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“Il Grande Iran” – Intervista a Giuseppe Acconcia

Pubblichiamo l’intervista di Lorenzo Lazzerini al giornalista Giuseppe Acconcia, sul suo libro “Il Grande Iran”

Dal regno della dinastia Qajar ai giorni nostri, attraverso i principali passaggi politici, sociali e culturali della storia iraniana. In questo libro Giuseppe Acconcia, giĂ  autore di “La primavera egiziana e le rivoluzioni in Medio Oriente” (Infinito, 2012) ed “Egitto, democrazia militare” (Exorma, 2014), analizza le tappe e gli aspetti principali della storia e della societĂ  civile iraniana, fino ad arrivare al 2017, alla vigilia delle elezioni presidenziali. Un reportage di viaggio che aiuta a comprendere quanto “Il Grande Iran” evocato dalla politica estera statunitense dell’ex presidente George W.Bush, sia una realtĂ  ben piĂą complessa, e oggi piĂą che mai cruciale per il Medio Oriente.

Cominciando dal titolo, perché ha definito il Paese “Il Grande Iran”?

L’Iran è un Paese essenziale per la soluzione delle principali crisi regionali: dalla Siria, all’Iraq fino all’Afghanistan. Il progetto dell’amministrazione Bush di costruire “Il Grande Medio Oriente” con l’obiettivo di esportare la democrazia ha prodotto l’opposto rispetto alle intenzioni degli Stati Uniti. In altre parole ha rafforzato il ruolo dell’Iran, malgrado la Repubblica islamica non abbia mai perseguito l’esportabilitĂ  del suo modello. Questo è ancora piĂą chiaro in seguito al cessate il fuoco in Siria stabilito a Mosca lo scorso dicembre con la mediazione russa, iraniana e turca. Anche in quel caso Teheran ha giocato un ruolo essenziale.

PerchĂ© in questo momento storico è importante ripercorre la storia dell’Iran, dalla dinastia Qajar fino ad oggi?

Questa domanda implica due riflessioni distinte. Analizzare il sistema politico iraniano post-rivoluzionario in questo momento ha un’importanza storica vitale. Se le rivolte in Medio Oriente del 2011 non hanno prodotto il cambiamento sperato, la rivoluzione islamica è stato l’unico movimento recente nella regione, ad eccezione della buona pratica tunisina che merita particolare attenzione, che abbia ottenuto un cambiamento di regime. In secondo luogo, è importante parlare di Iran a partire dalla dinastia Qajar perchĂ© la societĂ  civile iraniana è sempre stata piĂą progressista dello Stato, come possiamo ancora oggi rilevare.

La Repubblica Islamica nata con la rivoluzione del 1979 è ancora in piedi. Perché le rivolte nei Paesi del Maghreb e Mashreq del 2011 non hanno avuto lo stesso successo?

Le rivolte del 2011 non hanno avuto successo perchĂ© gli islamisti che inizialmente hanno vinto le tornate elettorali in Egitto, Tunisia e Libia si sono dimostrati incapaci di ascoltare le richieste di giustizia sociale che venivano dalle strade dei loro rispettivi Paesi. Non hanno fatto lo stesso gli ayatollah che hanno saputo costruire un diffuso sistema di assistenzialismo di Stato, attraverso le fondazioni, che rappresenta l’ossatura del consenso.

Quanto hanno inciso le risorse di gas e petrolifere sulla stabilitĂ  del regime degli ayatollah?

L’Iran è un rentier state. In altre parole lo stato non ha bisogno di imporre alte tassazioni perchĂ© ha giĂ  introiti piĂą che soddisfacenti dalla vendita delle risorse naturali disponibili. Questo rende le Ă©lite al potere meno dipendenti dall’opinione pubblica. Tuttavia, Teheran ha dovuto affrontare il calo dei prezzi del petrolio e dieci anni di sanzioni internazionali che hanno avuto effetti significativi sui prezzi e sul potere di acquisto degli iraniani.

Per quale motivo nella storia dell’Iran hanno sempre prevalso le istanze di destra (se così le possiamo chiamare)?

Non è stato sempre così. Il movimento riformista di Mohammad Khatami aveva una forte spinta partecipativa e sociale. Purtroppo l’esperienza del riformismo (1997-2005) non ha ottenuto molto perchĂ© è sempre stata osteggiata dalla guida suprema, Ali Khamenei.

Nel libro dedica molto spazio alla societĂ  civile iraniana, chi sono stati i principali protagonisti dell’Onda Verde del 2009?

I giovani iraniani della diaspora hanno ispirato le proteste contro la seconda elezione di Ahmadinejad. Le manifestazioni hanno ottenuto un sostegno diffuso soprattutto tra giovani, studenti, sostenitori del movimento riformista, in particolare in contesti urbani, da Teheran a Isfahan. Ma la repressione dei gruppi paramilitari non si è fatta attendere.

Senza la vittoria di Rohani alle ultima elezioni l’Iran sarebbe arrivato ugualmente all’accordo sul nucleare?

No, la vittoria dei moderati è stata essenziale. I Repubblicani negli Stati Uniti non avrebbero mai accettato di raggiungere un accordo con l’ex presidente Mahmud Ahmadinejad nĂ© Obama avrebbe mai potuto proporre di alleggerire le sanzioni in quel contesto politico. In particolare il capo negoziatore, Javad Zarif, ha avuto un ruolo centrale per il raggiungimento dell’intesa di Vienna.

Con Donald Trump presidente degli Stati Uniti l’accordo sul nucleare rischia di saltare o di essere ridiscusso?

GiĂ  da un anno l’intesa di Vienna dovrebbe essere entrata in vigore. Eppure le banche Usa, e molti istituti di credito europei, hanno fatto molto poco per scongelare i milioni di dollari iraniani bloccati in seguito all’imposizione delle misure.

Il 2017 sarĂ  un anno fondamentale per l’Iran. Come vede la situazione politica interna del Paese?

Purtroppo la vittoria di Trump, se dovesse dare seguito alle sue dichiarazioni della campagna elettorale, potrebbe rafforzare gli ultra conservatori iraniani. Questo di sicuro non farebbe bene ai passi avanti che la Repubblica islamica ha compiuto fin qui per rientrare nel mercato globale.

Lorenzo Lazzerini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Giuseppe Acconcia è anche autore di altri libri focalizzati sull’area mediorientale.

  • Egitto democrazia militare (2014)
  • La primavera egiziana e le rivoluzioni in Medio Oriente (2012)

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