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Germania-Polonia: storia del confine d’Europa

EuroCaffè − Germania-Polonia è una grande classica del calcio europeo, carica di profondi significati politici, simbolici e culturali. Una partita che testimonia i grandi passi in avanti fatti da Berlino e Varsavia nelle loro relazioni bilaterali, ma anche le persistenti tensioni legate al controverso confine che divide le due nazioni. E ai nodi irrisolti del loro tragico passato, segnato da feroci conflitti e persistenti diffidenze. 

LA PARTITA DI PODOLSKI – Gli Europei di quest’anno saranno probabilmente gli ultimi che Lukas Podolski giocherà con la maglia della Nazionale tedesca. Ormai trentunenne, l’ex attaccante di Bayern Monaco e Arsenal – ora in forza al Galatasaray – si sta avvicinando infatti alla fine della sua straordinaria carriera, iniziata nelle giovanili del Colonia nei primi anni Duemila. Già la sua convocazione per gli Europei è stata oggetto di aspre polemiche giornalistiche, con l’accusa di essere andato in Francia solo per fare da “mascotte” per i suoi compagni più giovani, rubando il posto al talentuoso Marco Reus del Borussia Dortmund. Un’accusa che Podolski ha respinto sdegnosamente in conferenza stampa, rivendicando i propri meriti con la maglia della Nazionale (128 presenze e 48 goal all’attivo) e promettendo di dare il massimo a sostegno della squadra, alla ricerca del titolo continentale dopo la strepitosa vittoria al Mondiale di due anni fa. A cominciare dalla partita decisiva con la Polonia, da sempre uno dei match più sentiti e impegnativi per il capocannoniere del Galatasaray.

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Fig. 1 – Lukas Podolski

Sì, perché Podolski è nato a Gliwice, nella Polonia meridionale, e si è stabilito in Germania con la famiglia solo nel 1987, approfittando delle leggi che consentono il ritorno in patria alle persone di origine tedesca residenti nei Paesi dell’Europa orientale (leggi poi ristrette geograficamente all’area post-sovietica dopo il 1992). Meglio conosciute come Aussiedler, queste persone – tra cui i nonni paterni di Podolski – avevano infatti goduto della cittadinanza tedesca sin dalla metà degli anni Trenta, perdendola poi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e venendo costrette ad adottare la cittadinanza dei loro nuovi Paesi di residenza, Polonia inclusa. Una scelta obbligata per evitare le espulsioni di massa alle quali furono soggette molte comunità tedesche nella regione nei primi anni del dopoguerra, frutto amarissimo delle brutali politiche di occupazione naziste durante il conflitto. Nonostante le difficoltà, molti Aussiedler riuscirono comunque a integrarsi con successo nelle loro nuove patrie, diventando polacchi, cecoslovacchi o romeni a tutti gli effetti. È il caso del padre di Podolski, Waldemar, che ebbe una lunga e onorata carriera nel campionato calcistico polacco, indossando la maglia di diverse squadre come il Concordia Knurów e il ROW Rybnik. A partire dagli anni Ottanta furono poi impellenti necessità economiche a spingere gli Aussiedler a emigrare in Germania, riprendendo la cittadinanza originaria delle loro famiglie. Cosa avvenuta anche per Podolski e i suoi genitori, stabilitisi nella cittadina di Bergheim, poco distante da Colonia, dove sono poi rimasti sino a oggi. Cresciuto bilingue, Lukas non ha mai preso il passaporto polacco, ma ha più volte confessato di provare sentimenti profondi verso il suo Paese d’origine. Non a caso si è sposato nel 2011 proprio in Polonia, nella contea di Wegrów, ed è un accanito sostenitore del KS Górnik Zabrze, uno dei più famosi club calcistici polacchi. Cosa che non gli ha impedito comunque di giocare e segnare spesso contro la Nazionale polacca, in compagnia dell’amico e collega Miroslav Klose, anche lui un Aussiedler proveniente dal sud della Polonia.

