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Afghanistan: tra supporto militare USA e terrorismo

Miscela Strategica In seguito all’ultimo attentato a Kabul, che è costato la vita a 80 persone e ne ha ferite più di 230, e in seguito alle stime rilasciate da UNAMA (United Nations Assistance Mission in Afghnistan) che parlano di 5,166 civili morti nella prima metà del 2016, è imperativa un’analisi del significato e delle implicazioni della decisione statunitense e NATO di mantenere le proprie truppe in Afghanistan oltre il termine precedentemente fissato

TRA CARATTERISTICHE GEOGRAFICHE E PECULIARITĂ€ SOCIO-POLITICHE – L’Afghanistan è Paese dell’Asia meridionale che si caratterizza per una serie di tratti geografici peculiari. Tra questi spiccano: la mancanza di accesso al mare; l’essere ponte di collegamento tra Asia Centrale, Medio Oriente e Asia Orientale; la montuositĂ  del territorio, attraversato trasversalmente dall’imponente catena dell’Hindu Kush. Tali caratteristiche geografiche hanno da sempre influenzato le dinamiche interne afghane a livello culturale, sociale e politico, e hanno influenzato anche i rapporti economici e politici del Paese con i propri vicini.
Rispetto al rapporto tra geografia e dinamiche interne, è particolarmente interessante notare come la montuosità del territorio, che rende particolarmente difficili i collegamenti tra le varie regioni e province, abbia favorito l’emergere di una società fatta di clan, in cui i legami tribali tendono ad avere la precedenza su ogni altra forma di affiliazione.
Questa struttura sociale continua ad influenzare oggi le dinamiche politiche afghane, con un Governo centrale che fatica ad esercitare un controllo credibile su tutto il Paese e che non sempre vede la propria legittimità riconosciuta da tutte le tribù che compongono il variopinto panorama afghano. Similarmente indicativo della rilevanza dei legami clanici è come i Talebani siano riusciti a sfruttare la propria appartenenza al gruppo etnico Pashtun per convertire il sud del Paese (che è appunto a maggioranza Pashtun) in propria base e teatro operativo privilegiato. Altrettanto interessante, poi, è come la montuosità del territorio abbia favorito la scelta dell’Afghanistan come safe haven per gruppi terroristici che sfruttano la tortuosità del paesaggio afghano per nascondersi e pianificare da lì le proprie operazioni (e a questo proposito, è emblematico il caso di Al Qaeda, che dal 1996 ha fatto dell’area intorno a Tora Bora e della regione a cavallo con il Pakistan la propria base). Tale localizzazione dei gruppi terroristici -autoctoni e non- in Afghanistan ha da sempre rappresentato una sfida importante per le forze armate afghane così come per le forze NATO e USA intervenute dal 2001 nel Paese.

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Fig.1- Il paesaggio montuoso dell’Afghanistan ha da sempre reso il Paese un attraente nascondiglio e teatro operativo per gruppi terroristici

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Le forze in campo che combattono la minaccia terroristica:

  • Afghan Armed Forces (Afghan National Army e Afghan Air Force): 195,000 uomini
  • Forze NATO: 11,385 uomini
  • Stati Uniti: 9,800 uomini

Dati:Dipartimento della Difesa USA, dicembre 2015 [/box]

L’IMPEGNO USA RIVISTO – Lo scorso mese il Presidente Obama, dopo un lungo dibattito e sulla scia delle pressioni provenienti dal Pentagono, ha annunciato una revisione dell’impegno statunitense in Afghanistan: anzichĂ© ridurre da 9,800 a 5,500 uomini le truppe USA presenti sul territorio entro dicembre 2016, Obama ha annunciato che verranno mantenuti 8,400 uomini per tutto il corso dell’anno. In aggiunta a ciò, Obama ha dato alle forze aeree USA la possibilitĂ  di colpire in modo preventivo obiettivi terroristici senza dover piĂą aspettare – come era stato finora – che una richiesta diretta di intervento provenisse da parte afghana o che le forze afghane si trovassero sotto pesante attacco.
Questa revisione dell’impegno USA in Afghanistan è stata ben accolta sia dalle forze americane presenti nel Paese sotto la guida dal Generale Nicholson, sia da Ghani e dalle forze militari afghane. Inoltre, la decisione è particolarmente significativa se inquadrata nel piĂą ampio contesto dell’impegno NATO: pochi giorni dopo l’annuncio di Obama, infatti, l’alleanza nord-atlantica – durante il Summit di Varsavia – ha votato per l’estensione del proprio impegno in Afghanistan oltre la data limite precedentemente fissata del 2017.

