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Africa, tra migrazioni e traffico di esseri umani

La tratta degli esseri umani è un fenomeno molto diffuso nei Paesi africani: migliaia di donne, bambini e persone in condizioni di vulnerabilità sono coinvolti ogni anno in reti criminali che si estendono a livello nazionale, regionale ed internazionale

ASPETTI GENERALI — Tra il 2012 e il 2014 sono stati registrati più di 60 mila casi di vittime della cosiddetta “schiavitù moderna”: un fenomeno fin troppo silenzioso, difficile da identificare e che coinvolge trasversalmente quasi la totalità degli Stati tra Paesi di origine, di transito e destinazione finale delle vittime. Una delle definizioni più esaustive della tratta degli esseri umani è inserita nel Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità organizzata transnazionale, comunemente conosciuto come Protocollo di Palermo, che ne delinea gli elementi caratterizzanti ovvero l’impiego o la minaccia di impiego della forza o altre forme di coercizione per reclutare persone con il fine di sfruttarle. Il protocollo identifica alcune forme in cui può coniugarsi questo sfruttamento: sfruttamento della prostituzione o altro sfruttamento sessuale, lavoro forzato, schiavitù, prelievo di organi.

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Fig. 1 – A Lagos, in Nigeria, il 18 marzo 2017 si è svolta una manifestazione pacifica promossa dalla Commissione per lo Sviluppo della giustizia e della pace, per protestare contro il traffico illegale degli esseri umani, l’abuso su minori, lo sfruttamento della prostituzione e ogni genere di violazione dei diritti umani 

Le vittime di tali crimini appartengono generalmente a categorie particolarmente vulnerabili per la loro posizione economica e sociale all’interno delle comunità, sono prevalentemente donne, anche se negli ultimi anni sono aumentati i casi di identificazione di vittime minorenni (nel 2014 comprendevano il 28% dei casi registrati) e uomini (21% dei casi nello stesso anno), e provengono spesso da Paesi con alti livelli di disoccupazione, instabilità politica o presenza di conflitti armati.

HUMAN TRAFFICKING E SMUGGLING — Lo human trafficking non va confuso con il traffico di migranti a scopo di lucro (smuggling) che consiste nel favorire l’ingresso illegale di una persona in uno Stato in cambio di compensi monetari molto elevati. I due fenomeni sono inquadrati differentemente dal punto di vista giuridico ma presentano nel concreto numerose sovrapposizioni. Anche nei casi di percorsi migratori che non sembrano rientrare nel traffico di esseri umani (in cui il trafficante favorisce l’ingresso dell’individuo con il solo fine di inserirlo in un canale di sfruttamento), non è inusuale che durante il lungo e pericoloso viaggio i migranti siano soggetti ad atti assimilabili al trafficking come ad esempio dover lavorare per lunghi periodi senza percepire nessun compenso o essere costretti ad offrire prestazioni sessuali per poter continuare il viaggio. È inoltre frequente che proprio i campi di accoglienza provvisoria di migranti e richiedenti asilo in transito diventino i luoghi in cui i trafficanti avvicinano le proprie vittime. Inoltre, secondo il report dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani il traffico di esseri umani è una diretta conseguenza dei conflitti e delle situazioni post-conflittuali e non è quindi una mera possibilità in tali condizioni. Sfollati e rifugiati sono sempre più nel mirino delle reti criminali che attaccano i componenti delle comunità più vulnerabili. I dati raccolti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) mostrano una realtà preoccupante dove più del 70% dei migranti in transito dal Nord Africa verso l’Europa è vittima di tratta, traffico di organi e altre forme di sfruttamento.

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Fig. 2 – A correre il rischio di essere coinvolti nel traffico di esseri umani sono soprattutto i minori rifugiati o che vivono nelle baraccopoli dei grandi centri urbani, soli e abbandonati a se stessi

Proprio per la complessità del fenomeno risulta estremamente difficile individuare le vittime di tratta, sopratutto in periodi di massicci flussi, e questo porta non solo a una sottostima dei dati ma anche alla criminalizzazione delle vittime che spesso vengono punite per i reati che sono costrette a compiere.