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Fig. 2 – Miroslav Klose

UNA LINEA D’ODIO E DI RANCORE – Il successo calcistico del duo Podolski-Klose e la loro perfetta integrazione nella società tedesca hanno rappresentato simbolicamente un momento molto felice nelle relazioni tedesco-polacche, mostrando la capacità dei due Paesi di superare le violente tensioni che hanno caratterizzato la loro storia comune nel secolo scorso. Soprattutto, le vicende di Podolski e Klose hanno dimostrato la possibilità concreta di attraversare il controverso confine sulla linea Oder-Neisse senza lasciarsi toccare dalle passioni nazionalistiche ancora presenti sia a Berlino che a Varsavia. Al contrario, la loro tranquilla normalità bilingue e biculturale – con Klose che parla regolarmente in polacco coi figli – suggerisce un’atmosfera di relativa cordialità e amicizia tra i due lati del confine, cosa che è per lungo tempo sfuggita in passato, con gravi conseguenze per la pace europea. Sin dall’incorporazione di buona parte della Polonia occidentale nel regno di Prussia, avvenuta alla fine del XVIII secolo, i rapporti tra polacchi e tedeschi sono stati infatti contrassegnati da diffidenza e ostilità, con i primi ben decisi a difendere la propria identità linguistica e culturale dai tentativi di germanizzazione forzata portati avanti dai secondi.  Tentativi sostenuti senza esitazione da Otto von Bismarck, per esempio, la cui Polenpolitik del periodo post-unificazione finì per creare un solco profondo tra i due popoli nelle regioni di Posen e della Prussia occidentale, alimentando i sentimenti nazionalistici delle locali comunità polacche. Riuniti intorno al Partito NazionalDemocratico di Roman Dmowski, molti polacchi cominciarono a vedere la Germania come un nemico irriducibile della propria nazionalità, da combattere con la stessa intransigenza riservata alla Russia, nemico storico dell’indipendenza della propria patria.

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Fig. 3 – Il partito Giustizia e Libertà manifesta davanti alla statua di Roman Dmowski a Varsavia

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale portò inizialmente a un relativo disgelo tedesco-polacco, sostenuto dalla comune ostilità all’Impero zarista. Nel 1916 il Governo tedesco promise la creazione di un regno polacco indipendente nei territori orientali strappati alla Russia, ma escluse categoricamente l’inclusione delle proprie province polacche nel nuovo Stato. Ciò provocò l’aperto malcontento di molti nazionalisti polacchi, che appoggiarono la nascita del Comitato Nazionale Polacco a Parigi, sotto la guida di Dmowski e Ignacy Paderewski, volto a ottenere il sostegno delle potenze dell’Intesa alla causa. Un sostegno arrivato poi con molta riluttanza, soprattutto da parte di Gran Bretagna e Stati Uniti, ma che portò comunque all’inclusione delle aspirazioni indipendentistiche polacche nell’agenda politica degli Alleati per il dopoguerra. Dopo la sconfitta della Germania nel novembre 1918, il Partito Nazional-Democratico organizzò una serie di insurrezioni che portarono buona parte della regione di Posen sotto il proprio controllo, incorporando tale territorio – abitato da molti tedeschi – all’interno dei confini del nuovo Stato polacco. Il tentativo di fare la stessa cosa con diverse province della Prussia occidentale, però, provocò la violenta reazione delle locali comunità tedesche, ben decise a far valere il proprio diritto di autodeterminazione nazionale e a restare legate alla propria madrepatria. Lo stesso avvenne nella grande città portuale di Danzica, che divenne presto l’oggetto di un feroce contenzioso diplomatico tra il Governo di Berlino e quello di Varsavia. Nel 1920-21 una serie di plebisciti in Masuria-Ermland e Alta Slesia assicurarono la parziale permanenza di tali regioni nel Reich tedesco, pur tra violenti scontri inter-etnici e interventi politico-militari alleati, mentre Danzica divenne una “città libera” sotto l’egida della Società delle Nazioni. Questi accordi non risolsero però il problema delle minoranze tedesche e polacche rimaste al di là del nuovo, controverso confine nazionale tra i due Paesi. Né portarono a un allentamento delle tensioni politiche e militari tra Berlino e Varsavia, che conobbero anzi un’ulteriore intensificazione dopo l’ascesa al potere dei nazisti nel 1933.

