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Il terrorismo e noi: sgomenti o assuefatti?

L’attentato a Manchester, ora rivendicato dall’ISIS, ha messo in luce alcuni aspetti su cui la nostra Redazione si è interrogata. Siamo ormai al secondo anno consecutivo in cui in Europa avvengono attentati di portata piĂą o meno larga (iniziati alla redazione del Charlie Hebdo nel gennaio 2015). Rispetto al modello Al-Qaeda l’obiettivo è ormai diverso: colpire le persone nel modo logisticamente piĂą semplice possibile (guidando un veicolo sulla folla, sparando con armi da fuoco o con bombe artigianali). Eppure ogni volta ci ritroviamo di fronte allo stesso scenario: notizie piĂą o meno frammentarie che rimbalzano sui media e, soprattutto sui social, spiegazioni e analisi a volta affrettate. Vi presentiamo delle riflessioni di alcuni nostri analisti sulla questione

DOPPIA DINAMICA – Due dinamiche che ritornano sono queste. Da un lato analisti ed esperti continuano a ripetere le stesse cose: gli stessi temi, gli stessi avvertimenti, le stesse riflessioni generali. Non è un caso di scarsa attenzione o di “abitudine”, piuttosto del fatto che per questi attacchi, al di lĂ  di specificitĂ  singole, esistono tutta una serie di riflessioni che sono comuni, e che vale la pena ripetere. La necessitĂ  di una tale ripetizione è dovuta alla seconda dinamica. L’opinione pubblica, dopo ogni attacco, tende a ripetere sempre le stesse reazioni. Orrore e rabbia e sono naturalmente e umanamente comprensibili, ma lo è meno il fatto che le domande rimangano sempre le stesse. Le considerazioni su social media e quelle, spesso, dei politici, pure. Sembra cioè che le analisi fatte ogni volta, e i messaggi in esse contenuti, non “penetrino” oltre certe superficialitĂ  e, di fatto, non vengano assorbite da un’opinione pubblica che, al caso successivo, sembra aver fatto tabula rasa di tutto. Non siamo sociologi, eppure una cosa sembra chiara: nell’immediato di un attentato, le reazioni istintive tendono a vincere sui ragionamenti. E la scrittura sui social, in fondo, premia proprio la reazione immediata compulsiva. Così, ogni volta sembra bisogni ricominciare da capo.

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Fig. 1 – Il Primo Ministro britannico Theresa May incontra il Capo della Polizia di Manchester Ian Hopkins

IL RUOLO DEI SOCIAL MEDIA – Siamo arrivati ad un punto in cui l’elevato numero di attentati ha fatto in modo che l’attacco in sĂ© smetta quasi di stupire e che ci si concentri meno sui dettagli e sulle dinamiche e piĂą sulle reazioni che gli attentati causano. La confusione si propaga e la comprensione superficiale dell’accaduto unito a informazioni non sempre corrette reperibili ovunque online incoraggiano un’ondata di tweet, di post e di opinioni che rischiano di sfociare in banalitĂ , accuse e pregiudizio, alimentando superficialitĂ  e approssimazione. Esattamente quello che un attentato terroristico mira a creare.

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Fig. 2 – Due spettatrici soccorse dopo l’attentato

DOBBIAMO FARE I CONTI CON LA NUOVA REALTĂ€ – Questa mattina sui social media erano presenti parecchi commenti superficiali su quanto avvenuto a Manchester ieri sera. In generale essi sottolineano la “perfidia” degli attentatori che prendono di mira un concerto di ragazzini indifesi e compiangono abbastanza platealmente le loro vittime, tra indignazione moralistica e invettive contro il destino “crudele”. Questi commenti sono umanamente comprensibili, ma totalmente inutili da un punto di vista pratico e politico. Inoltre sembrano esprimere l’idea che simili eventi luttuosi siano una cosa rara o eccezionale, frutto di circostanze uniche e imprevedibili. Come se l’11 settembre, gli attentati alla maratona di Boston o la strage del Bataclan non fossero mai avvenuti. O come se gli orribili massacri visti recentemente in Iraq e in Egitto fossero solo il triste prodotto di un contesto alieno, da cui noi occidentali saremmo sempre isolati e ben protetti.
Spiace dirlo, ma non è così. Al contrario, bisogna cominciare a rendersi conto che è questa la realtà in cui viviamo e imparare ad agire di conseguenza. Il che non significa affatto abituarsi alle atrocità dei terroristi o ignorare la sofferenza delle famiglie delle vittime. Ma riconoscere che siamo in uno stato di allerta permanente e che tornare a certi atteggiamenti dell’era pre-11 settembre è di fatto impossibile. Che la minaccia attuale sia portata da “lupi solitari” o cellule organizzate, poco importa. Abbiamo comunque a che fare con individui spietati, che agiscono come predatori e che mirano a colpire i più deboli per portare avanti i propri disegni ideologici. Per sconfiggerli c’è bisogno di pazienza e risolutezza, non di finte ingenuità o facili moralismi.

Hanno contribuito Emiliano Battisti, Giulia Mizzon, Lorenzo Nannetti e Simone Pelizza

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Alcune delle nostre analisi in questi due anni di terrorismo in Europa:

Charlie Hebdo e noi

Sette temi dopo Parigi

Bruxelles, dopo Parigi

Il terrore a Nizza

Dopo Nizza: l’importanza di una scelta

Terrorismo: da Berlino a Milano, che cosa è successo?

Che succede a Londra?

Resilienza civile, arma contro il terrorismo

Il nostro giornalismo al servizio del Califfo

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Foto di copertina di ell brown Licenza: Attribution-ShareAlike License

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