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Che fine hanno fatto le ragazze rapite da Boko Haram?

Dal 2009, il gruppo terroristico Boko Haram sta cercando di istituire un regime fondamentalista islamico nella regione del Lago Ciad. Il fenomeno è emerso a livello internazionale solo recentemente. Il terzo anniversario del rapimento di 279 ragazze nella scuola di Chibok dovrebbe dare nuovo slancio alle azioni del governo nigeriano e della comunità internazionale

BOKO HARAM — Il gruppo terroristico africano Boko Haram — il cui nome ufficiale in arabo è “Jama’at Ahl al-Sunnah Lidda’Awat al-Jihad”, cioè persone impegnate per la propagazione degli insegnamenti del profeta e per il jihad — nasce nel 2002 ad opera di Mohamed Yusuf a Maiduguri, nello stato del Borno, nella regione nord-orientale della Nigeria. L’organizzazione è composta principalmente da militanti nigeriani, camerunensi, ciadiani, nigerini e maliani. Solo nel 2009, a seguito della violenta repressione dell’esercito nigeriano, l’organizzazione jihadista ha cominciato a seminare il panico, compiendo attentati che hanno suscitato sgomento in tutta la comunitĂ  locale, nei paesi limitrofi e a livello internazionale. Boko Haram mira, infatti, a costituire uno Stato integralmente islamico partendo dalla Nigeria e prevedendo – stando alle ultime dichiarazioni del leader Abubakar Shekau – di imporre la sharia anche in Benin, Camerun, Ciad, Niger e Mali anche attraverso alleanze con i gruppi terroristici attivi nel continente, quali Al-Qaida  nel  Maghreb islamico e Daesh, da cui ha preso ispirazione per fondare “The  Islamic State’s West African Province”. Nonostante il Presidente della Nigeria Muhammad Buhari abbia recentemente dichiarato che il governo può dichiararsi vincitore nella lotta contro il terrorismo, la Nigeria resta al terzo posto nel mondo, dopo Iraq e Afghanistan, per numero di attacchi terroristici subiti. Buhari si è insediato nel maggio 2015, ereditando una situazione giĂ  disastrosa. Avrebbe dovuto diversificare l’economia basata sull’esportazione di petrolio e combattere la corruzione ma il Paese è attualmente alle prese con una seria recessione economica. La lotta contro Boko Haram resta un obiettivo difficile da raggiungere, complice anche un passato fatto di ferite e rancori etnici sedimentati e mai risolti.

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Fig. 1 – Il campo profughi di Assaga dove centinaia di donne si sono rifugiate per sfuggire alle rappresaglie dei terroristi di Boko Haram

LE VITTIME — Si stima che in totale siano morte oltre ventimila persone in seguito agli attacchi di Boko Haram ma il numero non è preciso; almeno cento delle duemila donne rapite sono state usate per compiere attacchi kamikaze; oltre due milioni e quattrocentomila persone hanno abbandonato le loro abitazioni: un milione e ottocentomila sono considerate “internally displaced person” e duecentomila sono rifugiate nei campi in Camerun, Ciad e Niger. Nelle regioni nigeriane piĂą colpite – Adamawa, Borno e Yobe – oltre 7 milioni di persone vivono grazie agli aiuti umanitari, oltre il cinquanta percento sono bambini. Allo stato attuale, circa trecentomila bambini solo nello stato del Borno soffrono di malnutrizione. Molti di loro sono stati reclutati da Boko Haram per diventare bambini soldato: uno su cinque è un suicide bomber, i tre quarti sono ragazze.

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Fig. 2 – I presidi di protesta per denunciare la scomparsa delle ragazze di Chibok furono centinaia in tutto il mondo nel 2014

LE RAGAZZE DI CHIBOK — Secondo l’idea del gruppo islamista, in tutto il Paese l’istruzione occidentale dovrebbe essere vietata; per tale motivo, Boko Haram continua a perpetrare crimini e violenze anche contro gli studenti. Tra il 14 e il 15 aprile 2014, 279 studentesse sono state rapite nella scuola di Chibok, nell’area nord-orientale della Nigeria. La maggior parte di esse risulta, purtroppo, ancora scomparsa e la loro sorte rimane sconosciuta. Si teme che siano state in larga parte costrette a sposare i rapitori, a entrare esse stesse a far parte delle milizie, sottoposte a terribili violenze, vendute come schiave o indotte a commettere attacchi suicidi. Ad oggi, solo in venti sono riuscite a tornare a casa. Le giovani sono state rilasciate in cambio della liberazione di quattro combattenti di Boko Haram. Il rilascio è stato il risultato di negoziati tra il governo nigeriano e i fondamentalisti islamici, grazie alla mediazione del governo svizzero e della Croce Rossa Internazionale. La comunitĂ  internazionale è molto attiva nella sensibilizzazione della societĂ  civile al problema, il movimento #bringbackourgirls non perde occasione per ricordare il tragico evento. La drammatica situazione delle studentesse rapite ha messo in luce problemi piĂą ampi, tra cui attacchi regolari contro le scuole, la mancanza di insegnanti e l’urgente necessitĂ  di fondi internazionali per riparare e ricostruire gli edifici distrutti. In particolare, la mancanza di opportunitĂ  educative per i giovani significa che alcuni bambini non ricevono da molti anni nessun insegnamento scolastico.

