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Un alleato inaffidabile?: il Giappone e l’incognita Trump

L’incontro a New York tra Shinzo Abe e Donald Trump non ha fugato i timori di Tokyo sul futuro dell’alleanza nippo-americana nel Pacifico. Pesano le polemiche dichiarazioni rilasciate dal neo-Presidente in campagna elettorale e il destino incerto della Trans-Pacific Partnership (TPP), su cui il Governo giapponese aveva puntato molto per rilanciare la propria economia

UNA QUESTIONE DI FIDUCIA – Alla fine Shinzo Abe e Donald Trump si sono finalmente incontrati faccia a faccia a New York, in una lussuosa sala della Trump Tower. Un colloquio breve e cordiale, alla presenza di Ivanka Trump e pochi intimi, terminato con dichiarazioni vaghe ma ottimistiche sul futuro della partnership strategica nippo-americana in Asia orientale. Immancabili sorrisi e strette di mano, accompagnati anche dallo scambio di alcuni doni golfistici tra i due leader. A fine incontro Abe ha dichiarato di avere avuto “una discussione sincera e aperta” con Trump su diversi argomenti e di considerare il neo-eletto Presidente come un “leader credibile” con cui costruire “un rapporto di fiducia” per il futuro. Eppure, aldilà di frasi fatte come queste, l’impressione è che l’incontro non abbia risolto i tanti dubbi del Premier giapponese verso il suo nuovo e imprevedibile partner d’Oltreoceano. Lo stesso evento newyorkese è stato organizzato in modo caotico e frettoloso, con luogo e tempo del colloquio comunicati quasi all’ultimo minuto, cosa che ha infastidito parecchio l’entourage del Primo Ministro nipponico, abituato all’estrema formalità del protocollo diplomatico. Inoltre il Dipartimento di Stato americano non ha fornito alcuna assistenza per la preparazione del colloquio, scaricando la colpa su Trump e i suoi collaboratori, che non avrebbero contattato l’amministrazione Obama per organizzare ufficialmente l’incontro con Abe. Vero o falso? Difficile dirlo, anche se il caos in cui sembra versare l’entourage di Trump – impegnato nella difficile scelta dei possibili membri della squadra di Governo – può avere certo influito sul carattere sommesso e informale della visita del Premier nipponico.

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Fig. 1 – Conferenza stampa di Shinzo Abe dopo il suo incontro con Donald Trump a New York, 17 novembre 2016

Da parte sua, Abe ha cercato con questo “colpo di mano” di conoscere meglio Trump e di ottenere qualche rassicurazione in più sulla tenuta dei rapporti nippo-americani in vista dell’imminente insediamento del magnate newyorkese ai vertici del Governo americano.  Quasi una scelta obbligata, viste le tante dichiarazioni polemiche rilasciate da Trump contro Tokyo in campagna elettorale e la generale incertezza sui suoi reali intendimenti di politica estera. Alla fine il faccia a faccia non ha probabilmente sciolto i timori del leader giapponese, ma gli ha comunque fornito indicazioni preziose sul carattere di Trump e sulle possibili linee da seguire per sviluppare un proficuo rapporto di collaborazione con il nuovo inquilino della Casa Bianca. Dopotutto, come aveva indicato proprio Abe poco prima della partenza per New York,  l’obiettivo principale dell’incontro era quello di costruire un’atmosfera di “fiducia” con il nuovo inquilino della Casa Bianca. Un obiettivo che sembra essere stato agevolmente raggiunto, anche se permane l’ansia per il futuro dell’alleanza nippo-americana nel Pacifico.

TPP AL CAPOLINEA? – Sono soprattutto due temi a preoccupare Abe dopo la vittoria elettorale di Trump: il destino incerto della Trans-Pacific Partnership (TPP) e il nodo dei rapporti militari tra USA e Giappone in Asia orientale. Per quanto riguarda il TPP, fiore all’occhiello della politica dell’amministrazione Obama in Asia, la situazione appare abbastanza compromessa e sono ormai in pochi a Tokyo a credere in una reale implementazione di tale ambizioso accordo di libero scambio. L’ultima tegola è arrivata proprio poco prima della partenza di Abe, con la decisione del Vietnam di non ratificare l’accordo e di perseguire nuovi negoziati commerciali con la Cina e altre nazioni vicine. Pure la Malesia sembra propendere per tale scelta, anche se il Premier Najib Razak si è recato in visita a Tokyo nei giorni scorsi con la speranza di rilanciare in qualche modo il trattato, oggetto di feroci polemiche politiche in patria. La verità è che con la vittoria di Trump nelle elezioni presidenziali la ratifica americana dell’accordo – fondamentale per spronare gli altri Paesi firmatari a fare altrettanto – appare estremamente difficile, se non addirittura impossibile.

