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Il Camerun alla prova della “questione anglofona”

Il riproporsi della “questione anglofona” mette in discussione l’assetto politico del Camerun, una decennale situazione di pace e stabilità raggiunta dopo l’indipendenza dalla Francia

PROTESTE DI MASSA E ABUSI GOVERNATIVI – Dall’ottobre scorso le regioni anglofone nella parte nord-occidentale e sud-occidentale del Camerun sono state teatro di proteste e manifestazioni pubbliche volte a denunciare la marginalizzazione delle popolazioni che vi risiedono. Sono scesi in piazza insegnanti e avvocati per testimoniare indignazione per l’uso prevalente del francese e per l’impiego di personale francofono nelle corti e nel sistema scolastico. La città di Bamenda è il cuore della protesta e la principale sede del Fronte Democratico Sociale (SDF), maggiore partito d’opposizione al partito al governo, il Movimento Democratico del Popolo Camerunense (CPDM) al potere ininterrottamente nell’area francofona sin dall’indipendenza dalla Francia (1960). Le proteste si sono verificate sotto il coordinamento del Cameroon Anglophone Civil Society Consortium, risvegliando quel fenomeno di disobbedienza civile comparso già nei primi anni Novanta, denominato “città fantasma”: si ferma tutto, dalle scuole, ai trasporti, ai negozi, ai servizi in segno di protesta nei confronti dell’incurante potere centrale francofono della capitale Yaoundé.

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Fig. 1 – I cittadini camerunensi di minoranza anglofona protestano contro l’imposizione del francese

Media locali e internazionali hanno documentato l’eccessivo e ingiustificato uso della forza da parte delle forze dell’ordine governative che hanno sparato proiettili e gas lacrimogeni contro la folla di manifestanti. A Bamenda, il 26 novembre, sono state arrestate circa 100 persone, l’8 dicembre 4 sono state colpite a morte. Allarmanti appaiono le condizioni di detenzione di 21 giovani accusati di aver incendiato bandiere nazionali. All’informazione è stato messo il bavaglio, come nel caso della chiusura della Radio Hot Cocoa 94 FM.

SITUAZIONE ECONOMICA, POLITICO, SOCIALE – Nonostante un lieve rallentamento della crescita nel 2016, il Pil del Camerun è sempre in forte crescita, del 5,6%. Per contro, nel rapporto sull’Indice di Sviluppo Umano del 2015, stilato dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, il Camerun è solo al posto 153 su un totale di 188 paesi rilevati. Il tasso di povertà è in crescita nelle regioni del nord e dell’estremo nord, più sottosviluppate e sofferenti per le incursioni di Boko Haram, che negli ultimi due anni e mezzo hanno causato 1300 vittime civili in Camerun. Sin dal febbraio 2015 il governo camerunense è impegnato in una campagna militare antiterroristica all’interno del Multinational Joint Task Force (MNJTF), coalizione composita di paesi africani.

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Fig. 2 – Cerimonia ufficiale per i 38 soldati camerunensi morti nel nord della nazione mentre combattevano i militanti di Boko Haram, a Youndé, 6 marzo 2015 

Il conflitto nel nord del paese, assieme alla crisi in Repubblica Centrafricana, sono alla base di una grave situazione umanitaria, che stando ai dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, consta di circa 600.000 persone in stato di grave necessità, di cui 260.000 sono rifugiati centrafricani, 86.000 rifugiati nigeriani in fuga da Boko Haram e 200.000 sfollati interi camerunensi. Il CPDM ha la maggioranza all’Assemblea Nazionale e al Senato, incerto è il futuro politico del paese in vista delle elezioni presidenziali previste nel 2018.

