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UK Vs Brexit, Paese per Paese – IV

Mentre il decisivo voto britannico del 23 giugno si avvicina, vediamo quali sono le posizioni al riguardo di Estonia, Cipro, Portogallo, Slovenia, Grecia, Slovacchia e Romania

ESTONIA – CONTRARIA

Tallinn vede in Londra il principale partner di Washington all’interno dell’UE (vedi chicco in più), e quindi un proprio naturale alleato sulla questione russa – e in generale in materia di sicurezza all’interno dell’Unione – e non solo. Nell’ottica dell’Estonia un’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’UE potrebbe dunque influire negativamente sulla sicurezza del Baltico, indebolendo la posizione di Tallinn e rendendo l’Unione più vulnerabile alle pressioni di Mosca. Questo proprio quando l’Estonia si sente in prima linea di fronte a una risorgente potenza russa, il cui contenimento è diventato questione prioritaria, soprattutto dopo lo scoppio della crisi ucraina. L’effetto della Brexit più temuto dall’Estonia non è quindi (o non è solo) un’eventuale crisi dell’UE, ma soprattutto un indebolimento delle relazioni transatlantiche, e quindi della NATO, organizzazione che nella politica di sicurezza nazionale estone riveste un ruolo molto più importante dell’Unione europea.

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Fig. 1 – Il legame tra Londra e Washington è garanzia per i Paesi dell’Europa orientale che, in caso di Brexit, l’attuale atteggiamento dell’UE verso la Russia non cambierà

CIPRO – CONTRARIO

La Gran Bretagna è il secondo partner commerciale di Cipro dopo la Grecia e il Paese da cui arriva la maggior parte dei turisti che ogni anno visitano l’isola. Inoltre Cipro è membro del Commonwealth e ha con Londra numerosi ed importanti legami storici e culturali. Non va poi dimenticato che sull’isola risiede una nutrita comunità britannica. È naturale che Nicosia sia seriamente preoccupata dagli effetti di una possibile Brexit. In aggiunta l’economia cipriota è ancora segnata dagli effetti della crisi economica che ha colpito l’isola con violenza nel 2013 e il Governo teme che le inevitabili tensioni sui mercati finanziari conseguenti ad un’uscita della Gran Bretagna dall’UE potrebbero riaprire la mai veramente risolta crisi dell’euro, mettendo in difficoltà i Paesi dell’Europa meridionale, tra cui la stessa Cipro. Nel caso di Brexit, comunque, è probabile che il Governo dell’isola si schieri decisamente in favore di un atteggiamento conciliante nei confronti di Londra nell’ambito delle negoziazioni tra l’Unione e la Gran Bretagna, visti i rilevanti interessi economici e la relazione speciale che lega i due Paesi.

PORTOGALLO – INCERTO

Portogallo e Gran Bretagna sono stati legati per secoli e la loro relazione rimane importante anche oggi, alla luce di importanti legami sociali, economici e finanziari. Tuttavia, dal momento dell’adesione del Portogallo all’UE (1986), i sentieri di Lisbona e Londra hanno preso direzioni diverse. Mentre la prima, infatti, si è integrata maggiormente nell’Unione ed è diventata addirittura membro dell’Eurozona, la seconda guarda all’UE, di cui comunque fa parte, con un certo distacco, quando non con aperto scetticismo. Questo pone il Portogallo di fronte ad un dilemma. Da un lato, infatti, la partenza di Londra potrebbe favorire la coesione all’interno dell’Unione. Dall’altro, però, Lisbona sarebbe economicamente e socialmente danneggiata da un’eventuale Brexit. Questo dilemma probabilmente si riproporrebbe nelle negoziazioni successive ad un’uscita del Regno Unito dall’UE. Gli anni della crisi economica hanno reso l’opinione pubblica portoghese più ostile all’Unione. Ostilità che è cresciuta a seguito della rinegoziazione ottenuta quest’anno dal premier britannico Cameron. Inoltre non bisogna dimenticare che l’esecutivo portoghese è sostenuto anche da partiti di estrema sinistra ed euroscettici, che difficilmente saranno inclini a concedere facilmente a Londra uno status speciale al di fuori dell’UE. Nonostante ciò, è tuttavia probabile che i calcoli economici e sociali spingeranno Lisbona a sostenere in sede europea una linea morbida nelle negoziazioni con una Gran Bretagna post-Brexit. In ogni caso la posizione portoghese sulla Brexit rimane ambigua anche in seno all’esecutivo.