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Fig. 4 – Panoramica di Danzica

Per Hitler, l’incorporazione di larghe comunità di tedeschi etnici nello Stato polacco era infatti inaccettabile e, dopo un iniziale rapprochement con Varsavia in funzione anti-sovietica, il suo regime si adoperò presto per rinfocolare i sentimenti nazionalistici dei tedeschi in Polonia e per minare l’autorità del Governo polacco nei territori contesi dell’Alta Slesia e della Prussia occidentale. Da qui la decisione di concedere ufficialmente la cittadinanza agli Aussiedler in Slesia, per esempio, o le continue attività propagandistiche di organizzazioni come la Deutsche Akademie di Karl Haushofer, controverso padre della geopolitica tedesca. Il climax di questa campagna anti-polacca venne naturalmente raggiunto con l’invasione militare della Polonia nel settembre 1939, giustificata ufficialmente in difesa della popolazione tedesca di Danzica e della Pomerania orientale. Dopo la rapida distruzione dello Stato polacco, eseguita in combutta con l’Unione Sovietica di Stalin, Hitler riannesse buona parte della Slesia e dell’area di Posen alla Germania e riorganizzò il resto del Paese in un Governatorato Generale affidato al suo fedele collaboratore Hans Frank, che procedette in tempi brevi allo sterminio delle locali comunità ebraiche e alla riduzione in schiavitù della popolazione polacca. Migliaia di contadini polacchi furono infatti espulsi dalle loro terre per far posto a contadini tedeschi; migliaia di bambini polacchi furono strappati alle loro famiglie dalle SS e affidati a famiglie tedesche per portare avanti i programmi di “purezza razziale” del Terzo Reich; migliaia di lavoratori polacchi furono deportati in Germania a sostegno dello sforzo bellico hitleriano. Inutile dire che queste brutali politiche alimentarono profondamente l’odio della popolazione polacca verso i tedeschi, e furono alla base delle violente espulsioni delle comunità tedesche dalla Prussia occidentale e dalla Slesia dopo la sconfitta dei nazisti nel 1945. Queste espulsioni furono anche favorite dalla ridefinizione dei confini polacchi decisa dalle potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale, in particolare dall’Unione Sovietica, che ottenne l’annessione permanente di larga parte della Polonia orientale. Ciò portò a un significativo spostamento a occidente del confine polacco con la Germania, che venne stabilito lungo la linea dei fiumi Oder e Neisse, a poche ore di treno da Berlino. Tutti i territori a oriente di tale linea, inclusa larga parte della Prussia orientale, divennero parte integrante del ricostituito Stato polacco. E i locali abitanti tedeschi furono costretti a fare le valigie o, come nel caso degli Aussiedler, a diventare cittadini polacchi rinunciando alla propria identità tedesca.

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Fig. 5 – Varsavia durante la Seconda Guerra Mondiale

UN LUNGO DOPOGUERRA – Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e la massiccia espulsione della popolazione tedesca dai territori contesi, le relazioni tra la Polonia e la Germania conobbero una fase di relativo stallo, favorita anche dalla divisione della nazione tedesca in due Stati appartenenti ai blocchi contrapposti della Guerra Fredda. Membro insieme alla Polonia del blocco sovietico, la Germania Est riconobbe rapidamente il nuovo confine dell’Oder-Neisse con il trattato di Zgorzelec del 1950, che sancì anche la divisione permanente di città come Küstrin, Görlitz e Francoforte sull’Oder. Al contrario la Germania Ovest – membro della NATO dal 1955 – rifiutò di riconoscere tale confine sino agli anni Settanta, rivendicando spesso i diritti delle minoranze tedesche espulse dalle regioni occidentali della nuova Polonia. L’ascesa politica di Willy Brandt e l’avvio della cosiddetta Ostpolik verso il blocco sovietico portarono infine a un significativo cambio di rotta da parte del Governo di Bonn: nel 1970 lo stesso Brandt e il primo ministro polacco Cyrankiewicz firmarono infatti il trattato di Varsavia con cui si impegnavano reciprocamente a rispettare la nuova linea di confine stabilita sull’Oder-Neisse in attesa della firma di un trattato di pace definitivo tra la Germania e le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale. Due anni dopo, pur tra le feroci proteste di CDU e CSU, il trattato venne approvato dal Bundestag e chiuse temporaneamente la questione, facilitando un sensibile riavvicinamento diplomatico e commerciale tra Bonn e Varsavia. Negli anni Ottanta questo riavvicinamento divenne ancora più forte, come testimoniato dalla facile emigrazione di molti Aussiedler polacchi in Germania Ovest, e preparò gradualmente il terreno ai grandi sconvolgimenti del biennio 1989-91, con la disintegrazione del blocco sovietico e la riunificazione delle due Germanie in un unico Stato sovrano. Forte dei cambiamenti internazionali in corso, il cancelliere tedesco Kohl decise infatti di chiudere definitivamente il nodo irrisolto del confine con la Polonia, in modo da favorire la riunificazione nazionale e la pacifica riconciliazione della Germania con i suoi vicini orientali.