EVOLUZIONE ISTITUZIONALE DEL CAMERUN – Dalla fine del dominio coloniale tedesco (1919) fino all’istituzione della Repubblica Federale del Camerun (1961), il paese era diviso in un’area a mandato britannico – una sottile striscia di terra, confinante con la Nigeria – e il resto del territorio sotto il controllo francese. La Repubblica Federale del Camerun era composta da due stati costituenti, Cameron occidentale francofono e Cameron orientale anglofono, ciascuno dotato di un primo ministro e di un potere legislativo indipendente, monocamerale nello stato orientale, bicamerale nello stato occidentale.  Nel 1972 il regime federale venne abolito, il precedente sistema legislativo ridotto a un’unica Assemblea nazionale, il nome cambiato in Repubblica Unita del Camerun. Nel periodo intercorso tra il 1919 e il 1972 la presenza di due differenti mandati coloniali e successivamente di due stati federali autonomi permise il sedimentarsi di due culture politiche e istituzionali, amministrative e gestionali, nonché diversi modi di concepire e applicare la legge, di istruire i giovani, di vivere, di pensare e parlare.

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Fig. 3 – Il Primo ministro anglofono camerunense Philémon Yang

Due anni dopo l’insediamento dell’attuale Presidente delle Repubblica, Paul Biya, nel 1984, con l’approvazione della nuova Costituzione, è cambiato ancora una volta il nome ufficiale della Repubblica che è diventata Repubblica del Cameron, ovvero lo stesso nome dello stato costituente francofono. Con l’avvento del sistema multipartitico (1990), si tennero le prime elezioni multipartitiche (1992), poi ripetutesi nel 1997, 2004, 2007, 2011, sempre vittoriose per la leadership di Biya, su cui hanno pesato fondati sospetti di irregolarità. Le pressioni esercitate dai gruppi politici anglofoni federalisti nei primi anni 90 portarono ad emendare la Costituzione nel 1996, con l’istituzione del Senato, la sostituzione delle province con regioni semi-autonome e l’estensione del mandato presidenziale a sette anni. Nel 2008, al capo dello Stato è stata attribuita l’immunità giudiziaria. È storia nota che le imponenti proteste popolari seguite a questi provvedimenti furono sedate nel sangue.

CHE COS’È LA QUESTIONE ANGLOFONA? – La “questione anglofona” non qualifica un problema meramente linguistico, è piuttosto una serie di reclami formulati ripetutamente in vario modo da parte della minoranza anglofona. Queste rimostranze sono di natura politica, economica e culturale e riguardano la sua sotto rappresentanza e subalternità negli organismi decisionali nazionali, la trascuratezza in cui versano le infrastrutture locali, lo sfruttamento e l’esaurimento delle risorse naturali (petrolio e legname) da parte di società francofone e il tentativo di francesizzare l’istruzione, l’apparato giudiziario e il settore pubblico. La “questione anglofona” presenta varie sfaccettature e mette a nudo alcune devianze istituzionali e strutturali dell’organizzazione statale. Essa si propone di essere critica dello Stato centralizzato alla luce dell’autonomia garantita dal modello statale federale. Essa sottolinea le deprecabili conseguenze del trasferimento del potere decisionale a Yaoundé, le esasperanti lentezze burocratiche, le inefficienze nella gestione pubblica, la distanza dei dirigenti dalla popolazione interessata dalle decisioni prese. Tale questione mette in luce il tradimento delle promesse di sviluppo delle aree anglofone fatte nel corso della campagna referendaria del 1972 che portò all’unione dei due stati costituzionali post-coloniali. Inoltre essa manifesta la mancata integrazione positiva nello Stato unitario della duplice eredità coloniale, francese e anglosassone, dimostra da episodi come la dissoluzione della Camera dei Capi del sistema bipolare anglofono nel 1972, la stesura esclusiva dei provvedimenti legislativi in francese (tradotti solo in seconda istanza in inglese) la rarità dell’uso dell’inglese da parte dei politici in occasione di discorsi pubblici nonostante la parità delle due lingue ufficiali sancita dall’articolo 3 della Costituzione, così come il progressivo inglobamento delle scuole anglofone negli istituti della capitale.

