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Cipro sull’orlo della riunificazione

Si respira un’aria da “Ora o mai più” sull’Isola di Afrodite: entro la fine del 2016, i due Governi che si sono contesi la sovranità di Cipro per oltre quarant’anni vorrebbero arrivare ad un accordo di pace; si tratterebbe della necessaria premessa alla nascita di uno Stato federale unificato ma fortemente “bicefalo”. Gli esiti delle trattative non sono affatto scontati, e la situazione regionale non aiuta

LE PREMESSE – Intorno a Cipro si sono sempre mossi interessi “più grandi” e la situazione oggi non appare tanto diversa dal passato. La stessa Costituzione del 1960 lo mise nero su bianco, assegnando a Grecia, Turchia e Gran Bretagna il ruolo di “garanti dell’indipendenza” della Repubblica – una vera beffa, considerando che nel 1974 i colonnelli ellenici cercarono di annettere l’isola con un putsch e i turchi reagirono occupandone militarmente la zona settentrionale. Ancora oggi l’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro Nord (RTCN) soffre le eufemistiche “ingerenze” della Turchia, unico Governo a riconoscerne l’esistenza. La Repubblica di Cipro conserva invece una sua relativa indipendenza: microstato in posizione strategica, saltabecca fra un’ufficiale non appartenenza né alla NATO nè alla sua “anticamera” (il Partenariato per la Pace), i rapporti amichevoli con Mosca, due estese basi militari inglesi, la membership nell’UE, un flusso non troppo limpido di rubli privati e la necessaria collaborazione con Israele. Dopo aver vissuto una feroce crisi bancaria nel 2013, il Paese sembra essersi lasciato il peggio alle spalle, complice anche un severo bagno di austerity. Sull’economia continuano comunque a gravare livelli molto elevati di disoccupazione e debito pubblico – due minacce non da poco per un Paese che si appresta a ricongiungersi con quella che rimane la sua regione più povera, per quanto negli ultimi anni sia cresciuta grazie al traino dell’economia turca.

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Fig. 1–  I Presidenti ciprioti  Nikos Anastiadīs e Mustafa Akıncı con il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, settembre 2016

LE TRATTATIVE –  In passato i tentativi di riunire l’isola sono sempre falliti, complici soprattutto le significative divergenze su alcuni temi: permanenza di forze turche sull’Isola, ruolo degli Stati ex “garanti”, confini interni, rientro degli sfollati, rimborsi, restituzione degli immobili e rimpatrio degli immigrati anatolici (immigrati che, nel corso degli anni, hanno profondamente modificato la demografia di Cipro Nord). La sessione di trattative iniziata a maggio 2015 avrebbe già portato ad un compromesso su alcuni di questi punti (quattro dei sei capitoli negoziali sarebbero essenzialmente chiusi), segnando dunque un notevole passo in avanti rispetto al passato. I dossier più critici rimangono però sul tavolo, e l’ottimismo dei negoziatori rischia di infrangersi sugli stessi scogli che fecero affondare il piano Annan del 2004. Ancora una volta spetta alle Nazioni Unite moderare il dialogo, ma è opinione unanime che siano le parti a spingere per un accordo. E questa è certamente una novità.

IL PIANO – Comunque si concludano le trattative, una bozza di ciò che dovrebbe diventare la Cipro riunificata è già stata tracciata. Il modello scelto sarebbe quello federale, riassumibile più nel motto “Uno Stato, due Nazioni” che in quello ufficiale “Due stati, un’identità”; le politiche “identitarie” – come istruzione e welfare – rimarrebbero infatti appannaggio delle due comunità, e perfino gli affari esteri andrebbero negoziati dal Governo centrale con i rappresentanti locali. In generale, all’interno delle istituzioni verrebbe applicato un classico sistema di quote e garanzie pensate per evitare la “dittatura della maggioranza”: il modello di fondo rimane dunque quello applicato all’isola già nel periodo unitario post-indipendenza (1960) con la speranza che il mutato contesto internazionale ne nasconda gli ovvii limiti.

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Fig.2 – Una torre d’osservazione sulla “Linea Verde” che divide il territorio della Repubblica di Cipro da quello della Repubblica Turca di Cipro Nord (RTCN) 

Il ritorno al passato piĂą significativo è però nei diritti dei ciprioti, che finalmente riconquisterebbero la libertĂ  di transitare e stabilirsi in ogni angolo dell’Isola, cancellando per sempre quell’odiata cicatrice di guerra che è la “Linea Verde”.  A loro spetterebbe l’ultima parola in caso di accordo, dato che gli elettorati sarebbero chiamati ad esprimersi attraverso due referendum distinti sull’unificazione. In caso di approvazione, la Repubblica Unita di Cipro (nome per ora ufficioso) rimarrebbe un membro dell’UE e dell’Eurozona; dunque i territori dell’ex RTCN dovrebbero adattarsi all’acquis comunitario, così come l’UE dovrebbe adattarsi alla comparsa di una nutrita comunitĂ  turcofona entro i propri confini.

