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Egitto saudita: il ponte sul Mar Rosso e la monarchizzazione

Recentemente l’Arabia Saudita di Salman Bin ‘Abdel Aziz e l’Egitto di ‘Abd el-Fattah el-Sisi hanno espresso la volontà congiunta di riprendere i progetti circa la costruzione di un ponte che colleghi i rispettivi Stati. A rinvigorire ulteriormente l’ininterrotta partnership commerciale tra i due governanti, è intervenuta anche la concomitante cessione delle isole egiziane di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita.

IL PROGETTO – All’inizio dello scorso aprile il re saudita Salman, in visita al Cairo, ha annunciato la volontà di costruire un ponte che colleghi l’Arabia Saudita all’Egitto. La conferma di el-Sisi all’idea non si è fatta attendere e il Presidente ha presto suggerito di intitolare il ponte proprio a Salman Bin ‘Abdel Aziz.
Secondo i due capi di Stato, il progetto rappresenterà una svolta storica. La scelta di collegare Africa e Asia con un ponte sul Mar Rosso trasformerà sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo il commercio transcontinentale.
Il Mar Rosso nei suoi punti più stretti è largo tra i 20 e i 35 chilometri, ma non è stato ancora annunciato dove si intenda costruire il ponte e gli aspetti tecnici del progetto restano in gran parte sconosciuti. La scelta più probabile sembra essere quella di un’area vicino a Sharm el-Sheikh per quanto riguarda l’Egitto e Ras Humaid vicino a Tabuk in Arabia Saudita.
Le proposte precedenti prevedevano la creazione sul ponte di strade per autoveicoli affiancate a una ferrovia, che nei piani sarebbe stata destinata a un sistema ad alta velocità congiunto. Il ponte sarà lungo 50 chilometri e largo tra i sette e i dieci, mentre incerta resta la tempistica per l’edificazione, che secondo le prime stime richiederà almeno sette anni.

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Fig. 1 – Il re saudita Salman Bin ‘Abdel Aziz e il presidente egiziano ‘Abd el-Fattah el-Sisi

LE ISOLE DI SANAFIR E TIRAN – Il rapporto tra i due storici partner politici e commerciali, dopo un significativo raffreddamento durante la Presidenza del leader politico della Fratellanza Musulmana Mohamed Morsi, ha riguadagnato slancio a seguito della presa di potere del generale el-Sisi. Re Salman e il Presidente egiziano, subito dopo l’annuncio riguardante il ponte, hanno firmato diciassette accordi di investimento per un valore totale di circa 1,5 miliardi di euro.
Non è la prima volta che viene proposto questo ponte, che però non è mai stato realizzato. In passato le stime più diffuse sui costi prevedevano una spesa compresa tra i 3 e i 4 miliardi di dollari e l’ultimo progetto simile, risalente al 2006, fu abbandonato per volontà di Mubarak e per l’opposizione di Israele per evidenti ragioni di sicurezza marittima.
Tiran inoltre rientra nella Zona C del Trattato di Camp David del 1978, in vigore dall’anno successivo. Questa zona è presidiata congiuntamente da Egitto e Israele, e si attendono reazioni tutt’altro che accomodanti al progetto del ponte proprio da parte dello stato israeliano.

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Fig. 2 – Le isole di Sanafir e Tiran nel Mar Rosso viste da un aereo

I LEGAMI ECONOMICI TRA I DUE PAESI − A questo proposito Salman, nell’annunciare il progetto, si è significativamente appellato all’unità araba, preferita in questo caso rispetto a quella islamica, a ribadire la lotta congiunta contro il nemico IS, attore regionale che in Egitto ha creato la Wilayat Sinai, la provincia del Sinai nata a seguito della ba’ya, il giuramento di fedeltà di Ansar Beyt al-Maqdis (ABM) nei confronti del califfo al-Baghdadi nel novembre 2014.
Proprio le differenti priorità regionali negli scorsi mesi avevano fatto pensare a un raffreddamento nei rapporti tra i due Paesi. Se per el-Sisi la questione primaria è rappresentata dal jihadismo dello Stato Islamico e, soprattutto, da quello interno, contro il quale partecipa alla coalizione a guida statunitense e attua una costante azione di contrasto in Libia, per l’Arabia Saudita la vera emergenza è il crescente ruolo iraniano – e sciita – nella regione. È stata soprattutto questa la ragione per la quale la potenza del Golfo ha spinto per un maggiore coinvolgimento egiziano in Yemen, richiesta ampiamente insoddisfatta che ha contribuito a indebolire i rapporti, seppur temporaneamente.
Nel quadro dello stesso incontro di aprile tuttavia, un altro passo è stato compiuto per il ritorno alla strettissima collaborazione con i sauditi, che ha da sempre caratterizzato l’operato politico di el-Sisi.
In quell’occasione infatti, oltre ai piani relativi al ponte e a nuovi accordi di investimento, l’Egitto ha acconsentito a cedere all’Arabia Saudita la sovranità sulle isole di Sanafir e Tiran. Le isole sono situate in una posizione strategica nello stretto che separa il Golfo di Aqaba dal Mar Rosso, e la scelta sembra aver suggellato la vicinanza politica dei due regimi.
La decisione del Cairo giunge dopo cinque anni di negoziati e prevede che Riyadh depositi due miliardi di dollari all’anno nelle casse egiziane in cambio della concessione. Se il progetto del ponte andasse in porto, è probabile che la strada rialzata passi proprio dall’isola di Tiran.
Per la Monarchia del Golfo il progetto serve a rinsaldare la già stretta alleanza con un partner militarmente e demograficamente indispensabile. L’Egitto dal canto suo, non può rinunciare al sostegno economico saudita: l’Arabia Saudita resta uno dei maggiori investitori esteri in Egitto e solo nel 2015 ha messo a disposizione oltre 8 miliardi di dollari in settori quali il turismo, l’agricoltura e l’IT.

