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Cina: una “Muraglia di Ferro” nello Xinjiang contro la minaccia di ISIS

In 3 sorsi – Il Presidente cinese Xi Jinping lancia l’idea di costruire una “Muraglia di Ferro” nella turbolenta regione dello Xinjiang, dove le infiltrazioni terroristiche minacciano la sicurezza nazionale

1. XINJIANG, LA “NUOVA FRONTIERA” – Si torna a parlare di quella che può presumibilmente essere definita la “nota dolente” nella scalata politico-economica che il gigante cinese sta compiendo in questi anni: la regione dello Xinjiang. Questa, assieme al Tibet, alla Mongolia Interna, al Guangxi Zhuang e al Ningxia Hui  gode di autonomia e fa parte della Repubblica Popolare Cinese solamente dal 1949. Indichiamo questa data poiché, pur appartenendo alla Cina dall’epoca della dinastia Qing, il controllo reale su di essa è stato altalenante prima della metà del XX secolo. Denominata anche “Nuova Frontiera”, è situata nell’area nord-occidentale del Paese confinando con Mongolia, Russia, India, Kazakistan, Tagikistan, Pakistan, Kirghizistan e Afghanistan. La sua posizione le conferisce certamente un’incredibile importanza geopolitica in virtù della vicinanza al bacino del Caspio dove Pechino coltiva diversi interessi legati, nello specifico, alle risorse naturali di cui lo stesso Xinjiang però risulta essere particolarmente ricco. Petrolio  e gas naturale hanno trasformato negli ultimi decenni questa terra, prima prevalentemente dedita all’allevamento, in un polo attraente per investimenti nel settore minerario. Citiamo, a titolo esemplificativo, i milioni qui confluiti grazie ai progetti avviati dalla compagnia Petrochina per la costruzione di oleodotti e altre infrastrutture petrolifere. Non è difficile  capire quanto in realtà sia necessario per il Governo centrale esercitare un forte controllo sulla regione, superando i conflitti causati da alcuni esponenti fondamentalisti dell’etnia qui insita: gli Uiguri, minoranza turcofona e musulmana che più volte ha mostrato il desiderio di ottenere l’indipendenza dal Paese ritenendo di essere  volutamente “lasciati ai margini dello sviluppo” promosso da Pechino.

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Fig. 1 – Un treno ad alta velocità passa attraverso Urumqi, capitale dello Xinjiang

Per porre un freno alla diffusione di idee integraliste tra la popolazione e per favorire il processo di integrazione culturale, Pechino ha puntato anche sullo sviluppo di un piano volto all’inserimento nell’area della maggioritaria etnia Han. Purtroppo non sono stati raggiunti gli obiettivi sperati; anzi sono aumentati i locali conflitti politici e etnici che hanno causato centinaia di vittime negli anni passati.  Il più grave, nel 2009, ha portato alla morte di quasi 200 civili in virtù di un attacco “vendicativo” da parte degli Uiguri dopo che le autorità cinesi avevano distrutto il centro storico di Kashgar, città popolata in ampia misura da questa fetta della popolazione. A seguire ricordiamo l’attentato avvenuto nel maggio del 2014 nella capitale dello Xinjiang, Urumqi, in cui sono esplosi circa 12 ordigni nell’affollato mercato centrale (30 morti e 100 feriti). E, ancora, allo stesso anno risale  l’attentato nei pressi della stazione ferroviaria della stessa Urumqi in cui hanno perso la vita 80 persone. Persino Pechino, la capitale del Celeste Impero, è stata oggetto nel 2013 di un attacco terroristico quando un giovane uomo di origine uigura si è scagliato contro la folla in piazza Tiananmen.