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Fig. 6 – Il cancelliere tedesco Willy Brandt di fronte alla Tomba al Milite ignoto di Varsavia nel 1970

La decisione di Kohl portò quindi alla firma di un vero e proprio trattato di confine tedesco-polacco nel novembre 1990, in cui sia il Governo tedesco che quello polacco riconfermarono la linea Oder-Neisse come propria frontiera ufficiale, dichiarandola inviolabile e rinunciando a ulteriori pretese territoriali oltre ad essa. Al trattato, ratificato dai due Parlamenti nazionali nell’autunno 1991, fece poi seguito un ulteriore trattato di buon vicinato e amichevole cooperazione, dove i due Paesi si impegnavano a rispettare i diritti delle rispettive minoranze etniche residenti sul proprio territorio e a promuovere forme di cooperazione culturale bilaterale. Con la firma di questi due trattati, l’annosa questione del confine, che aveva avvelenato i rapporti tra le due nazioni sin dalla Prima Guerra Mondiale, venne di fatto archiviata, creando le condizioni per una proficua collaborazione tra Berlino e Varsavia nel contesto europeo. Di lì a poco, la Polonia iniziò infatti il proprio percorso di ingresso nell’Unione Europea, pienamente supportata dalla Germania, e la felice conclusione di tale percorso nel 2004 sembrò chiudere una volta per tutte i rancori e i sospetti del lungo dopoguerra tedesco-polacco, iniziato tragicamente con l’espulsione delle comunità tedesche dalle regioni della Polonia occidentale.

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Fig. 7 – I fratelli Kaczynski, Lech e Jaroslaw

TENSIONI E DISTENSIONI – Ma così non è stato. L’ascesa del Partito nazionalista Giustizia e Libertà (PiS), guidato dai fratelli Kaczynski, ha infatti comportato un riaccendersi delle vecchie tensioni tra i due Stati nei tardi anni Duemila, con richieste spesso sguaiate di riparazioni diplomatiche o economiche per i torti del passato e insulti xenofobi da ambo i lati della linea Oder-Neisse. Nonostante un nuovo periodo di distensione tra il Governo di Angela Merkel e quello centrista di Donald Tusk dopo il 2010, e i continui richiami a una maggiore cooperazione bilaterale da parte dell’ex presidente Lech Walesa, il recente ritorno al potere del PiS promette di creare nuovi motivi di conflitto tra Berlino e Varsavia, alimentati dalle tendenze autoritarie del nuovo esecutivo di Beata Szydlo e dai contraccolpi politico-militari della crisi ucraina. Inoltre, pesano anche le tensioni provocate dalla grave crisi dei rifugiati che sta investendo l’intera Unione Europea, con la Polonia a capo dello schieramento di Paesi orientali che si oppongono duramente alle politiche di accoglienza promosse dal Governo Merkel. Un’opposizione che si manifesta ormai in maniera palese lungo il confine dell’Oder-Neisse, dove le autorità polacche stanno gradualmente ricostituendo forme di controllo per paura di un massiccio flusso di rifugiati e migranti dalla Germania. Fino a poco tempo fa aperta e pacifica, la frontiera tra i due Paesi si sta dunque “militarizzando” nuovamente – se non ancora a livello fisico, certo a livello retorico, con l’antico disprezzo tedesco verso la “arretratezza” polacca da un lato e il ritorno dei miti nazionalistici polacchi dall’altro. E alla retorica possono spesso seguire i fatti, come dimostrato tragicamente nella prima metà del secolo scorso. Una situazione preoccupante, che ha spinto molti diplomatici tedeschi e polacchi a chiedere maggiore prudenza ai propri Governi, volta a resuscitare lo spirito d’intesa dei primi anni Novanta. Ma anche un’amichevole e spettacolare partita tra le due Nazionali agli Europei potrebbe aiutare a stemperare le tensioni tra Berlino e Varsavia. Un’altra responsabilità non da poco sulle spalle di Lukas Podolski, capocannoniere di Gliwice con passaporto tedesco.

Simone Pelizza

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Oltre a essere entrambi Aussiedler provenienti dalla Polonia meridionale, Klose e Podolski condividono un’altra caratteristica singolare. Entrambe le loro madri sono state infatti giocatrici della nazionale polacca di pallamano nei tardi anni Settanta.[/box]

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Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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