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The Journey: il lungo viaggio dell’Irlanda del Nord verso la pace

Presentato al Festival di Venezia, il film The Journey di Nick Hamm esplora il lungo e difficile processo di pace in Irlanda del Nord. E lo fa mettendo in scena il famoso e chiacchieratissimo viaggio dei leader rivali Ian Paisley e Martin McGuinness che portò alla nascita del primo Governo di coalizione tra cattolici e protestanti nella primavera del 2007.

IL POTERE DEL CINEMA – “Credo che una Irlanda unita sia inevitabile. Ma potrà accadere solo democraticamente. …nessun conflitto nel mondo può essere risolto senza una leadership coraggiosa ..non è stato facile per me e per Paisley fare quello che abbiamo fatto. Questa è stata leadership..” (Martin McGuiness)
Il cinema, si sa, ha licenza di fingere. Distopie diventano utopie, sogni impossibili si materializzano in tangibili realtà, radicate animosità si trasformano in solide amicizie.
In virtù di questo suo potere, il cinema può celebrare la pace dopo la guerra, accantonarne per un attimo le atrocità e scovare quella umanità incontaminata dalle bestialità di cui siamo stati capaci. E cosi può quindi accadere che acerrimi nemici di una acerrima guerra diventino, se non proprio amici, sinceri costruttori di pace.
È accaduto più o meno questo a Ian Paisley e Martin McGuiness, protagonisti di The Journey di Nick Hamn presentato Fuori concorso all’ultima Mostra del cinema di Venezia.
Ian Paisley e Martin McGuiness sono la rappresentazione plastica della Questione irlandese: Protestanti contro Cattolici, Unionisti britannici contro Repubblicani autonomisti, l’Esercito di Sua Maestà contro l’Irish Republican Army (IRA). I primi vogliono continuare ad essere parte del Regno Unito, i secondi, quasi esclusivamente cattolici, vogliono unirsi a Dublino.

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Fig. 1 – Colm Meaney e Timothy Spall alla presentazione veneziana di The Journey, settembre 2016

LA LUNGA QUESTIONE IRLANDESE – Ciò nonostante, quello dell’Irlanda del Nord non è un conflitto religioso, bensì una classica guerra nazionalista che risale alla notte dei tempi, a quelli di Oliver Cromwell ad essere precisi, quando, nel 1650, la prima rivolta dei cattolici fu stroncata sul nascere.
La travagliata storia dell’indipendenza d’Irlanda dal Governo britannico culmina nel 1921 con il riconoscimento da parte di Londra dell’indipendenza del Paese a cui impone, al tempo stesso, la divisione a nord con la creazione della Provincia dell’Ulster a maggioranza protestante.
Dopo la nascita della Repubblica di Irlanda, l’IRA inizia una nuova battaglia: riconquistare “le terre irredente”, al prezzo di uno spargimento di sangue direttamente proporzionale all’intensificarsi delle discriminazioni civili e politiche ai danni delle minoranze cattoliche dell’Ulster.
L’escalation del terrorismo irlandese tocca il suo apice negli anni Settanta, quando l’IRA esporta la sua strategia terrorista in Europa e il Sinn Fein, la sua ala politica, è messo al bando dal Governo britannico.
Oltre tremila morti, vittime di attentati terroristici dell’IRA e dei gruppi paramilitari di entrambi i fronti. L’UDA, l’Ulster Defence Association e l’UVF, l’Ulster Volunteer Force, non risparmiano brutali rappresaglie e violenze contro i repubblicani.
Nel 1972 il Governo inglese sospende il Parlamento di Belfast avocando pieni poteri sull’Irlanda del Nord. Il giro di vite contro gli attivisti nord-irlandesi è durissimo. Perquisizioni, arresti arbitrari, tribunali speciali senza giurie, condizioni detentive inumane.
Negli anni Ottanta è Margaret Thatcher il nemico numero uno dell’IRA. Nel 1981 Bobby Sands e altri nove detenuti politici si lasciano morire di fame nel carcere di Maze in segno di protesta per la revoca da parte del Governo britannico dello Special Category Status (in vigore dal 1972) concesso ai detenuti separatisti dell’Irlanda del Nord. Per la Lady di Ferro non sono prigionieri politici ma “criminali”.
Con l’eliminazione dello SCS, la Thatcher intende (comprensibilmente)depoliticizzare la questione dell’Irlanda del Nord riducendola a una questione di ordine pubblico. Ma si sbaglia. Lungi dall’essere “l’ultima carta dell’IRA” (come lei stessa aveva definito le proteste di Maze), lo sciopero della fame ne rafforza il sostegno (e la partecipazione). A poco più di due settimane dalla sua morte, dopo 66 giorni di digiuno, Bobby Sands è eletto alla Camera dei Comuni britannica.

