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Le sfide del World Economic Forum on Africa

In 3 sorsi – Tra l’11 e il 13 maggio scorsi si è tenuto a Kigali, in Ruanda, il World Economic Forum on Africa. Sotto il titolo Connecting Africa’s Resources through Digital Transformation (ovvero, “Connettere le risorse dell’Africa attraverso la trasformazione digitale) il Forum ha affrontato le principali tematiche e sfide tecnologiche per il continente

1. L’ACCESSO A INTERNET COME PRIORITÀ Il World Economic Forum on Africa ha richiamato una sfida molto importante: garantire l’accesso a Internet per tutti. Il Presidente Paul Kagame ha infatti sottolineato come il Ruanda vanti oltre 4.000 chilometri di fibra ottica, un risultato importante se pensiamo che la grandezza del Paese è simile a quella della Sicilia. Tuttavia, già undici anni fa, visitando il Ruanda, la capitale Kigali ospitava aule multimediali ben attrezzate, rivolte principalmente a studenti e ragazzi che potevano così accedere a Internet. Queste aule erano delle vere e proprie porte sul mondo e consentivano di essere connessi, potenzialmente, col mondo intero. Non solo, erano una fonte quasi inesauribile di informazioni e conoscenza, e se utilizzate correttamente, di apprendimento. Molto è cambiato in undici anni, Internet stesso si è plasmato rispetto alla società odierna – probabilmente anche viceversa – e nuove piattaforme si sono affacciate, prime fra tutte i social networks.
L’accesso a Internet porta con sé una serie di attività e servizi dei quali un cittadino può potenzialmente usufruire. Proviamo a pensare a come ognuno di noi utilizza il proprio computer e quindi a immaginare quanti servizi e quanti progetti di e-learning potremmo condurre se, in Africa, riuscissimo a estendere la rete Internet anche alle zone più remote.
È questo il nocciolo del messaggio che il World Economic Forum on Africa ha voluto sottolineare: la trasformazione digitale è una rivoluzione non solo in sé e per sé, ma lo è per i benefici che può portare alla popolazione, oltre a una sempre maggiore attrazione degli investimenti privati e al rinvigorimento di quelli statali.

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Fig. 1 – Il Presidente kenyota Uhuru Kenyatta incontra il presidente della Banca di sviluppo africana Akinwumi Ayodeji Adesina, il ministro delle Finanze ruandese Claver Gatete e il Primo ministro etiope Hailemariam Dessalegn

2. LA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE SARÀ IN AFRICA Klaus Schwab, economista e ingegnere tedesco, nonché fondatore del World Economic Forum, sottolineò lo scorso gennaio a Davos come la Quarta rivoluzione industriale si avrà in Africa.
Tale rivoluzione sarà caratterizzata dalla capacità di Internet nel fornire servizi facilmente accessibili ai cittadini: visti i recenti sviluppi e gli investimenti, l’Africa è a oggi il continente dove questa sfida appare più marcata.
Contando su una crescita annua importante, che si attesta tra il 4 e il 7%, Paesi quali il Ruanda, la Repubblica democratica del Congo o la Costa d’Avorio vedono concretamente affacciarsi la possibilità di attrarre capitali e far girare il business all’interno del continente. Il Presidente kenyota, Uhuru Kenyatta, ha infatti affrontato a Kigali un altro nocciolo importante, ovvero la necessità di rivedere le enormi barriere doganali che ancora oggi impediscono un’economia fiorente e un’attrazione di investimenti privati elevata: il Ruanda stesso vanta un’economia in espansione anche grazie al suo impegno nel rimuovere alcune delle barriere doganali che avrebbero altrimenti frenato gli investimenti, e che lo portano oggi a essere un modello per l’intero continente.

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Fig. 2 – Graça Machel intervenne sullo sviluppo economico in Africa anche al WEF on Africa 2015 a Città del Capo, Sudafrica

3. COINVOLGERE: UN IMPERATIVO IMPRESCINDIBILE PER LA CRESCITA – Se alcune economie virtuose come quella ruandese vedono ancora oggi al loro interno una disparità enorme tra la qualità di vita nelle città rispetto a quella nelle zone rurali, la stessa differenza è osservabile anche tra Paesi africani. Molti Stati, infatti, hanno attuato importanti riforme macroeconomiche affinché investimenti anche privati arrivassero nelle loro economie, e molti altri stanno avviando una diversificazione delle produzioni degna di nota. Tuttavia interi Paesi, se non addirittura regioni, soffrono situazioni di violenza interna (come ad esempio il Burundi), oppure continui episodi di terrore a causa di gruppi vicini ad al-Qaida o all’ISIS (come in Nigeria con Boko Haram). Ecco, tutto questo rende difficile immaginare un percorso virtuoso in termini economici e di rinnovato slancio verso gli investimenti nel campo tecnologico se prima non si indaghino e, auspicabilmente, risolvano problematiche politico-culturali che flagellano queste società.
Il World Economic Forum on Africa, comunque, si è concentrato sulle sfide che l’intero continente dovrà affrontare in relazione allo sviluppo tecnologico, discutendone in relazione a tre obiettivi prioritari: la governance e le istituzioni, la finanza e la crescita, lo sviluppo umano e l’imprenditoria. Le tre categorie, infatti, si intrecciano tra loro e, la prima e l’ultima in particolare, appaiono la base per la crescita economica, che non può prescindere né da una salda governance, né da un più che accettabile livello di sviluppo umano all’interno di ogni singolo Paese del continente che voglia affacciarsi alla digital transformation.
Graça Machel, vedova del leader sudafricano Nelson Mandela, ha lanciato un monito rivolto alla necessità di inclusione della società tutta: senza donne e senza giovani il futuro dell’Africa non potrà essere quello immaginato, e se di Quarta rivoluzione industriale stiamo parlando, nessuno può essere lasciato indietro come invece le rivoluzioni precedenti hanno fatto.

Sara Belligoni

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Qui il sito ufficiale del World Economic Forum on Africa 2016.[/box]

Foto: World Economic Forum

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Sara Belligoni
Sara Belligoni

Sara Belligoni is a Ph. D. Candidate in Security Studies at the School of Politics, Security, and International Affairs at the University of Central Florida. She investigates how vulnerable communities can better prepare for, respond to, and recover from crises and disasters. Sara adopts a multi-discipline approach that combines political science, public policy, and security studies. Prior to joining UCF, she received a Certificate in Global Affairs (2015) from the New York University, a Master’s Degree cum laude in International Relations (2015) and a Bachelor’s Degree in Political Science for Cooperation and Development (2012) both from Universita’ degli Studi Roma Tre.

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