IL CONVITATO DI GAS – Ci troviamo dunque di fronte ad uno dei rari casi in cui l’agenda internazionale è dettata dai diritti umani e il buonsenso ha prevalso sulle lotte di potere? Ovviamente no. I rapporti UE-Turchia rasentano oramai un livello da “scontro di civiltà”, ed è fuori discussione che Ankara “regali” una mezza isola al paziente europeo per puro spirito di giustizia. Sotto c’è qualcos’altro. Gas, per la precisione. PerchĂ© sotto Cipro ce n’è veramente un sacco, e questa è una delle principali ragioni per cui la riunificazione sta procedendo a velocitĂ  così sostenuta dopo quarant’anni di sostanziale stallo.

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Fig. 3 – Incontro tra il Presidente turco Erdogan e il suo omologo turco-cipriota Mustafa Akıncı, agosto 2016 

Nel cosiddetto “Triangolo Energetico”, che va dall’isola alle coste levantine, sono stati di recente scoperti alcuni giacimenti (Leviathan, Afrodite e Tamar, oltre allo Zohr egiziano) in grado di soddisfare l’intera domanda europea per anni. Una bella fregatura per la Turchia che, priva di risorse e circondata da fornitori inaffidabili, puntava da tempo a diventare l’hub energetico meridionale per l’Europa, così da assicurare anche per sé una fornitura costante e consistente. Avendo Ankara interrotto da tempo i rapporti ufficiali con il Governo “greco” di Nicosia, rischiava di vedersi circumnavigata da tutto quel bendidio energetico, pronto a prendere il largo verso il Vecchio Continente via nave o attraverso un (costoso) gasdotto subacqueo fra Israele (principale titolare dei giacimenti), Cipro, la Grecia e la Puglia. Un rischio da scampare ad ogni costo per Ankara che, dopo aver testato con scarso successo le maniere forti, ha preferito “sacrificare” formalmente la RTCN per ottenere che il nuovo gasdotto si diriga verso l’Anatolia (percorso peraltro più economico) e non verso l’Attica, oltre ad una potenziale “quinta colonna” all’interno della macchina decisionale cipriota ed europea. Ecco allora la Turchia lasciare mano semi-libera al mai molto amato Mustafa Akıncı, leader della Repubblica di Cipro Nord da circa un anno e sostenitore della riunificazione da molto più a lungo, oggi impegnato in prima persona nelle trattative con il Presidente cipriota Nikos Anastiadīs. Per Ankara l’occasione è dunque ghiotta, ma si tratta pur sempre di una scommessa: i tempi di realizzazione dell’infrastruttura sono lunghi e incerti, e Gazprom non è per nulla contenta di questa nuova concorrenza al suo Turkish Stream; soprattutto, nessuna delle trattative in corso è stata ufficializzata, e il progetto del gasdotto rimane ancora assolutamente ipotetico. La finestra di opportunità per la riunificazione rimarrà dunque aperta fintanto che gli attori regionali lo vorranno, e l’esito delle trattative dipende da molti altri elementi oltre alla volontà dei ciprioti. Per adesso, però , sembra che i pianeti siano benevolmente allineati.

Francesco Castelli

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, Cipro e Malta rimarrebbero gli unici stati ad essere membri sia della UE che del Commonwealth, l’organizzazione di 52 ex colonie britanniche volta a favorire i rapporti fra gli Stati sorti dalle ceneri del colonialismo e con l’ex madrepatria. La speranza dei due Governi è che questo nuovo status unico di “doppio passaporto” possa tradursi in un afflusso di capitali e – come fa notare il cipriota premio Nobel per l’economia Christopher Pissarides – sommandosi alla bassa tassazione e al modello legislativo anglosassone, possa attrarre molte imprese straniere, incluse quelle in fuga dal Regno Unito.[/box]

Foto di copertina di Spiros Vathis Rilasciata su Flickr con licenza Attribution-NoDerivs License

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Francesco Castelli
Francesco Castelli

Nato a Lecco nel luglio 1993, trasformo presto la casa paterna in un campo base per spedizioni in giro per l’Europa. Una tesi sul diritto UE per il contrasto al crimine organizzato mi vale una laurea triennale con lode in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali (curriculum economico) gentilmente concessami dall’UniversitĂ  di Pavia. Attualmente studente del corso di Economics and Management of Government and International Organizations in Bocconi, mi sono posto come obiettivi di vita il visitare i 28 paesi UE prima dei 28 anni e l’imparare il nome completo del mio corso di laurea prima della pensione. Passerei volentieri la vita inglobato in un divano a leggere, ma pare non sia il miglior modo di portarsi a casa uno stipendio – quindi ho iniziato a scrivere, ma ad occhio e croce nemmeno questo funziona benissimo

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