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Fig. 3 – Proteste al Cairo contro la decisione egiziana di cedere Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita

LA ‘MONARCHIZZAZIONE’ PRESIDENZIALE – Nel mondo arabo, per gli stati come l’Egitto contemporaneo e in precedenza quello di Mubarak e la Tunisia di Ben ‘Ali, è stato ironicamente coniato il termine jumlikiyat, un neologismo che unisce jumhuriyat (repubbliche) con malakiyat, (monarchie): qualcosa di più di uno Stato presidenziale.
Come è ormai universalmente noto, l’Egitto è ora governato con pugno di ferro, il grado di diffidenza verso lo Stato e il mukhbarat da parte dei civili è altissimo e i metodi di polizia ed esercito sono ancor più repressivi di quelli praticati all’epoca di Hosni Mubarak.
La monarchizzazione della Presidenza el-Sisi appare evidente. Ciononostante, resta poco plausibile che ‘Abdel Fattah el-Sisi agisca con una significativa autonomia: la pressione degli interessi che si è impegnato a proteggere, ovvero di alleati come l’Arabia Saudita in ambito internazionale e dell’entourage militare sul piano interno, è infatti sempre più forte. Molti egiziani non riconoscono nemmeno più un vero e proprio apparato statale, ma solo una coalizione di gruppi di interesse, primo tra tutti l’esercito, inseriti nelle Istituzioni e nelle loro zone d’ombra.
La narrativa del potere egiziano sulla questione delle isole e del ponte rileva che il progetto favorirà il turismo degli arabi del Golfo, i quali spesso preferiscono raggiungere l’Egitto con veicoli privati.
Secondo el-Sisi il ponte creerà un nuovo tipo di turismo, quello di transito, caratterizzato da soggiorni brevi e, verosimilmente, da altissimi consumi in rapporto alla durata della permanenza.
Più realisticamente il progetto dovrà tenere conto, più che dell’ormai innocua opposizione interna da parte della società civile, delle diffidenze esterne, di Israele in primis.
Per questo motivo non è escluso – e sarebbe altresì auspicabile – che l’edificazione del ponte venga preceduta da nuovi accordi di sicurezza tripartiti tra Egitto, Arabia Saudita e Israele.

Sara Brzuszkiewicz

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Al contrario di ciò che racconta la propaganda egiziana, quello generato dal ponte non sarebbe un nuovo tipo di turismo. Il turismo di transito, proprio dalle petromonarchie del Golfo, è anzi già molto diffuso in Egitto. Una delle conseguenze di questo fenomeno è l’aumento nella stipula di matrimoni temporanei detti misyar o misfar, con il quale ricchi sauditi possono unirsi temporaneamente a una donna egiziana dietro compenso. Il misyar si configura come una alternativa islamica al matrimonio tradizionale, il nikah. Il misyar fornisce la possibilità di intrattenere relazioni sessuali non giudicate come zina (fornicazione). Possono invece mancare le caratteristiche fondanti del nikah, quali la coabitazione dei coniugi. Solo nel 2009 in Egitto si sono registrati 900 casi accertati di bambini di padre saudita abbandonati a seguito del termine di questo tipo di contratto, fatto che ha spinto molti esperti a scorgervi soltanto una forma di turismo sessuale.[/box]

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Sara Brzuszkiewicz
Sara Brzuszkiewicz

Sono nata nel 1988 e ho cominciato a conoscere il mondo molto presto grazie a due folli amanti dei viaggi, i miei genitori. Laureata in Mediazione Linguistica e Culturale nel 2010 ed in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale nel 2012, sono junior researcher su Nord Africa e Medio Oriente alla Fondazione Eni Enrico Mattei e dottoranda in Istituzioni e Politiche all’Università Cattolica di Milano. Nutro una smisurata passione per la lingua araba, una delle più ricche al mondo, e per la cultura arabo-musulmana in tutte le sue forme: dalla storia alla cucina, dalla geopolitica alla letteratura, dall’attualità alla danza orientale. Appena ho potuto, per migliorare il mio arabo o per piacere personale, ho viaggiato tra Egitto, Marocco, Siria, Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Oman. Cittadina del mondo troppo sensibile, mi lego per sempre ad ogni luogo vissuto, che poi è immancabilmente difficile lasciare.

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