SLOVENIA – CONTRARIA

Lubiana spera fortemente che il voto del 23 giugno lasci Londra nell’UE. Un’eventuale Brexit potrebbe infatti minacciare il surplus commerciale che la Slovenia vanta nei confronti della Gran Bretagna. Soprattutto Lubiana si colloca nel campo europeista, anche se in modo meno netto ed entusiasta rispetto a pochi anni fa. Sebbene abbia appoggiato l’accordo tra UE e Gran Bretagna, il Governo sloveno non vuole mettere a rischio il processo di integrazione europea. Cosa ancora più importante, la Slovenia sostiene fortemente l’allargamento dell’UE nei Balcani occidentali, visto come elemento fondamentale per garantire la sicurezza propria e della regione. Ma il processo di allargamento subirebbe sicuramente una battuta d’arresto se vincesse la Brexit, perché le successive negoziazioni tra Bruxelles e Londra assorbirebbero l’attenzione delle principali capitali europee, distogliendole dalla regione balcanica, la cui stabilità rimane prioritaria per Lubiana. Inoltre l’Unione rischierebbe di perdere irrimediabilmente appeal nei confronti di possibili nuovi membri se dimostrasse di essere un club in cui alcuni Paesi si stanno dirigendo alla porta di uscita.

GRECIA – CONTRARIA

In queste settimane l’attenzione del Governo di Atene è stata completamente focalizzata sulle negoziazioni tra la Grecia e i creditori internazionali per la revisione del terzo programma di salvataggio. Uno dei fattori che hanno spinto i creditori a chiudere per la fine di maggio è stata proprio la volontà europea di evitare di rinfocolare la crisi greca proprio a ridosso del referendum in Gran Bretagna del 23 giugno, con il rischio di mostrare agli elettori britannici tutte le fragilità e le contraddizioni dell’Unione. Tuttavia la Grecia rimane in cattive acque, e questo spiega la posizione dell’esecutivo ellenico, decisamente contrario alla Brexit. Se infatti la Gran Bretagna lasciasse l’UE, il rischio sarebbe che a Berlino e in altre capitali europee potrebbe prevalere una soluzione drastica, che tuttavia è già stata soppesata in passato: creare un’Unione più piccola, ma più efficace, solida e coesa, di cui probabilmente la Grecia non farebbe parte. Il timore che serpeggia ad Atene è quindi quello di essere abbandonati a se stessi dai partners europei, sia sul fronte economico sia su quello dell’immigrazione. Si tratta di una paura che nella classe dirigente e nell’opinione pubblica greche circola ormai da anni, ma che è stata rafforzata dagli eventi che si sono verificati durante e dopo l’estate del 2015 e che hanno messo sotto pressione l’esecutivo di Atene guidato da Alexis Tsipras. E anche se questo scenario drastico non si verificasse, è comunque probabile che le tensioni finanziarie conseguenti alla Brexit colpirebbero la Grecia proprio in un momento in cui l’economia e la politica ellenica avrebbero un disperato bisogno di stabilità.

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Fig. 2 – Il premier greco Alexis Tsipras

SLOVACCHIA – CONTRARIA

I rapporti tra Bratislava e Londra sono sempre stati buoni fin dal collasso del blocco sovietico all’inizio degli anni Novanta e al conseguente inizio del processo di avvicinamento della Slovacchia all’UE, alla quale il Paese centroeuropeo ha aderito nel 2004. Ma negli ultimi anni le strade di Londra e Bratislava si sono separate, visto che la prima, dopo aver svolto un ruolo fondamentale nell’allargamento dell’Unione, è diventata meno presente sulla scena politica europea, mentre la seconda ha aderito anche all’Eurozona, il nocciolo duro del club europeo. Tuttavia i due Paesi rimangono comunque d’accordo su diversi punti: dalla necessità di rendere l’UE più liberale all’importanza attribuita al commercio. Inoltre Bratislava teme ogni indebolimento dell’Unione, sulla quale scommette per il proprio sviluppo economico e sociale. Infine il Governo slovacco vorrebbe evitare di vedere aprirsi una crisi europea come la Brexit proprio alla vigilia dell’assunzione della Presidenza di turno del Consiglio europeo, sulla quale la classe dirigente del Paese punta per migliorare status, prestigio e credibilità all’interno dell’UE.