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Fig. 2 – I giornali giapponesi commentano la vittoria elettorale di Trump, 9 novembre 2016

Il neo-eletto Presidente non ha infatti mai nascosto la propria ostilitĂ  verso il trattato, preferendo il perseguimento di accordi commerciali bilaterali con i singoli Paesi della regione pacifica, mentre il nuovo Congresso a maggioranza repubblicana è altrettanto scettico verso le principali disposizioni dell’accordo e restio ad approvarle con il proprio voto. E anche da parte democratica serpeggiano i dubbi sui reali benefici del TPP per l’economia americana, con Hillary Clinton che non si è spesa piĂą di tanto in difesa dell’accordo durante la campagna elettorale per la Casa Bianca, distanziandosi parzialmente dalle scelte del Presidente Obama. Questa situazione rappresenta una bruciante sconfitta per il Governo Abe, che ha sempre sostenuto con forza il trattato nella speranza di un suo effetto positivo sulla stagnante economia nipponica. La stessa Camera Bassa della Dieta giapponese ha votato a favore dell’accordo lo scorso 10 novembre, nonostante il boicottaggio aperto dei Partiti di opposizione, e la Camera Alta dovrebbe apprestarsi a fare lo stesso entro fine mese. Ma ora tutto è messo in discussione dall’ambigua posizione della nuova amministrazione presidenziale americana e la Cina – grande esclusa del TPP – sembra pronta ad approfittare dell’occasione per rilanciare le sue proposte per un accordo generale di libero scambio in Asia-Pacifico, mettendo Tokyo di fronte a una scelta assai spinosa. Da questo punto di vista, alcuni politici giapponesi hanno persino ventilato la possibilitĂ  di aderire al progetto della Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) di Pechino come ritorsione per la mancata approvazione americana del TPP. Per il momento Abe ha dismesso abbastanza freddamente tali suggerimenti, ma non ha nascosto il fatto che Tokyo potrebbe effettivamente scegliere la strada di una futura adesione alla RCEP per mantenere aperto il proprio accesso alle altre economie asiatiche in caso di fallimento definitivo del TPP. Un’ipotesi caldeggiata anche da Malesia e Australia, sempre piĂą scettiche sul futuro del “capolavoro geoeconomico” dell’amministrazione Obama.

IL COSTO DELLA SICUREZZA – Ma la maggiore preoccupazione di Abe riguarda il futuro dell’alleanza militare tra Stati Uniti e Giappone. Durante la lunga campagna elettorale per la Casa Bianca Trump ha infatti attaccato spesso tale alleanza, accusando il Governo giapponese di non pagare abbastanza per il mantenimento delle truppe americane presenti sul proprio territorio e di fare eccessivo affidamento su Washington per la propria difesa nazionale. In un’intervista con Fox News, Trump ha addirittura ventilato l’ipotesi che il Giappone si difenda da solo contro minacce regionali come la Corea del Nord, costruendosi un proprio arsenale nucleare. Una dichiarazione scioccante che ha provocato parecchio malumore a Tokyo, dove la proposta di avere armi nucleari proprie è irricevibile persino per un Governo revisionista come quello di Abe, impegnato a modificare la Costituzione pacifista del 1947 per avere un maggiore ruolo militare a livello internazionale. Anche l’accusa di non pagare per le installazioni difensive americane sul territorio nazionale è stata rigettata sdegnosamente dalla maggior parte delle forze politiche nipponiche. Nella sua ultima finanziaria il Governo Abe ha infatti stanziato una considerevole cifra (377 miliardi di yen) a sostegno delle truppe statunitensi in Giappone e la neo-Ministro della Difesa Tomomi Inada ha ribadito che il suo Paese sta già pagando abbastanza per la protezione militare di Washington.

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Fig. 3 – Manifestazione di protesta a Tokyo contro il TPP e le riforme militari del Governo Abe, febbraio 2016

Forse conscio di aver tirato un po’ troppo la corda, Trump ha recentemente inviato a Tokyo il fedelissimo Michael Flynn per chiarire i suoi intendimenti all’establishment politico nipponico. In un lungo colloquio con l’ex Vice-Ministro della Difesa Akihisa Nagashima, Flynn ha cercato di rassicurare le autoritĂ  giapponesi dichiarando che Trump riconosce l’importanza fondamentale dell’alleanza nippo-americana per gli equilibri asiatici. Allo stesso tempo, però, ha ribadito l’intenzione di rivedere gli accordi sui costi della presenza militare americana nel Paese, prospettando una nuova ripartizione degli oneri finanziari tra le due nazioni. Un’ipotesi che continua a non piacere al Governo Abe e che promette di rappresentare un serio elemento di frizione tra Washington e Tokyo dopo la fine della presidenza Obama. Una cosa appare quindi certa: le relazioni nippo-americane nell’era Trump saranno dominate da diversi interessi contrastanti.  Pur importante, la “fiducia” cercata da Abe nella sua visita newyorkese non basterĂ  per risolvere i problemi; ci vorranno anche pazienza e volontĂ  di compromesso. Caratteristiche che Trump ha finora dimostrato di non avere, preferendo i facili consensi generati dalla sua retorica nazionalista. A meno che il neo-eletto Presidente non cambi rotta dopo gennaio, le acque politiche tra le due coste del Pacifico promettono dunque di essere parecchio agitate nei prossimi anni. Il veterano Abe dovrĂ  imparare a navigare la corrente e a fare i conti con un alleato divenuto un po’ “inaffidabile”.

Simone Pelizza

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Nonostante le frequenti critiche di Trump a Tokyo durante la campagna presidenziale, la classe politica giapponese ha adottato un atteggiamento molto prudente nei suoi confronti, evitando di rivelare troppo scopertamente la propria antipatia verso il candidato repubblicano. Una delle poche eccezioni a tale atteggiamento è stata Yuriko Koike, ex Ministro della Difesa e neo-Governatrice di Tokyo, che in un lungo articolo pubblicato la scorsa primavera ha duramente attaccato Trump, accusandolo di avere messo in piedi una “grossolana” campagna elettorale e di usare una “retorica incendiaria” contro i propri avversari politici.[/box]

Foto di copertina di APEC 2013 Rilasciata su Flickr con licenza Attribution License

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Simone Pelizza
Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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