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Il licenziamento di James Comey, una mossa per ostacolare l’FBI?

In 3 sorsiLa decisione di Donald Trump di licenziare il direttore dell’FBI è stata descritta come un tentativo di ostacolare le indagini del Bureau sui rapporti tra lo staff di Trump e la Russia durante le elezioni presidenziali. Vediamo i dettagli 

1. IL LICENZIAMENTO – Il Presidente Donald Trump ha licenziato il Direttore dell’FBI James Comey giovedì 11 maggio scorso, una mossa del tutto fuori dall’ordinario. Comey era solo al quarto dei 10 anni del suo mandato, la cui durata paradossalmente è stata pensata proprio per isolare il direttore del Bureau dalla pressione politica. La decisione del Presidente, a detta dell’amministrazione, è stata dettata dall’incompetenza del Direttore dell’FBI, ma ci si chiede però se sia solo una coincidenza il fatto che James Comey stesse portando avanti le indagini su una possibile collusione tra lo staff di Trump e la Russia durante la campagna elettorale del 2016 (il cosiddetto Russiagate). Ciononostante, il provvedimento è legittimo: i Presidenti USA hanno infatti l’autoritĂ  per licenziare i Direttori dell’FBI. La decisione di Trump ha portato numerose reazioni a catena, dentro e fuori la Casa Bianca. Il Presidente è stato accusato di incoerenza dopo aver riportato ai media di aver agito sotto consiglio dei collaboratori Jeff Session e Rod Rodstein. Il giorno stesso il portavoce Sean Spicer ha invece dichiarato che il Presidente ha preso la decisione completamente in autonomia. I media si sono quindi scatenati nelle critiche a Trump, il quale ha minacciato di eliminare i press briefings giornalieri alla Casa Bianca con una serie di tweet in cui giustifica la poca accuratezza di Spicer e accusa i media di riportare fake news. Come se non bastasse, il vice Procuratore Generale ha minacciato le dimissioni, dopo essere stato accusato dal vice Presidente Mike Pence di aver consigliato il licenziamento di Comey al Presidente. Ma la cosa piĂą grave è l’emergere della possibilitĂ  che Trump abbia registrato la conversazione tra lui e Comey durante una cena di lavoro. In un tweet Trump sottintende di avere a disposizione dei tapes della conversazione tra lui e l’ormai ex direttore dell’FBI: «James Comey better hope that there are no ‘tapes’ of our conversations before he starts leaking to the press!» (James Comey farebbe meglio a sperare che non ci siano registrazioni delle nostre conversazioni prima di iniziare a dare notizie alla stampa), affermazione controversa che non è stata negata da nessuno fino a ora e che suona come una minaccia.

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Fig. 1 – James Comey e il presidente Donald Trump si stringono la mano alla cena Casa Bianca due giorni dopo l’insediamento del tycoon

2. LE POSSIBILI NOMINE – Ora l’amministrazione dovrĂ  trovare un sostituto, che si teme possa essere un eccessivo simpatizzante della presidenza. La decisione si dice avverrĂ  entro venerdì 19 maggio, giorno in cui Trump partirĂ  per il suo primo viaggio oltreoceano del suo mandato. Uno dei primi nomi fatti circolare è quello di Alice Fisher, una funzionaria di alto livello del Department of Justice (Dipartimento della Giustizia) durante l’amministrazione di George W. Bush. Sotto considerazione anche il vice di Comey, Andrew G. McCabe (ora a capo dell’FBI ad interim), Micheal J. Garcia (giudice a New York) e il senatore repubblicano John Cornyn, dal Texas. Ma non solo: tra i 14 possibili candidati abbiamo anche il repubblicano Trey Gowdy, conosciuto per essere stato a capo dell’inchiesta sull’attacco al Consolato USA a Bengasi, e Mike Rogers, ex agente speciale dell’FBI. Da New York arriva anche la possibilitĂ  di nominare Ray Kelly, Commissario della polizia conosciuto per le sue tattiche aggressive. Abbiamo poi J. Michael Luttin, responsabile legale della Boeing Company, Larry Thompson, conosciuto per aver sostenuto la deportazione del cittadino canadese di origine siriane Maher Arar – torturato una volta tornato nella sua terra d’origine –, Paul Abbate, giĂ  parte dell’FBI e molto attivo nella lotta al terrorismo, Michael Garcia, avvocato dell’accusa di New York e infine John Sutters, nomina potenzialmente sostenuta dai democratici. In lista anche il giudice Henry E. Hudson e Frances Townsend, consigliere di Bush in materia di antiterrorismo e sicurezza nazionale. Insomma, i candidati non mancano. La nomina del sostituto dovrĂ  essere approvata dal Senato con 51 voti.

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Fig.2 – James Comey

3. TRUMP CONTRO TUTTI – Il licenziamento di Comey è il terzo da parte di Trump durante la sua amministrazione: nei suoi primi 110 giorni il Presidente ha rimosso anche Michael Flynn, Consigliere per la sicurezza nazionale e Sally Yates, Procuratore generale ad interim (al momento del “siluramento” era momentaneamente a capo del Dipartimento di Giustizia in attesa che fosse nominato il nuovo Procuratore Generale da parte dell’amministrazione Trump). Non è un segreto che il Presidente non ami particolarmente i media, con cui ogni giorno assistiamo a una lotta fatta di tweet, post, articoli e briefings, ma dopo qualche screzio con NSA e CIA, ora Trump ha fatto l’en plein. Il 29% degli adulti statunitensi, inoltre, non approva il licenziamento di Comey, una percentuale che continua a confermare la poca popolaritĂ  del Presidente dopo soli 3 mesi di mandato. Inoltre, c’è chi chiede addirittura l’impeachment e, tra i repubblicani, chi critica la decisione, vista come una minaccia per la stabilitĂ  del partito. La lista degli oppositori dell’amministrazione quindi si allunga a vista d’occhio, ma sembra che il Presidente non ne sia turbato piĂą di tanto.

Giulia Mizzon

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą –

  • Comey è venuto a conoscenza del suo licenziamento dai telegiornali, mentre presenziava a una conferenza presso la sede di Los Angeles dell’FBI. Dietro di lui una televisione riportava la notizia e, dopo aver pensato a uno scherzo, il Direttore del Bureau ha avuto la conferma della fine del suo incarico da una lettera della Casa Bianca recapitata agli uffici dell’FBI a New York.
  • James Comey è il secondo direttore dell’FBI a essere licenziato da un Presidente. Prima di lui William Sessions, nel 1993, sollevato dall’incarico da Bill Clinton. In quel caso però c’era un’accusa circostanziata di evasione fiscale e ostacolo alle indagini.[/box]

Foto di copertina di jossuppy Licenza: Attribution License

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Giulia Mizzon
Giulia Mizzon

Nata a Imperia nel 1992, laurea magistrale in Politiche Europee e Internazionali all’UniversitĂ  Cattolica di Milano. Affascinata dalle dinamiche della politica internazionale, frequento un Master in International Relations all’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali. Confesso di essere un’amante degli States, sempre presenti nei miei programmi futuri, e una lettrice accanita di qualsiasi cosa mi capiti sottomano.

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