MOTIVAZIONI… – La decisione statunitense è da leggere alla luce di una serie di motivazioni che vanno a spiegare perchĂ© Obama, che nel 2008 aveva fatto della fine della presenza USA in Afghanistan una delle promesse della propria politica estera, abbia ceduto alle pressioni di Nicholson.
Innanzitutto c’è la motivazione tattica, per cui l’estensione dell’impegno militare americano è letta come necessaria (se non addirittura vitale) per dare supporto logistico ed operativo alle forze afghane in un momento di estrema delicatezza e vulnerabilità. Il 2015, infatti, è stato un anno particolarmente violento in cui le offensive stagionali lanciate dai Talebani hanno causato 11,000 vittime civili ed esasperato la sicurezza interna del Paese. Inoltre, il 2015 è stato l’anno delle conquiste territoriali dei Talebani che sono riusciti ad espandersi ben oltre il proprio tradizionale nucleo nel Sud del paese e ad ottenere il controllo su circa 35 distretti. Alla luce di questa situazione scoraggiante, allora, la riduzione dell’impegno USA avrebbe avuto l’effetto pericoloso di deprimere il morale delle forze afghane, che si sarebbero viste costrette a far fronte a una minaccia talebana di prim’ordine, e avrebbe al contrario incoraggiato i Talebani a cogliere l’occasione per intensificare la propria offensiva.
Strettamente collegata, è poi la seconda motivazione della scelta di Obama: mandare ai Talebani il messaggio che, nonostante i recenti successi ottenuti, la vittoria militare non è possibile in virtù dell’appoggio esterno di cui le forze afghane godono, e che l’unica possibilità è pertanto negoziare con Kabul. La sostanza del messaggio è che nessun emirato Talebano potrà essere re-instaurato con la forza militare e che se i Talebani sperano di ottenere influenza nel lungo periodo l’unica strada percorribile è quella della negoziazione. Inoltre, la scelta statunitense è da inserire nella più ampia politica americana nel Sud Asia, volta a rafforzare la sicurezza regionale rispetto alla minaccia terroristica di matrice jihadista. Tale minaccia, infatti, è particolarmente preoccupante e diffusa provenendo essa da più gruppi (le varie fazioni talebane, l’Haqqani Network, Al Qaeda e ora anche l’ISIS) e interessando non solo l’Afghanistan ma anche altri Paesi dell’area come il Pakistan, l’area di confine tra Pakistan e India, e le regioni dell’Asia centrale che confinano con l’Afghanistan occidentale.

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Fig.2- Al Summit NATO a Varsavia, l’Alleanza ha deciso di prolungare il proprio impegno in Afghanistan seguendo così la decisione USA

…E IMPATTO – La decisione di Obama, in termini di conseguenze, avrĂ  chiaramente l’effetto positivo di rafforzare le capacitĂ  operative delle forze afghane e di aumentare altre capacitĂ  cruciali quali la logistica, l’intelligence, l’aviazione, il collegamento, e il controllo territoriale. Il mantenimento di 8,400 truppe USA sul campo e il continuo supporto e addestramento che verrĂ  da esse dato alle forze afghane renderĂ  queste ultime piĂą pronte e preparate a far fronte alla minaccia talebana e a incrementare così la sicurezza all’interno del Paese.
Ciononostante – come Obama stesso ha del resto dichiarato – l’impegno militare da solo non potrĂ  essere sufficiente a far fronte a una situazione di sicurezza in continuo deterioramento. Lo scontro con i Talebani è infatti uno scontro che non coinvolge solo il piano militare. In molte aree del Paese è uno scontro per i cuori e la mente di una popolazione che, vessata da anni di guerra, ha perso ogni fiducia nel Governo centrale e vede spesso nei Talebani gli unici garanti di un livello minimo di stabilitĂ  e gli unici fornitori di servizi pubblici quali istruzione (sebbene esclusivamente quella impartita nelle madrasse), giustizia e sanitĂ .
Nelle parole dello stesso Obama, allora, l’impegno nel processo di nation-building in Afghanistan continua ad essere motivato dalla necessità di supportare sul campo e addestrare militarmente le forze afghane, ma è accompagnato dalla consapevolezza che è necessaria la ricostruzione di un rapporto di fiducia tra la popolazione, il Governo, e le forze militari.

