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Verso un riavvicinamento tra Usa e Arabia Saudita

In 3 sorsiLe relazioni tra Washington e Riyad hanno attraversato varie fasi: dall’alleanza storica e pluridecennale a momenti di crisi e infine ripensamenti con conseguente riavvicinamento, in particolare grazie al neo presidente statunitense Donald Trump. Vediamo i dettagli

1. ALLEATI PLURIDECENNALI – A partire dalla metĂ  del XX secolo e, in maniera piĂą evidente, dagli anni 70/80, l’Arabia Saudita è stata una delle componenti chiave della politica estera statunitense, essendo collocata nell’area del Golfo Persico e avendo un enorme potenziale energetico e conseguentemente geopolitico, data la ricchezza di giacimenti di petrolio. In particolare, con la “dottrina Carter” adottata durante la fase finale della guerra fredda, gli USA affermarono la propria intenzione di difendere gli equilibri regionali, se necessario anche con l’uso della forza militare, per contenere le spinte dell’ex Unione Sovietica nel Golfo, nella cornice di imbottigliamento della odierna Russia. Per Washington il legame aveva grande importanza non solo a livello economico ed energetico: avere un partner in Medio Oriente e acquisire il controllo della regione poteva rappresentare un’asse in chiave di contenimento nei confronti di qualsiasi attore che avesse voluto sfidare la preponderanza statunitense. Usa e Arabia Saudita hanno inoltre seguito politiche comuni contro Al Qaeda (percepito come minaccia soprattutto dopo gli attacchi dell’11 settembre) e contro l’Egitto dei Fratelli Musulmani. Washington e Riyad condividevano anche l’avversione verso l’Iran, considerato il nemico principale dei sauditi nella contrapposizione tra sciiti e sunniti nonchĂ© potenziale attore in grado di alterare gli equilibri geopolitici dell’area con le sue ambizioni regionali.

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Fig. 1 – L’ex presidente Obama durante un incontro con il principe Mohammed bin Nayef dell’ Arabia Saudita nel 2015

2. PUNTI DI CONTRASTO CON L’AMMINISTRAZIONE OBAMA – Nel corso del tempo, il quadro appena delineato relativo all’alleanza storica tra i due Paesi è stato caratterizzato da cambiamenti per via della condotta più amichevole tenuta dagli Stati Uniti nei confronti di Egitto ed Iran. A questa inversione di rotta l’Arabia Saudita reagì, nell’ottobre 2013, rinunciando a prendere parte ai lavori del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Tale risposta si configurava come segnale ben chiaro verso Washington, che agli occhi sauditi aveva abbandonato l’alleato storico Mubarak in Egitto e permesso l’insediamento del presidente Mohamed Morsi, espressione dei Fratelli Musulmani. Ancora, si trattava di una scelta per esprimere scontento nei confronti dell’annullamento dell’intervento militare in Siria a settembre e verso l’accordo nucleare con il Presidente iraniano Hassan Rohani. I rapporti si sono quindi attenuati e nuove dinamiche sono intervenute tra i due Paesi, anche a livello energetico. Il sensibile aumento di produzione di petrolio e gas naturale negli USA (shale gas e shale oil) era (ed è ancora) visto come minaccia per gli interessi economici sauditi. A rendere il clima più pesante contribuì anche l’iniziativa del Congresso statunitense circa una risoluzione che considerava l’Arabia Saudita corresponsabile degli attacchi alle Torri Gemelle dell’11/9 (risoluzione successivamente bocciata dal Presidente Barack Obama, che pose il veto).

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Fig. 2 – L’arrivo di Donald Trump e della First Lady a Riyad il 20 maggio 2017

3. TRUMP E IL RIAVVICINAMENTO CON L’ARABIA SAUDITA – Il 45° Presidente statunitense mira a rivitalizzare i rapporti con Riyad. Per questo motivo, la prima meta dei viaggi all’estero di Donald Trump è stata proprio l’Arabia Saudita, nel mese di maggio. In virtù dei buoni rapporti che Trump intende promuovere, come riportato dal quotidiano The Guardian “con i nostri alleati musulmani – intendendo con ciò i sauditi e gli altri alleati del Golfo – combatteremo estremismo, terrorismo e violenza”. La nuova amministrazione statunitense chiarisce la sua volontà di predisporre alcuni obiettivi per Riyad: interrompere il finanziamento a organizzazioni che commettono atti terroristici e radicalizzano i giovani, allearsi con partner nella regione per condividere il più possibile tale onere e contrapporsi allo Stato Islamico. Un primo passo nella direzione di un riavvicinamento fra i due Paesi è attestato dall’incontro con il re saudita Sulman, con cui il presidente Usa ha firmato un accordo sulla vendita di armi per 110 miliardi di dollari, parte di un più ampio progetto che va oltre i 350 miliardi in dieci anni. Inoltre, come si evince dal discorso di Donald Trump del 22 maggio a Riyad, gli USA, in uno spirito collaborativo e di fiducia, puntano alla pace della regione mediorientale. Dopo le frizioni con il Presidente Obama, sembrano perciò emergere un possibile incontro di prospettive e buone relazioni tra due attori politici diversi tra loro ma che porteranno avanti una rinnovata partnership strategica, nel disegno di politica estera legato alla sicurezza statunitense.

Marta Annalisa Savino

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Come accennato, l’Arabia Saudita è stata la prima tappa del viaggio internazionale di Trump. Le altre includono Israele, CittĂ  del Vaticano (incontro con Papa Francesco del 24 Aprile), Belgio (per il summit NATO del 25 Aprile) e infine Taormina, in occasione del G7 del 26/27 maggio. [/box]

Foto di copertina di Ninian Reid Licenza: Attribution License

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Marta Annalisa Savino
Marta Annalisa Savino

Laureata magistrale in “Relazioni internazionali” presso l’UniversitĂ  degli Studi di Milano, appassionata di viaggi, scrittura, geopolitica e lingue: inglese, francese e spagnolo. Ne “Il CaffĂ© geopolitico” si occupa di Nord America e in particolare di Stati Uniti

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