ROMANIA – CONTRARIA

Il Governo di Bucarest preferirebbe che il voto del 23 giugno lasci la Gran Bretagna nell’Unione. Le ragioni sono essenzialmente tre. In primo luogo, l’esecutivo romeno teme (non senza ragioni) che una Gran Bretagna post-Brexit limiterebbe gli ingressi di immigrati comunitari. Tema fondamentale per la Romania, vista la folta comunità romena in Gran Bretagna. Si può scommettere che, in caso di Brexit, Bucarest farà di tutto per difendere la libertà di movimento dei lavoratori comunitari in eventuali negoziati tra Londra e Bruxelles. La Romania è poi contraria a qualsiasi indebolimento dell’UE, dall’adesione alla quale il Paese ha tratto diversi benefici. Infine, ma non meno importante, la Gran Bretagna resta per Bucarest un alleato diplomatico essenziale sulla questione russa. La Romania è infatti, insieme ad altri membri orientali dell’Unione, fautrice della linea dura verso Mosca ed è diventata un fondamentale bastione della NATO. L’uscita di Londra, nell’ottica (non solo) di Bucarest, renderebbe l’UE meno determinata nel contrastare le mosse del Cremlino in Europa orientale e nel Baltico e più incline a trovare un compromesso al ribasso con la Russia.

Davide Lorenzini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Alla fine della Seconda guerra mondiale Londra, indebolita militarmente, politicamente e soprattutto economicamente dal conflitto, si rese conto delle difficoltà oggettive di mantenere in vita il proprio Impero. Ma fu solo dopo la crisi di Suez del 1956 che la Gran Bretagna capì definitivamente di non poter giocare un ruolo da protagonista in un mondo ormai dominato da USA e URSS. La classe dirigente britannica puntò così le sue carte sullo sviluppo di una special relationship con gli Stati Uniti, che per lungo tempo erano invece stati visti come un avversario. Londra divenne così il maggior alleato statunitense in Europa e nella NATO, favorita anche dai forti legami storici, culturali, linguistici ed economici con Washington. Quest’alleanza è durata per tutta la Guerra fredda ed è perfino sopravvissuta alla disastrosa invasione dell’Iraq del 2003. Tuttavia, a dispetto dei proclami dei sostenitori della Brexit, è improbabile che si rafforzi in caso di uscita della Gran Bretagna dall’UE. Questa relazione infatti è sempre stata fondamentale per Londra, ma solo importante per Washington. Evidenza non sempre riconosciuta dalla classe dirigente britannica, che a volte si culla in pie illusioni sulla natura del legame con i cugini d’oltre Atlantico e sul (declinante) peso del proprio Paese nella politica internazionale. Inoltre gli Stati Uniti hanno fatto capire a Londra che la Brexit ridurrebbe l’influenza della Gran Bretagna, facendole perdere ulteriormente valore ed importanza agli occhi dell’alleato americano. Messaggio implicitamente ribadito dal Presidente USA Barack Obama nel suo recente viaggio in Gran Bretagna.  [/box]

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Davide Lorenzini
Davide Lorenzini

Sono nato nel 1997 a Milano, dove studio Giurisprudenza all’Università degli Studi. Sono appassionato di politica internazionale, sebbene non sia il mio originario campo di studi (ma sto cercando di rimediare), e ho ottenuto il diploma di Affari Europei all’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) di Milano. Nel Caffè, al cui progetto ho aderito nel 2016, sono co-coordinatore della sezione Europa, che rimane il mio principale campo di interessi, anche se mi piace spaziare.

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