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Fig. 2 – Belfast, Irlanda del Nord: il “Muro della Pace” che divide i quartieri cattolici da quelli protestanti

IL CAMMINO DIFFICILE VERSO LA PACE – Eppure è proprio Maggie Thatcher a sorpresa ad additare l’unica via percorribile per mettere fine ai Troubles, i giorni più bui della storia irlandese. I più sanguinari. Nel 1985, un anno dopo l’attentato di Brighton da cui esce miracolosamente indenne, sigla un accordo con gli irlandesi riconoscendo all’Irlanda un ruolo (seppur consultivo) nel Governo dell’’Ulster. È la prima volta da sessant’anni. Un tradimento per gli Unionisti di Ian Pasley, che condannano platealmente la mossa come ”agnelli sacrificali per calmare gli appetiti dei lupi di Dublino”
Una via di non ritorno quella indicata dal Premier britannico che porta dritto al Good Friday Agreement del 1998. Alla pace. Impensabile solo pochi mesi prima. Tutte le rappresentanze politiche dell’Ulster, Pasley in testa, si rifiutano di negoziare con il Sinn Féin, fino a quando sul tavolo non si discute di disarmo (il cd. decommissioning dell’IRA).
È solo con l’arrivo di Tony Blair a Downing Street che si inaugura una nuova fase nelle relazioni tra Dublino, Londra, Belfast. A sbloccare lo stallo dei negoziati è l’inviato speciale di Bill Clinton, l’ex senatore George Mitchell, di concerto con Blair e il PM irlandese Bertie Ahern. Tutti impegnati a mettere intorno a un tavolo, lo stesso tavolo, le parti in causa.
Il 10 aprile 1998, George Mitchell annuncia la Notizia: le parti hanno finalmente raggiunto un accordo sulla base di due principi condivisi e d’ora in avanti ineludibili: sharing power e no violenceIn pratica devolution condivisa e disarmo dell’IRA.
Ha nomi diversi la pace nell’Irlanda del Nord. Per i repubblicani è l’Accordo del Venerdì Santo, per i protestanti unionisti è l’Accordo di Belfast. Per gli storici è l’Accordo di Stormont, dove l’11 aprile 1998 si celebra uno dei più importanti compromessi internazionali della storia contemporanea.
Londra riconosce l’autonomia della popolazione nordirlandese, Dublino rinuncia all’indivisibilità dell’Irlanda, il Sinn Fein accetta (fino a tempi migliori) l’appartenenza dell’Ulster al Regno Unito.
Il cuore dell’accordo è la road map per l’elezione di una assemblea legislativa (priva di maggioranza politica) dell’Irlanda del Nord, la formazione di un governo rappresentativo di tutte le opposte fazioni, e l’Istituzione di una commissione per il disarmo.
Malgrado i risultati dei referendum nell’Ulster e nella Repubblica irlandese siano schiaccianti, la frangia più estremista dell’IRA (la Real IRA) non si arrende, riprende a colpire con una serie di attentati che mettono in stallo per alcuni anni (la questione del disarmo dell’’IRA è ancora aperta) il processo di pace. Allo stesso tempo Londra riafferma spesso energicamente il Governo diretto sull’Irlanda del Nord.

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Fig. 3 – Attentato dell’IRA nel centro di Londra, marzo 1973

IL VIAGGIO DI PAISLEY E MCGUINNESS – È necessario che le due anime dell’Irlanda del Nord si incontrino, si parlino guardandosi negli occhi. Fino a questo momento hanno sempre rifiutato di farlo (soprattutto per l’ostilità di Paisley). Due personaggi diversissimi fra loro, Paisley e McGuiness.
Bigotto e inflessibile, il primo, fondatore della Chiesa presbiteriana dell’Ulster, abilissimo nel miscelare toni apocalittici a invettive anticattoliche, a dar voce allo strisciante estremismo protestante. Nel 1988, da parlamentare europeo, etichetta Giovanni Paolo II come l’Anticristo e il Vaticano il centro di un complotto volto a soggiogare l’Europa intera.
Figura di spicco dell’IRA negli anni Settanta e Ottanta, prima e del Sinn Fein poi, arrestato nel 1973 per traffico d’armi, McGuiness è il principale artefice del processo di pacificazione dell’Irlanda del Nord.
I negoziati di St. Andrew, ancora una volta sotto la regia congiunta di George Mitchell e Tony Blair (alquanto impacciato nella versione cinematografica di Nick Hamn), cadono il giorno del cinquantesimo anniversario di matrimonio di Ian Paisley, circostanza che gli impone di essere a Belfast in serata.
Lo accompagna a bordo di uno jet privato Martin McGuinness. Cosi impongono ragioni di “protocollo”.  Pare fosse una prassi in quei bloody years che i politici irlandesi di fazioni opposte si accompagnassero durante gli spostamenti all’estero. Una astuta trovata per mettersi al sicuro da imprevedibili attentati.
Molto più plausibilmente a muovere McGuiness è il timore che nella sua “patria” l’anziano Reverendo Paisley possa essere dissuaso dal tornare al tavolo dei negoziati. I due partono insieme in un tempestoso pomeriggio di novembre del 2006 da St Andrew alla volta di Belfast. Cosa si siano detti i due leader durante quel viaggio nessuno lo sa.
Nick Hamn lo ha inventato immaginando un dialogo tra i due leader condendolo con una buona dose di retorica e inopportuna faciloneria. In particolare la figura di Ian Paisley risulta troppo caricaturale, a detrimento, tra l’altro, dell’indubbia bravura di Timothy Spall che lo interpreta.
L’immaginario dialogo si svolge in auto, in una chiesa abbandonata, in una stazione di benzina, in un bosco. Sarcastici battibecchi si alternano ad accuse reciproche sotto l’occhio vigile di un giovane autista, apparentemente (e poco realisticamente) sprovveduto. In realtà si tratta di un agente di Sua Maestà con il compito preciso di prolungare (attraverso espedienti scontati), il più a lungo possibile, il viaggio dei due.
Paisley è in una posizione di forza rispetto a McGuinness, a tratti nervoso, a tratti impacciato, ansioso di giocare alla pari con lo storico nemico, tanto da proporgli il ruolo di Primo Ministro in un Governo in cui lui sarebbe il Vice. E cosi è stato.
Nel 2007 a Belfast nasce il primo Governo autonomo dell’Irlanda del Nord guidato dal partito degli Unionisti Democratici di Paisley con McGuinness Vice Primo Ministro.

