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Inghilterra-Russia: spy sport

EuroCaffè – I rapporti tra Londra e Mosca non sono idilliaci. Anzi. I due Paesi difficilmente la pensano allo stesso modo sulle più importanti questioni geopolitiche e anche lo sport rappresenta un terreno di scontro.

LO SPORT, SECONDO PUTIN – Vladimir Putin ritiene lo sport essenziale. Addirittura vitale. Attraverso lo sport il leader del Cremlino intende consolidare il suo potere, creando consenso tra la popolazione russa — un po’ come fece qualche regime autoritario del XX secolo, — e di proiettare all’estero l’immagine di un Paese competitivo, in grado di affrontare qualunque sfida. Con sua grande soddisfazione, negli ultimi anni Putin è riuscito ad assicurarsi la possibilità di ospitare i Mondiali di atletica leggera e le Universiadi nel 2013; i Giochi olimpici e paraolimpici invernali e il Gran premio di F1 a Sochi (2014); i Mondiali di nuoto (2015); i Mondiali di hockey su ghiaccio (2016), i Mondiali FIFA nel 2018 e quindi anche la Confederations Cup 2017. Un evento sportivo internazionale non è mai fine a se stesso: organizzare un mondiale di calcio, un’Olimpiade (invernale o estiva) permette al Paese ospitante di costruire importanti infrastrutture — impianti sportivi, metropolitane…, — di attirare le attenzioni dell’intero pianeta e di dimostrare la propria forza sportiva e non. Pensate ai Giochi olimpici invernali organizzati a Sochi, nel Caucaso, ovvero nella regione più instabile dell’immensa Federazione russa, dove la presenza dei fondamentalisti islamici aveva messo in discussione la perfetta riuscita dell’evento. Noncurante delle minacce — l’allora leader jihadista Doku Umarov, ucciso dai russi, dichiarò di voler organizzare degli attentati in occasione dei Giochi, — Putin ospitò comunque la competizione che si svolse senza spargimenti di sangue.
Ma lo sport può essere uno strumento utile anche per chi intende ledere l’immagine del Presidente russo. O quantomeno per rendergli la vita un pochino più difficile. A Londra, dove non nutrono grande simpatia per l’ex agente del KGB, lo hanno capito da tempo.

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RUSSIA 2018 A RISCHIO BOICOTTAGGIO? – Nel settembre 2014, a nove mesi dallo scoppio della crisi ucraina e il conseguente deterioramento dei rapporti tra Mosca e Bruxelles, l’Unione europea considerò la possibilità di escludere la Russia da tutti gli «eventi internazionale culturali, economici o sportivi di primo piano», paventando anche il boicottaggio dei Mondiali di calcio del 2018. Salvo poi ripensarci, con grande dispiacere del premier britannico David Cameron che, secondo fonti diplomatiche citate dal The Telegraph, era tra i principali sostenitori della linea dura e dell’allora l’allora vice primo ministro Nick Clegg. Secondo cui, togliere a Mosca il diritto di ospitare il Mondiale sarebbe una stata una «più che potente sanzione politica e simbolica». La delusione per essere stati preferiti alla Russia — l’Inghilterra era tra i Paesi in lizza per ospitare la competizione nel 2018 — c’entra probabilmente poco. I motivi erano ben altri. Politici — il boicottaggio avrebbe danneggiato l’immagine della Russia, isolandola ulteriormente dal contesto internazionale — ed economici: nel settembre 2014 Mosca aveva già investito parecchi soldi per la costruzione degli impianti sportivi e delle infrastrutture necessarie per ospitare l’evento.
La proposta di boicottaggio non fu condivisa né dalla Germania né dall’allora presidente della FIFA, Joseph Blatter. «È necessario giocare il campionato in Russia, perché contribuirà a pacificare la Crimea e la regione», spiegò il numero uno dell’Organizzazione che governa il calcio mondiale. Una presa di posizione che (forse) gli costò il posto. Alla vigilia dell’elezioni presidenziali della FIFA, sette dirigenti FIFA furono arrestati nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla magistratura statunitense e dall’FBI, con l’accusa di partecipare da oltre un ventennio a «un’associazione a delinquere volta ad arricchirsi attraverso la corruzione e il riciclaggio di denaro». Tra le altre cose, l’inchiesta metteva in dubbio la regolarità dell’assegnazione dei Mondiali del 2018 e del 2022. La cosa infastidì molto il Cremlino. A Mosca non esitarono a difendere Joseph Blatter, che nonostante la vittoria alle elezioni fu costretto comunque a dimettersi qualche giorno dopo la sua rinomina ai vertici della FIFA. Ma il mondo del pallone non è stato l’unico terreno di scontro tra la Russia e una parte dei Paesi occidentali.

