalera nel suo libro:

1)       Amare il Paese                            Non danneggiarlo

2)       Servire il popolo                          Non rendergli cattivi servizi

3)       Seguire la scienza                       Abbandonare l’ignoranza

4)       Essere diligenti                           Non indolenti

5)       Essere uniti                               Non guadagnare a spese degli altri

6)       Essere onesti                             Non esaurire l’etica nel profitto

7)       Essere disciplinati                        Non sregolati

8)       Vivere semplicemente                  Non sguazzare nel lusso 

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POLITICA E GEOPOLITICA – Difficile parlare di corruzione dall’Italia, dove certo non vige il principio di “colpirne uno per educarne cento”, ma esso è certamente un fenomeno non trascurabile in un Paese che a partire dal 1978 e dalla “politica della porta aperta” di Deng Xiaoping ha conosciuto tassi di crescita impressionanti che hanno portato ricchezza e un lusso sfrenato, seppur per un piccola parte della popolazione, tanto che qualcuno dice siano tali da essere sconosciuti persino nell’Occidente odierno. La crescita e lo sviluppo. Differenze fondamentali. Perché la crescita porta con sé il disastro ecologico che a Pechino, come ricordava Cavalera, non permette di uscire a correre per via dell’aria irrespirabile. Incongruenze di un modello di sviluppo che pare inarrestabile, e con cui continuerà ad essere impossibile non fare i conti per le cancellerie occidentali, ed, in particolare, per l’Unione Europea. Già, perché Pechino vorrebbe un interlocutore forte nel Vecchio Continente, e questo sarebbe probabilmente un enorme vantaggio per gli europei, che, tuttavia, stentano a capirlo, e che forse no, non mangeranno mai lingue d’anatra come spuntino da viaggio, ma che alla domanda dov’è l’Europa sul mappamondo farebbero bene a riflettere prima di rispondere: “Al centro”. Almeno non in un planisfero pacifico-centrico

Anna Longhini 24 febbraio 2010 redazione@ilcaffegeopolitico.it

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