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Fig. 4 – Ian Paisley e Martin McGuinness sorridono ai fotografi dopo aver giurato come membri del Governo dell’Irlanda del Nord nel maggio 2007

L’OMBRA DELLA BREXIT – Nessuno sa cosa si sono detti Paisley e McGuinness in quel loro “viaggio”, fatto sta che i due sono stati protagonisti di una miracolosa quanto formidabile collaborazione politica, cementata da una sincera stima reciproca.
Certo entrambi erano ben consapevoli che a St. Andrew si stava consumando l’ultima chiamata. In mancanza di un accordo era pronto a passare sulle loro teste (e su quelle di tutta l’Irlanda del Nord) un Piano B tra il Governo britannico e quello irlandese.

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Fig. 5 – Manifestanti cattolici protestano contro una marcia orangista nella parte nord di Belfast, ottobre 2016

Rischio questo che la Brexit ripropone in termini concreti. Il Good Friday Agreement non completa “faccende europee”, ma unicamente irlandesi, sia pur con il coinvolgimento attivo del Governo britannico. L’uscita del Regno Unito dalla UE introduce un intralcio non da poco nelle relazioni tra Nord e Sud d’Irlanda, basate, nello spirito dell’Accordo, su un bilateralism in primo luogo politico.
Uno dei temi più caldi al riguardo è la reazione dei repubblicani nazionalisti, senza il cui “ripiegamento” non ci sarebbe stato nessuna pace. Espungere l’Irlanda del Nord dall’Unione Europea (che è stata la principale fonte di finanziamento del processo di pace) può essere molto pericoloso. Un rischio che i sostenitori del Leave non hanno colposamente considerato.
The Journey non è un gran film, ma contiene un grande, grandissimo messaggio, riassumibile nelle parole di Jonathan Powell, il capo dello staff di Downing Street “ [… ] Non ci fu un applauso ma solo uno sbalordito silenzio. […] questa è una lezione per altri conflitti: parla ai tuoi nemici e a volte fai compromessi con loro.”
Un messaggio tanto più prezioso oggi che assistiamo ad una radicalizzazione degli estremismi.

Mariangela Matonte

Curatrice del blog Geomovies

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Poco conosciuti in Italia, Timothy Spall e Colm Meaney, protagonisti di The Journey, sono volti piuttosto noti in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Originario di Londra, Spall ha vinto un BAFTA come Miglior Attore Protagonista per Segreti e Bugie di Mike Leigh e ha recitato in blockbuster cinematografici come L’Ultimo Samurai e la saga di Harry Potter. Nel 2014 è stato premiato a Cannes per la sua interpretazione del pittore J.M.W. Turner in Mr. Turner di Mike Leigh.

Nativo di Dublino, Meaney ha lavorato sia per il cinema che per la televisione, diventando celebre presso il grande pubblico per il ruolo di Miles O’Brien in Star Trek: The Next Generation e Star Trek: Deep Space Nine. Nel 2011 ha sostenuto apertamente Martin McGuinnes durante la campagna presidenziale irlandese, poi vinta dal candidato laburista Michael D. Higgins.[/box]

Foto di copertina di Neil Tackaberry Rilasciata su Flickr con licenza Attribution-NoDerivs License

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Mariangela Matonte
Mariangela Matonte

Laurea in scienze politiche internazionali, scuola diplomatica MAE, analista politico, appassionata da sempre di relazioni internazionali e di politica. Molti viaggi, tante esperienze lavorative. Il tutto sempre con vocazione internazionale. Relazioni transatlantiche, Mediterraneo e Medio Oriente principali focus di interesse.

Curatrice del blog Geomovies, che si occupa del rapporto tra cinema e politica internazionale.

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