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Fig.3- Il supporto militare USA è essenziale per le forze afghane che nell’ultimo anno si sono viste costrette ad affrontare una minaccia Talebana sempre piĂą violenta

[box type=”note” align=”” class=”” width=””]

Il successo di tale processo di nation-building dipenderĂ  in particolare da:

  • CapacitĂ  di Ghani di rendere il Governo unito e credibile agli occhi della popolazione – Uno dei principali problemi con cui il NUG (National Unity Government) di Ghani e Abdullah deve confrontarsi è il tradizionale tribalismo della politica afghana, che rende difficile per il Governo centrale di Kabul imporre la propria autoritĂ  e il proprio controllo su tutto il Paese e sui gruppi tribali che lo compongono. La sfida principale per Ghani è pertanto rendere il Governo piĂą coeso e rappresentativo. Solo così, infatti, potrĂ  incontrare la fiducia della popolazione e trarre il massimo vantaggio da un supporto militare americano che rimarrebbe altrimenti limitato nella propria capacitĂ  di incrementare la sicurezza del Paese;
  • CapacitĂ  USA di unire alla dimensione militare la dimensione civile – L’impegno che Ghani dovrĂ  profondere nel rendere il Governo coeso dovrĂ  essere accompagnato da un impegno americano (che Obama ha difatti riconosciuto come essenziale) a cooperare con Kabul non solo sul piano militare, ma anche a livello civile, sociale, ed economico nell’introdurre le riforme e i programmi di sviluppo di cui il Paese ha bisogno. Unendo all’approccio militare quello civile, gli USA renderebbero il proprio progetto di nation-building in Afghanistan multidimensionale e – di conseguenza – di maggiore impatto;
  • CapacitĂ  del Quadrilateral Group di indurre i Talebani a negoziare – I vantaggi tattici e logistici che il rinnovato impegno americano darĂ  alle forze afghane sul campo avrĂ  successo solo se questa capacitĂ  di azione sarĂ  affiancata dall’impegno da parte di Afghanistan, USA, Pakistan e Cina a continuare a premere sui Talebani affinchĂ© si siedano al tavolo negoziale e si aprano al dialogo con Kabul. Solo se questo difficile processo verrĂ  messo in moto e mantenuto in vita sarĂ  possibile una stabilizzazione dell’Afghanistan che l’impegno militare da solo non renderebbe possibile. [/box]\

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Fig. 4- Fondamentale per la stabilizzazione e la sicurezza dell’Afghanistan sarĂ  il tentativo di proseguire i dialoghi di pace avviati l’anno scorso da Kabul, Islamabad, Washington e Pechino,  ma purtroppo entrati in una fase di stallo

[box type=”warning” align=”” class=”” width=””]Quali rischi all’orizzonte?

  • Rafforzamento della retorica talebana per una guerra a oltranza – Dal 2001 i Talebani hanno giustificato la propria campagna di attacchi terroristici e le offensive contro civili e militari come volta ad allontanare ogni forza straniera dal suolo afghano. La decisione USA e NATO di rimanere nel Paese rischierebbe pertanto di dare nuovo vigore alla retorica talebana e di essere usata dal gruppo per proseguire la propria campagna di terrore e attrarre nuove reclute;
  • Indebolimento dell’immagine del Partito Democratico – All’alba delle elezioni presidenziali USA, la scelta di Obama potrebbe essere presentata dai detrattori come segno della debolezza e dell’incoerenza della politica estera di un Partito Democratico che nel 2008 aveva promesso agli elettori la fine della guerra in Afghanistan;
  • Afghan Armed Forces non incentivate a rendersi autonome – Un rinnovato coinvolgimento di USA e NATO dopo quello che è stato l’anno piĂą difficile e doloroso per le forze afghane è indubbiamente necessario per fornire all’ANSF il supporto e l’addestramento di cui hanno bisogno. Tuttavia, l’altro lato della medaglia è il rischio che questo continuo coinvolgimento occidentale renda le forze afghane eccessivamente dipendenti dall’aiuto esterno e meno determinate a rendersi autonome nella loro lotta al terrorismo. [/box]

Marta Furlan

Foto di copertina di UN Assistance Mission in Afghanistan pubblicata con licenza Attribution-NonCommercial License

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Marta Furlan
Marta Furlan

Sono nata a Milano nel 1993, e mi sono laureata in Lingue straniere per le Relazioni Internazionali all’UniversitĂ  Cattolica con una tesi sullo sviluppo del terrorismo jihadista da Al Qaeda ad ISIS. Attualmente sto frequentando un Master in European and International Studies presso l’UniveristĂ  di Trento. Le mie aree di interesse principali sono la politica del Medio Oriente e il terrorismo islamico, e la mia grande passione è viaggiare.

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