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Fig. 2 – Un gruppo di uiguri prega prima di mangiare durante il Festival di Corban, che si tiene ogni anno in coincidenza con la festa religiosa di Eid al-Adha (la Festa del Sacrificio)

2. GREAT WALL OF IRON – È in seguito a tali episodi che si è deciso di porre in essere nello Xinjian dure politiche repressive e  il divieto di accedere alle moschee per i dipendenti pubblici e i minori di 18 anni. Le misure però non hanno fatto altro che inasprire maggiormente gli animi, alimentando il clima di tensione che ha portato, in questi giorni, il Presidente cinese Xi Jinping ad avanzare l’idea di costruire una vera e propria “Muraglia di Ferro” contro il terrorismo fondamentalista. È dinanzi ai parlamentari locali riuniti in questa sua prima visita sul “caldo suolo” che, lo scorso 5 marzo, Xi Jinping ha evidenziato tra le priorità la ricerca di una soluzione all’escalation di violenze nello Xinjiang, violenze senza dubbio favorite dall’affermazione in loco dell’ETIM, il Movimento Islamico del Turkestan Orientale. Una “Muraglia” potrebbe costituire uno strumento per arginare la minaccia terroristica? Forse. Il Presidente, come riportato dai medi locali, ha sottolineato che: “Bisogna considerare seriamente l’unità tra le diverse etnie come seriamente si considera ogni giorno il proprio sostentamento”. In palio la stabilità del Paese, la sicurezza, lo sviluppo: temi assolutamente imprescindibili per il Governo cinese.

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Fig. 3 – Un poliziotto cinese guarda con sospetto due donne uigure nei pressi del Grand Bazaar di Urumqi

3. LA MINACCIA JIHADISTA – Risulta quantomeno necessario però, più che porre le basi per l’innalzamento di un muro, porre in essere efficaci regolamentazioni e favorire l’integrazione tra Uiguri ed Han limitando il più possibile la diffusione di idee fondamentaliste. I dati registrati riportano che sono stati diversi i giovani partiti dallo Xinjiang per raggiungere i campi di addestramento dell’ISIS in Iraq e in Siria. Nuovi lupi solitari che, aggiungendosi ai troppi partiti dall’Europa e da tutto il mondo, sono chiamati a compiere attentati nei Paesi in cui sono nati e cresciuti. Proprio l’ISIS ha recentemente postato sul web un video di 30 minuti indirizzato per la prima volta alla Cina. Le immagini ritraggono un uomo di origine uigura e un bambino intenti a giustiziare una “spia”. Il membro dell’organizzazione terroristica  lancia un chiaro monito al Paese asiatico: “Scorrerà sangue a fiumi e saranno vendicati gli oppressi.” Nella lotta al terrorismo la Cina ha sempre preferito assumere un ruolo di peace-keeper, distante dall’idea di un vero e proprio intervento sul campo come è stato fatto dalla Russia e dagli Stati Uniti, e ha sempre incoraggiato una soluzione diplomatica del problema. Occorre ora vedere, alla luce di queste nuove minacce, quali saranno le mosse del Governo di Pechino.

Federica Russo

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

La prima Repubblica del Turkestan Orientale (nome dato dagli Uiguri allo Xinjiang) è stata fondata nel 1933, la seconda nel 1944  e nel 1949 l’Esercito cinese acquisì il controllo definitivo del territorio. Tuttavia tale evento non avvenne principalmente attraverso l’uso della violenza;  non a caso, per tale ragione, la storia cinese ricorda questa vicenda come “Pacifica liberazione dello Xinjiang”.[/box]

Foto di copertina di George Lu rilasciata con licenza Attribution License

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Federica Russo
Federica Russo

Laureanda in Economia e Gestione d’Azienda, ho scoperto l’amore per la scrittura e il giornalismo a soli 10 anni vincendo un concorso che mi ha permesso di pubblicare il mio primo articolo sul quotidiano “Il Tempo”.  A 16 anni ho iniziato a collaborare con diversi siti di informazione  occupandomi di attualità, politica, economia ed affari esteri  ed entrando a far parte di redazioni formate da giovani e professionisti provenienti da tutta Italia. Nonostante la giovane età, l’esperienza maturata in questo ambito mi è stata d’aiuto nel superare le selezioni e ottenere la possibilità di effettuare uno stage presso la sede del Parlamento Europeo a Bruxelles. Ho coltivato poi  una grande passione per tutto ciò che riguarda la Cina, tanto da frequentare nel tempo libero anche un corso per poter imparare la lingua di questo affascinante e misterioso paese. Amo viaggiare e scoprire nuovi luoghi, nuovi volti e nuove culture per scrutarne i dettagli, captarne le differenze e, soprattutto, per apprendere da esse.

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