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Fuori legge? Forse no

La messa al bando del Demokratik Toplum Partisi (DTP), decretata dalla Corte Costituzionale turca circa una settimana fa, ha riportato la Turchia nel baratro del conflitto inter-etnico che ha caratterizzato quasi trent’anni di storia del paese

LA SENTENZA – E’ di qualche giorno fa la notizia della decisione della Corte Costituzionale turca che ha bandito il Demokratik Toplum Partisi (DTP). La decisione è stata presa in quanto, secondo la sentenza, sono chiari i legami che esistono tra il DTP e il gruppo armato curdo del PKK ed è accertato come il partito conduca attività che mettono in pericolo l’indipendenza dello Stato e la sua unità. La Corte perciò ha dato ragione al procuratore capo della Suprema Corte d'Appello, Abdurrahman Yalcinkaya, che avanzò tale richiesta di messa al bando nel 2007, portando ben 141 prove dei legami tra DTP e PKK. La decisione di chiudere il partito curdo potrebbe essere stata presa alla luce delle ultime manifestazioni dei primi di dicembre, a sostegno del co-fondatore del Pkk Abdullah Ochalan, tenutesi nel sud est turco e organizzate dallo stesso DTP. Nelle manifestazioni si lamentavano le condizioni del prigioniero politico curdo, ma il fine ultimo era quello di muovere l’opinione turca verso un’apertura anche nei confronti di Ochalan, visto da molti come l’unico in grado di risolvere il conflitto interno con il PKK. 

LA REAZIONE DEL DTP – Il giorno prima della sentenza, il leader del partito Ahmet Turk ha definito una “scelta politica” la possibile chiusura del DTP. “Il procedimento sulla chiusura del Dtp costituisce un esame per l’Iniziativa democratica del governo – ha detto il segretario Turk nel corso di un intervento nel parlamento di Ankara – nell’eventualità che venisse presa una decisione di chiusura, questo assumerebbe il significato di un colpo di Stato politico”. All’indomani della decisione di messa al bando, il partito ha deciso il ritiro di tutti i 21 parlamentari curdi che facevano parte della grande coalizione di governo capeggiata dal partito AKP.  Ma in queste ultime ore si tratta per un reintegro dei deputati nel Parlamento, grazie all’intervento del governo, e nello specifico del vice primo ministro Bulent Arinc, che ha cercato di creare una linea di dialogo con i membri dell’ex partito. Dietro questa scelta c’è la chiara intenzione di rimediare al vuoto politico lasciato dal DTP all’interno della coalizione di governo, considerando come in questo periodo i partiti all’opposizione stiano cercando di creare tutti i presupposti per la caduta del partito di Erdogan.

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LA REAZIONE DELLAPIAZZA” – Scontri e manifestazioni di protesta sono avvenute e avvengono tuttora in tutta la Turchia, la stessa Istanbul ha visto una serie di violenti scontri tra polizia e sostenitori curdi. Ad una settimana dalla decisione della Corte si sono registrati due morti e decine di feriti durante le manifestazioni e la situazione non tende a migliorare, nonostante il messaggio del presidente della Repubblica Gul a cercare un impegno comune nel risolvere questa crisi interna. Ma c’è anche il movimento nazionalista turco dietro le manifestazioni di questi giorni, e non sono mancati momenti di tensioni tra i “lupi grigi” ed i manifestanti curdi. Il rischio che la situazione possa degenerare in una vero e proprio scontro tra nazionalisti e curdi è molto concreto; non viene perciò sottovalutata la possibilità di dichiarare lo stato d’emergenza, con la relativa introduzione della legge marziale, per placare le violente proteste soprattutto nelle provincie di Mus e Diyarbakir. Un provvedimento che potrebbe accentuare i contrasti all’interno della società turca, creando immancabilmente una frattura difficile da risanare, tanto più che le posizioni dell’Esercito sono sempre state molto chiare nei confronti dei curdi ed è perciò plausibile che un eventuale “scesa in campo” dell’apparato militare turco possa irrimediabilmente bloccare il processo di apertura democratica promosso da Erdogan questa estate. 

PROSPETTIVE – La mossa del governo per cercare di riportare i deputati del DTP in una coalizione parlamentare indipendente, è un chiaro segnale di come in questo momento in Turchia agiscano diverse forze, spesso contrastanti. Il governo del AKP è stato l’iniziatore di questo nuovo periodo di riforme tese a risolvere la questione curda in Turchia, ma dall’altra parte ci sono forze come i movimenti nazionalisti e lo stesso Esercito che non vedono di buon occhio un’apertura democratica nei confronti della minoranza curda, poiché aleggia sempre lo spettro dell’indipendentismo e la paura che tutto ciò possa intaccare l’unità nazionale turca. Detto ciò, i prossimi giorni saranno decisivi per cercare di delineare quali siano le reali forze in campo capaci di riportare il paese sulla giusta strada, sullo sfondo si delinea uno scontro tra due compagini formate da “conservatori” e “riformisti”. Una storia che si ripete. 

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