UN QUADRO DELLA SITUAZIONE IN AFRICA — Nel continente africano il traffico di esseri umani è piuttosto diffuso e si articola su scala internazionale, regionale e molto spesso anche nazionale (da aree rurali a quelle urbanizzate). Secondo i dati raccolti dallo United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC) vittime di tratta di origine sub-sahariana sono state registrate in ben 69 Paesi, principalmente nei paesi del MENA e nell’Europa meridionale e occidentale. La maggior parte delle persone coinvolte nei flussi verso l’Europa provengono dai Paesi dell’Africa occidentale ma si sta assistendo a un aumento dei flussi provenienti da oriente del continente (circa il 3%), in particolare dal Corno d’Africa. Questo dato potrebbe essere il riflesso del peggioramento delle condizioni politiche e ambientali degli Stati collocati in quest’area. Analizzando il fenomeno nel suo complesso (dinamiche nazionali, regionali e internazionali) si può notare come le vittime siano principalmente maschi minorenni provenienti dall’Africa meridionale e occidentale, impiegati come soldati in zone di guerra o come forza lavoro, servitù domestica o venditori di strada. Tra gli adulti il traffico è composto quasi esclusivamente da donne provenienti principalmente da Nigeria e Uganda. Nella maggior parte dei casi i trafficanti condividono con le vittime un qualche tipo di collegamento, come l’appartenenza allo stessa comunità, gruppo etnico o la conoscenza della stessa lingua. Nei casi di traffico di donne o ragazze le trafficanti sono spesso donne.

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Fig. 3 – In paesi come il Sudafrica è usuale che le gang criminali occupino strutture pubbliche – come ex ospedali – da utilizzare come base per i propri traffici illeciti

I governi degli Stati africani hanno aderito agli sforzi globali per combattere il traffico di esseri umani. La Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli (ACHPR, firmata nel 1981) proibisce la schiavitù e il traffico di uomini e molte legislazioni nazionali criminalizzano le forme di sfruttamento identificate nel Protocollo di Palermo. I casi registrati di identificazione di vittime di tratta sono ancora pochi ma visto che tali reati sono stati introdotti in tempi relativamente recenti si presuppone che nei prossimi anni si assisterà a un miglioramento del sistema di identificazione e protezione delle vittime.

IL CASO DELLA NIGERIA — Il caso delle nigeriane coinvolte nel traffico di essere umani finalizzato alla prostituzione è forse uno dei più conosciuti in Italia anche per il grande flusso di ragazze provenienti da questo Paese che negli ultimi anni sta arrivando sulle nostre coste. Nel 2014 l’OIM ha registrato un aumento considerevole delle donne nigeriane sbarcate nei porti italiani che è passato da 433 nell’anno precedente a 1454, subendo un ulteriore incremento nel 2015 con 4937 migranti (dati aggiornati al 31 ottobre 2015). Secondo l’organizzazione la maggior parte di queste donne è destinata allo sfruttamento sessuale. Le donne che intraprendono questo viaggio provengono da famiglie a basso reddito e sono spesso spinte proprio dalla rete familiare ad affidarsi ai trafficanti con il fine di migliorare la propria condizione economica. L’intermediario che inserisce la donna nel sistema di sfruttamento è un’altra donna, la madama, che si assicura la fedeltà della vittima attraverso un rito voodo conosciuto come juju, che rende “inviolabile” il contratto tra la madama e la donna. La prima si impegna a pagare le spese di viaggio e la seconda a ripagarle lavorando nel Paese di destinazione. In molti casi le donne sono consapevoli del destino che le aspetta una volta raggiunta l’Europa (anche se probabilmente non immaginano le condizioni disumane che le aspettano o non comprendono il reale ammontare del loro debito) altre volte vengono ingannate con la speranza di un lavoro legale.

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Fig. 4 – L’attivista Stella Orji durante la manifestazione contro il traffico di esseri umani a Lagos 

Dato il numero elevato di donne nigeriane coinvolte in questo affare criminale internazionale è stato possibile studiare il fenomeno per tracciare un profilo delle vittime e cercare così di identificarle e inserirle in percorsi di integrazione protetti nelle comunità. Ma questa è probabilmente solo uno dei tanti aspetti del traffico di esseri umani, per riuscire ad arginare questo fenomeno bisognerebbe mettere in atto misure complesse che proteggano i soggetti vulnerabili e promuovano alternative sostenibili per uscire dalla povertà.

Marcella Esposito

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Qui il report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America sulla tratta di esseri umani. [/box]

Foto di copertina di A Campaign Designed To Drop Sales rilasciata con licenza Attribution-NoDerivs License

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Marcella Esposito
Marcella Esposito

Laureata in Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa, da anni mi occupo dello studio della situazione socio-politica in Africa Orientale e in particolare della Tanzania, paese che amo e che ho potuto conoscere in profondità grazie ai miei viaggi e alla conoscenza della sua splendida lingua, il swahili. Mi interesso di governance urbana, informalità e sviluppo locale, ma anche di come identità di genere, razza e classe si interfacciano nel contesto dell’Africa sub-sahariana. Per il Caffè Geopolitico mi occupo di Africa Meridionale.

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