LA RISPOSTA INTERNAZIONALE — Nel gennaio 2015, è stata istituita, per merito del Consiglio di Sicurezza dell’Unione Africana, una Multinational Joint Task Force” (MNJTF) ed è stata avvallata, nello stesso mese, dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Si tratta di una coalizione offensiva nata con il contributo di Nigeria, Camerun, Chad, Niger e Benin con l’obiettivo di combattere Boko Haram e ogni altro gruppo terrorista nella regione del Lago Ciad. Il mandato della missione è quello di creare zone sicure nelle aree minacciate dalle attivitĂ  di Boko Haram o da altri gruppi terroristici; facilitare la ricostruzione delle zone distrutte dagli attacchi terroristici; favorire il ritorno a casa degli sfollati e dei rifugiati; garantire il successo di operazioni umanitarie e la consegna di beni necessari alla popolazione; il mandato della missione include anche attivitĂ  di prevenzione, compresa ogni misura volta a liberare le ragazze della scuola di Chibok ed evitare che accadano episodi simili.

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Fig. 3 – Alcune delle ragazze sfuggite alla prigionia di Boko Haram attendono di parlare con il Governatore dello Stato di Borno Kashim Shettima a Maiduguri, giugno 2014

Tuttavia, nonostante la coalizione sia attiva sul campo, Boko Haram resta una minaccia per la pace e la sicurezza regionale. Per evitare che la crisi diventi internazionale, a tal proposito, l’Unione Europea ha recentemente stanziato cinquanta milioni di euro per sostenere l’azione dell’Unione Africana nel mantenimento del quartier generale di Njamena, così come  i distaccamenti in Camerun e Niger, oltre che per dare un supporto tecnico e logistico all’operazione. Con le Risoluzioni n. 2161 e 2195 del Consiglio di Sicurezza ONU del 2014 sono state imposte sanzioni al fine di congelare i beni e i fondi di Abubakar Mohammed Shekau, quale leader del movimento e affiliato ad Al-Qaida, accusato di ricevere aiuti, assistenza e finanziamenti per perpetrare attivitĂ  terroristiche per conto di Boko Haram. La decisione ricalca l’azione intrapresa dal Comitato del Consiglio di Sicurezza per contrastare “Daesh”, “Al-Qaida” e persone, gruppi, enti, associazioni ad essi affiliate. A queste, si aggiunge la decisione del Consiglio europeo di imporre sanzioni a Boko Haram, quale organizzazione terroristica.

Ornella Ordituro

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Considerata la piĂą forte economia africana, la Nigeria svolge un ruolo fondamentale nella politica regionale e rappresenta un motore dell’integrazione regionale attraverso la ComunitĂ  economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS). I settori del petrolio e del gas restano le principali fonti di introito in Nigeria, anche se la ripartizione dei benefici della ricchezza economica del Paese è estremamente iniqua. PiĂą di sei nigeriani su dieci vivono con meno di due dollari (USA) al giorno. Secondo la Banca Mondiale, i livelli di povertĂ  e disoccupazione nel nord sono di gran lunga superiori a quelli del sud ricco di petrolio. La Nigeria si colloca fra i Paesi con una diffusa corruzione che contribuisce notevolmente alla disparitĂ  economica e sociale, accentuando le gravi minacce per la sicurezza della popolazione.[/box]

Foto di copertina di AK Rockefeller rilasciata con licenza Attribution-ShareAlike License

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Ornella Ordituro
Ornella Ordituro

Dottoranda di Ricerca in Diritto Comparato e processi di integrazione presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, ho vissuto a Nantes, Ginevra, Yaoundé, Belo Horizonte, Roma, Washington D.C, Tel Aviv e Gerusalemme ma non ho ancora scoperto qual è la mia città… Estremamente appassionata di diplomazia e tutela dei diritti umani,  bevo almeno tre caffè al giorno. Mi annoiano i cliché e le chiacchiere inutili, salvo se tra le amiche di sempre. Ovviamente, desidero…la pace nel mondo!

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