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LO SCANDALO DOPING – Secondo il leader del Cremlino, «le vittorie sportive sono più efficaci di centinaia di slogan politici per rafforzare l’identità nazionale». Eppure le vittorie sportive per essere realmente tali devono essere ottenute in modo onesto. Putin ne è consapevole e probabilmente è rimasto infastidito dall’inchiesta condotta dall’emittente televisiva tedesca ARD che, denunciando l’utilizzo sistematico del doping da parte degli atleti russi con il beneplacito del ministero dello Sport, ha gettato delle ombre sui recenti successi sportivi russi — solo in occasione delle ultime due Olimpiadi (Pechino 2008 e Londra 2012) la Russia ha conquistato in tutto 153 medaglie,— spingendo inoltre la WADA, l’agenzia mondiale anti-doping, a condurre un’indagine che ha confermato le accuse dei reporter dell’ARD, che non furono gli unici a interessarsi a questa storia: nei mesi successivi anche la CBS e il New York Times raccolsero le testimonianze di alcune persone direttamente coinvolte nella vicenda.
L’inchiesta della WADA ha avuto ripercussioni significative — il 17 giugno la IAAF, l’Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica leggera, deciderà se ammettere l’atletica russa alle Olimpiadi di Rio, dopo averla sospesa a tempo indeterminato, sulla base dell’Articolo 6.11 (comma b) e dell’articolo 14.7 del ordinamento IAAF — e ha creato qualche malumore al Cremlino. Dopo aver bollato inizialmente l’inchiesta della WADA come l’ennesimo “complotto” da parte dell’Occidente, Mosca ha deciso di collaborare. Il 25 maggio, il Comitato olimpico russo ha riferito che 14 atleti russi sono risultati positivi ai test anti-doping eseguiti su campioni raccolti durante le olimpiadi di Pechino del 2008. Tra i 14 atleti, secondo la televisione di stato russa, ci sono anche la Yulia Chermoshanskaya, che vinse la medaglia d’oro nella staffetta 4×100, Maria Abakumova, medaglia d’argento nel lancio del giavellotto, e Anna Chicherova, medaglia di bronzo nel salto in alto.

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Yulia Chermoshanskaya

LE REAZIONI INGLESI – Una volta diffusi i risultati dell’inchiesta WADA, Londra ha evitato attacchi frontali. «Lo scandalo doping che ha coinvolto l’atletica russa e il ciclista Lance Armstrong o le scene vergognose che si svolgono presso la FIFA, la ricerca della vittoria e del profitto a tutti i costi lasciano l’amaro in bocca», si limitò a commentare il segretario di Stato britannico per il Business, l’Innovazione e i Talenti, Sajid Javid. «Come Governo stiamo cercando di promuovere e sostenere lo sport, per mantenere le persone in forma fisica e in attività», concluse.
Soltanto in un recente policy paper — Against Corruption: a collection of essay,— il premier britannico David Cameron ha punzecchiato (indirettamente) il Cremlino: «Dobbiamo smettere di considerare un successo sportivo del nostro Paese come un distintivo di onore, perché non importa un briciolo se conquistiamo il primo o il secondo posto nella classifica delle medaglie», ha osservato. «Noi dovremmo ascoltare Vitaly Stepanov [il russo che ha denunciato l’uso sistematico del doping da parte degli atleti russi, ndr]. Lui — ha concluso Cameron — ci ricorda cosa conta e cosa no». Infine, una considerazione. Non dobbiamo credere che il doping sia un fenomeno circoscritto ad un solo Paese: l’ultimo rapporto della WADA ha contato centinaia di violazioni nel corso del 2014 e il nostro Paese è il secondo al mondo con più casi di doping (132) dopo la Russia, prima con 148 violazioni. Ma anche gli altri non scherzano. Gran Bretagna inclusa.

Mirko Spadoni

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Le probabili formazioni

Inghilterra(4-3-1-2): Hart; Walker, Smalling, Cahill, Rose; Henderson, Dier, Wilshere; Rooney; Vardy, Kane.
All. Hodgson

Russia (4-2-3-1): Akinfeev; Smolnikov, Ignashevich, V. Berezutski, Schennikov; Golovin, Glushakov; Kokorin, Shirokov, Shatov; Dzyuba.
All. Slutsky

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Foto: NazionaleCalcio

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Mirko Spadoni
Mirko Spadoni

Romano, classe ’88, ha abbandonato i suoi sogni di gloria molto presto: sarebbe voluto diventare presidente di una squadra di calcio. E così, dopo aver conseguito una laurea in Comunicazione, ha deciso di limitarsi a raccontarne le gesta (dei presidenti e dei loro stipendiati, s’intende). Compreso che il pallone – e la Lazio – non sono tutto nella vita, si è dedicato anche ad altro: alla politica e all’economia per un quotidiano online di un istituto di ricerca, per poi innamorarsi definitivamente della geopolitica. Una passione che coltiva con buona pace della letteratura e dei colori biancocelesti.

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