REAZIONI ALLA “QUESTIONE ANGLOFONA” – Nel discorso di Natale, il Capo dello Stato ha definito inaccettabile la morte di cittadini camerunensi, la distruzione di beni pubblici e privati, la profanazione delle bandiere – simboli sacri della nazione, la paralizzazione temporanea delle attività economiche ad opera di un “gruppo di manifestanti estremisti, manipolati e strumentalizzati”. Egli ha anche affermato che le questioni di fondo sollevate non saranno trascurate e che il governo è stato istruito al fine di intraprendere un dialogo franco con le differenti parti interessate per trovare risposte appropriate. Alla fine di novembre il Primo Ministro anglofono Philémon Yang si è recato a Bamenda per una due giorni di incontri con i sindacati degli insegnanti, avvocati, capi tribali e leader religiosi, coi quali è stato siglato un’agenda consensuale di 10 punti da implementare a partire dal 30 novembre. Parimenti, lo scorso 11 gennaio il leader del partito d’opposizione Alleanza per la Democrazia e lo Sviluppo (ADD), Garga Haman Adji, ha cercato a Bamenda di negoziare le posizioni del Consorzio della Società Civile Anglofona, proponendo come alternativa alla soluzione federalista/scissionista, un’“effettiva decentralizzazione”. Questi ultimi si sono dissociati dalle affermazioni del Ministro per le funzioni speciali presso la Presidenza dello Stato, Paul Atanga Nij, il quale ha sostenuto che “gli anglofoni non sono marginalizzati in Camerun”.

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Fig. 4 – Il Presidente camerunense in carica Paul Biya

Nonostante i tentativi di mediazione governativa, il 14 gennaio il Consorzio della Società Civile Anglofona ha esortato la popolazione a rendere le città nuovamente “fantasma” in segno di protesta contro gli arresti arbitrari e le violenze perpetrate dalla polizia. Riuniti in assemblea il 13 gennaio, gli avvocati di diritto anglosassone del Camerun meridionale hanno nominato un comitato per abbozzare una Costituzione per una federazione di due Stati da sottoporre a referendum unicamente nelle regioni anglofone. Il quadro delineato finora dà l’impressione che la richiesta di rinnovamento della struttura istituzionale del paese incarnata dalla “questione anglofona”, se presa sul serio, possa mettere profondamente in discussione la leadership trentennale di Biya e richiedere un nuovo ordine in grado di garantire pace, stabilità politica e sviluppo economico in Camerun.

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Il bilinguismo ufficiale in Camerun è solo una limitata parte dell’eterogeneo patrimonio linguistico del paese. Oltre al francese e all’inglese, si parlano circa 250 lingue, appartenenti a diversi rami linguistici africani. La maggior parte dei giovani camerunensi parlano il Camfranglis (o Frananglais) una “lingua semplificata”, misto di inglese, francese e creolo.[/box]

Foto di copertina di kalacaw rilasciata con licenza Attribution License

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Salvatore Loddo
Salvatore Loddo

Sono nato in una piccola località turistica della Sardegna nel 1985. Studi e lavoro mi hanno portato lontano. Ultima tappa è Atene, dove vivo da qualche tempo. Ho studiato filosofia a Venezia e Torino, diritti umani e “studi sul genocidio” a Londra. Ho collaborato con il Centro Studi Sereno Regis (Torino), Saratoga Foundation for Women Worldwide (New York), Philosophy Kitchen (Torino). Ho pubblicato nel 2015 La Shoah. Una guida agli studi e alle interpretazioni e articoli sulla crisi in Centrafrica e sulla “responsabilità di proteggere”. Principali aree di interesse sono la violenza politica e le strategie di prevenzione, la trasformazione non violenta dei conflitti e le innumerevoli forme di rappresentazione della violenza estrema.

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