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Una scelta strategica per Trump

Caffè AmericanoLa scelta del Vice Presidente è la più strategica che i candidati debbano affrontare. Da poco sono stati resi noti i nomi che Donald Trump sta considerando per la nomina, alcuni probabili, altri meno. Vediamo chi sono in questo nuovo Caffè Americano.

LA NOTIZIA – La notizia che Donald Trump abbia passato il week-end del 4 luglio a ponderare la scelta del suo Vice Presidente ha fatto il giro di tutte le testate statunitensi e di ogni canale televisivo. I suoi piani prevedono di annunciare la decisione prima della Republican National Convention a Cleveland il 18 luglio. Gli indizi sulla decisione del magnate sono arrivati da Twitter: lunedì 4 luglio Trump lodava sul social il Senatore dell’Arkansas Tom Cotton, 39 anni, veterano e laureato ad Harvard. Ma la potenziale scelta del tycoon non si limita a lui. Sempre utilizzando i social, Trump ha aggiornato passo per passo il pubblico statunitense sulle sue decisioni, i suoi incontri e le sue impressioni sui candidati.

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Fig. 1 – Trump con Chris Christie: probabile ticket repubblicano per le Presidenziali?

I PIU’ PROBABILI – Uno dei candidati papabili è Chris Christie, ex avversario repubblicano del magnate, uno dei primi a dare il suo endorsement a Trump e uomo con molta esperienza nella politica. L’aver vinto e governato per anni uno Stato tradizionalmente democratico come il New Jersey potrebbe essere un asset per fare in modo che Christie riesca a fare la parte di intermediario in un Congresso così fortemente diviso tra repubblicani e democratici durante l’eventuale amministrazione Trump. Purtroppo, Christie è ancora alle prese con lo scandalo del George Washington Bridge e questo rischia di fare del Governatore un candidato rischioso perché non particolarmente amato sulla scena pubblica e politica. Pochi sono a conoscenza, inoltre, della faida giudiziaria tra Christie e Charles Kushner, consuocero di Trump. Christie, quale U.S. attorney, contribuì a mettere in galera Kushner per evasione fiscale. Potrebbe nascere, quindi, uno scontro interno al partito e alla famiglia. La possibile seconda scelta è la Senatrice dell’Iowa Joni Ernst, una veterana e una ex tenente colonnello della National Guard. Lunedì 4 luglio lei e il magnate si sono incontrati, ma non è chiaro quale sia stato l’esito del meeting nel New Jersey. Sembra però che la Ernst sia stata considerata per essere la Keynote Speaker (la relatrice di principale e di spicco) alla Convention repubblicana. All’incontro hanno partecipato anche Paul Manafort (consulente per Trump e la sua campagna elettorale) e Reince Priebus, il Presidente della Republic National Committee. Scegliere lei significherebbe avere una risorsa in più nell’affrontare la politica militare e internazionale, cosa di cui Trump ha disperatamente bisogno. Inoltre, essendo una donna, potrebbe andare ad attirare le elettrici indecise su chi votare a novembre e togliere di conseguenza qualche voto alla Clinton. La Ernst ha molta esperienza con l’uso dei media e i suoi toni sono molto simili a quelli del magnate. Durante le elezioni del 2014 per il Senato, il suo spot recitava così: “I grew up castrating hogs on an Iowa farm, so when I get to Washington, I’ll know how to cut pork” (sono cresciuta castrando i maiali in una fattoria dell’Iowa, quindi quando arriverò a Washington, saprò come tagliare la loro carne). Questo suo temperamento unito alla sua poca esperienza politica potrebbero essere degli ostacoli. Una possibilità di diventare VP è stata data anche a Newt Gingrich, ex House Speaker e membro del Congresso da 20 anni. In questo caso l’esperienza di certo non manca (Gingrich è stato un candidato repubblicano 4 anni fa) ma nemmeno l’età avanzata (73 anni) e gli scandali. Nel 1998, Gingrich è stato obbligato a dimettersi dopo una relazione con Callista Bisek, membro dello staff del Congresso, continuata perfino durante lo scandalo Lewinsky, per il quale Gingrich aveva avviato un’indagine, dando prova di un’innata incoerenza. Inoltre, durante le elezioni di mid-term nel 2012 ha mostrato un temperamento molto, troppo simile alla nomination repubblicana e questo potrebbe essere un motivo per non candidarlo: un Donald Trump è più che sufficiente.

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Fig. 2 – Joni Ernst potrebbe essere un’outsider interessante nella corsa alla nomination come Vice Presidente

I MENO PROBABILI – Tra i meno considerati per la nomina di VP abbiamo il Governatore dell’Indiana Mike Pence, incontrato da Trump durante il week-end del 4 luglio. Pence ha una notevole esperienza legislativa (requisito espressamente richiesto da Trump) acquisita durante la presidenza alla House Republican Conference. Molto amato dai conservatori e conosciuto dal pubblico (è un ex presentatore radio), inizialmente decise di dare il suo endorsement a Cruz, ma fallì nel tentativo di consegnare il suo Stato al Senatore del Texas durante le primarie. Il pericolo è che Pence fallisca anche nel consegnare voti a Trump a novembre. Il magnate ha espresso interesse anche nei confronti di Jeff Sessions, Senatore dell’Alabama, il primo a donare il proprio endorsement a Trump. Purtroppo per lui, Sessions non è molto conosciuto tra gli statunitensi e non porterebbe nessun vantaggio elettorale al tycoon. Ulteriore possibile candidato è il Senatore del Tennessee Bob Corker, ex sindaco di Chattanooga e ricco imprenditore con molta esperienza nella politica estera dato il suo ruolo di Presidente della Senate Foreign Relations Committee. La sua critica a Trump dopo gli insulti del magnate al giudice di origini messicane che dovrà giudicarlo per la frode della Trump University, però, potrebbe non essere stata dimenticata. Abbiamo poi John Thune, Senatore del Sud Dakota, Mary Fallin, Governatore dell’Oklahoma, Rick Scotto, Governatore della Florida e Richard Burr, Senatore del North Carolina. I riflettori sono anche su Ted Cruz. È da tempo che il suo nome viene affiancato a Trump, ma non ci sono ancora state conferme ufficiali. Avere Cruz nel team significherebbe avere il supporto dei conservatori e riavvicinare l’establishment in rivolta contro Trump. Cruz però non ha ancora dichiarato il suo endorsement alla nomination repubblicana e potrebbe non averlo perdonato per aver suggerito che il padre avesse preso parte nell’omicidio di Kennedy. Tra pochi giorni sapremo quale sarà la scelta definitiva e come questa potrà rigirare le carte in tavola nelle elezioni presidenziali.

Giulia Mizzon

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Lo scandalo del Washington Bridge consiste nella chiusura nell’ora di punta di una corsia del ponte voluta da Chirstie, per creare un blocco del traffico e vendicarsi (a detta di investigatori, giornalisti e critici) sul sindaco di Fort Lee Mark Sokolich, il quale nel 2013 si rifiutò di dare il suo endorsement al Governatore del New Jersey. [/box]

Foto: Gage Skidmore

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Giulia Mizzon
Giulia Mizzon

Nata a Imperia nel 1992, laurea magistrale in Politiche Europee e Internazionali all’Università Cattolica di Milano. Affascinata dalle dinamiche della politica internazionale, frequento un Master in International Relations all’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali. Confesso di essere un’amante degli States, sempre presenti nei miei programmi futuri, e una lettrice accanita di qualsiasi cosa mi capiti sottomano.

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