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La lotta per la sopravvivenza dei Pigmei in Africa

Sull’isola di Idjwi, nella Repubblica Democratica del Congo, vivono i Mbuti, un gruppo appartenente all’etnia dei Pigmei. Sono costretti ai margini della società, vittime di politiche di segregazione e discriminazione razziale, dopo essere stati espropriati dalle proprie terre. Come molte altre popolazioni indigene al mondo, lottano per la propria sopravvivenza

IDJWI — L’isola di Idjwi si trova all’interno del lago Kivu ed è la seconda isola interna piĂą grande del continente africano. La popolazione è composta per il 95%  dai Behavu, una comunitĂ  di etnia bantu. I Mbuti contano poco piĂą che settemila abitanti: negli anni Ottanta, sono stati allontanati dalle foreste in cui vivevano e le loro terre sono state consegnate ai Behavu. Oggi sono ridotti a vivere ai margini dei villaggi in completa povertĂ . Secondo i capi Behavu e le autoritĂ  dell’isola tra le due etnie non esiste alcun tipo di rivalitĂ  tanto meno una disputa per la terra: sarebbero stati i Pigmei a vendere le proprie terre spontaneamente e a decidere di viveri lontano dai villaggi.

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Fig. 1 – I Pigmei sono uno dei popoli indigeni piĂą antichi al mondo: prima di essere allontanati, vivevano nelle foreste pluviali dell’Africa centrale

Le tribù Mbuti si sono stabilite sull’isola dopo essere state costrette ad abbandonare il loro luogo natale, la foresta pluviale Ituri, a nord della Repubblica Democratica del Congo. Lì i Pigmei hanno vissuto come cacciatori-raccoglitori per millenni, erano nomadi e durante i loro spostamenti raccoglievano i prodotti della foresta, che utilizzavano in parte per il loro sostentamento e in parte per il baratto con le popolazioni dei villaggi che incontravano durante il loro cammino. La foresta di Ituri, negli anni Novanta, è stata teatro dello scontro tra due etnie, Lendu e Hema, per il controllo del territorio e ha risentito dell’instabilità conseguente ai conflitti della Repubblica Democratica del Congo e del genocidio del Rwanda. I Mbuti sono stati vittime di violenze e di abusi, alcune testimonianze parlano addirittura di cannibalismo da parte delle milizie congolesi. Contestualmente, la loro vita nella foresta è diventata sempre più difficile a causa del disboscamento e delle politiche di conservazione ambientale governative.

UN DESTINO COMUNE — I Mbuti sono solo una delle tribù che compongono il gruppo etnico dei Pigmei, insieme ai Bagyeli, gli Twa, gli Aka, i Baka che vivono nell’Africa Centrale. Ogni gruppo rappresenta un popolo a sĂ©, con la propria lingua e le proprie tradizioni. Tutti accomunati però dallo stesso triste destino, come testimonia anche la denuncia di Survival, il movimento mondiale per la difesa dei popoli indigeni. In Camerun, i Bagyeli vivono in una porzione di terra compresa tra il Parco Nazionale Campo Ma’an e i terreni destinati alle multinazionali per produrre olio di palma e coltivare alberi della gomma. Nel 1991, in Rwuanda, la foresta di Bwindi, è stata dichiarata Parco Nazionale: i Batwa sono stati sfrattati e la caccia e la raccolta, loro principali fonti di sussistenza, sono state messe al bando. Inoltre, durante il genocidio in Rwanda, si stima che il 30% di loro venne ucciso. Stessa sorte per le tribĂą dei Twa che sono state allontanate dal Parco Nazionale dei Vulcani (Rwanda), di Mgahinga (Uganda) e di Kahuzi-Biega (Repubblica Democratica del Congo).

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Fig. 2 – Molte tribĂą appartenenti al gruppo dei Pigmei sono state costrette ad abbandonare le terre dove vivevano a causa del disboscamento, dell’istituzione di aree protette, nonchĂ© dell’avvento delle agricolture intensive

IL POPOLO DELLA FORESTA — I Pigmei si definiscono “popoli della foresta”. La foresta rappresenta (per alcuni purtroppo rappresentava) il simbolo della loro essenza, della loro storia, della loro spiritualità e ciò che dà loro da vivere. Oggi queste tribù sono state sfrattate dalle loro terre per fare spazio a progetti per la tutela e la protezione ambientale, alle agricolture intensive, alle multinazionali. Non possono vantare diritti legali sulle loro terre e in pochi hanno ricevuto degli indennizzi per la loro perdita, spesso sono stati indotti con l’inganno a rinunciarvi. Hanno progressivamente perso la propria identità e rischiano di perdere anche le loro abilità tradizionali, come le tecniche di caccia e raccolta, e le loro conoscenze sulle erbe medicinali utilizzate a scopo curativo.

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Fig. 3 – Oggi i Pigmei, uno dei popoli indigeni piĂą antichi del mondo, sono ridotti a poco piĂą di mezzo milione di componenti

UNA LOTTA CONTINUA PER I LORO DIRITTI — AldilĂ  delle differenze geografiche e culturali, le popolazioni indigene condividono la lotta per il diritto all’autodeterminazione e a vivere nella propria terra. Secondo i dati delle Nazioni Unite i popoli indigeni riconosciuti contano piĂą di 300 milioni di persone: essi costituiscono il 4% della popolazione mondiale e il 90% della diversitĂ  culturale del pianeta. Vivono principalmente in Asia, ma sono numericamente importanti anche in America Latina, Africa e Oceania. La Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2007, sancisce « diritti dei popoli indigeni alla proprietĂ  della terra e la necessitĂ  di consultazione e consenso per l’allontanamento dai loro territori. Riconosce che il rispetto dei saperi, delle culture e delle pratiche tradizionali indigene contribuisce allo sviluppo equo e sostenibile e alla corretta gestione dell’ambiente». Purtroppo nel continente africano, tristemente caratterizzato da conflitti etnici che spesso sfociano in guerre per il controllo delle risorse naturali,  non sempre la definizione di “indigeni” riportata nella Dichiarazione viene applicata. Alcuni governi, per evitare di acuire ulteriormente gli scontri ma anche per evitare di riconoscere diritti alle minoranze, come in Rwanda e della Repubblica Democratica del Congo, sostengono l’idea della nazione come un unico popolo. Infine, i Pigmei, come altri gruppi minoritari, hanno una scarsissima se non inesistente rappresentanza a livello governativo: ciò impedisce loro di difendere politicamente i propri diritti e le proprie terre.

Irene Dell’Omo

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Il fotoreportage della fotografa ThĂ©rèse De Campo che immortala la situazione e le condizioni di vita dei Pigmei Mbuti sull’isola di Idjwi. [/box]

Foto di copertina di Julien Harneis rilasciata con licenza Attribution-ShareAlike License

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Irene Dell'Omo
Irene Dell'Omo

Sono laureata in Scienze Politiche, indirizzo Cooperazione internazionale, con una tesi sulla cooperazione tra Unione europea e Paesi del Maghreb per le risorse energetiche rinnovabili. Vivo a Roma, dove lavoro in un’organizzazione umanitaria nell’area marketing e comunicazione. Le mie passioni: scoprire posti e cose nuove, viaggiare, leggere (soprattutto romanzi a sfondo storico e di attualità) e scrivere.

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