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UE vs Brexit, Paese per Paese – I

Illustriamo le posizioni di Germania, Paesi Bassi, Lussemburgo, Irlanda, Spagna, Svezia e Lituania in merito alla Brexit e alle ricadute che avrebbe su tali Paesi

GERMANIA – CONTRARIA

Data la sua peculiare posizione di massimo garante della costruzione europea, gli effetti dell’uscita del Regno Unito potrebbero essere particolarmente nefasti per la Germania. Congiuntamente ai rischi economici non indifferenti – sui quali si è soffermato il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ricordando che «[l’uscita del Regno Unito] would be a poison to the economy in the UK, the European continent and for the global economy as well», infatti, la ricaduta politica di un simile evento potrebbe essere addirittura catastrofica per Berlino. Nonostante i rapporti commerciali tra i due Stati siano profondi – il Regno Unito, ad esempio, è la terza destinazione per importanza dell’export tedesco – è sul piano politico che è possibile collocare la maggiore criticitĂ  per i tedeschi. L’abbandono di un peso massimo come Londra rappresenterebbe una sconfitta colossale per la Germania perchĂ© segnerebbe il fallimento del progetto di riunire tutti i popoli europei in un’unica istituzione e, soprattutto, creerebbe un precedente per altri Stati insoddisfatti – con il rischio concreto di innescare un “effetto domino”. Certo, la Germania potrebbe, liberatasi dal peso frenante inglese, tentare di porsi a capo di un disegno volto a rafforzare le strutture dell’Unione in senso federale e, coerentemente, trasformare il danno in guadagno ma, visti i recenti avvenimenti, risulta difficile ipotizzare un simile esito nel breve periodo.

PAESI BASSI – CONTRARI

La questione della Brexit acquista un’importanza straordinaria per l’Olanda che, per ragioni storiche e politiche, si è sempre piĂą congiunta, nel tempo, ai destini britannici: mentre i secondi hanno utilizzato i Paesi Bassi come testa di ponte sul continente, gli olandesi, soprattutto dal secondo dopoguerra in avanti, si sono avvalsi della nazione d’oltremanica per bilanciare l’influenza dell’asse franco-tedesco. Nonostante l’intenso interscambio commerciale con la Germania, infatti, Amsterdam, come ricorda il Centre for European Reform, condivide la visione britannica dell’UE e gli attuali esecutivi concordano su temi quali libero scambio, sostegno a politiche di austerity e la necessità di avere un’Unione piĂą snella. Il ruolo di mediatore dei Paesi Bassi tra Germania, Francia e Regno Unito però, verrebbe compromesso dall’uscita di quest’ultimo e ciò potrebbe influire negativamente sulla posizione dei Paesi Bassi all’interno dell’Unione Europea. Anche in questo caso, come nel precedente, al possibile danno economico (dato il notevole flusso commerciale tra i due Stati), si somma un rischio politico particolarmente elevato a causa della spinta che l’uscita del Regno Unito conferirebbe ai movimenti euroscettici del Paese che, con la vittoria nel referendum (non vincolante) del 6 aprile scorso, insidiano sempre piĂą la posizione del governo Rutte.  La possibilitĂ  di diventare terra destinataria di un ipotetico spostamento di aziende e capitali in seguito alla Brexit, infine, non sembra sufficiente a compensare i Paesi Bassi per il danno che subirebbero in seguito a tale evento.

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Fig. 1 – Union Jack e bandiera dell’Unione Europea sventolano insieme

LUSSEMBURGO – INCERTO

Essendo strettamente collegato con il comparto bancario inglese e avendo ampi investimenti diretti oltremanica, il Lussemburgo approfitta dell’accesso al sistema inglese – così come ora previsto dalle norme europee in materia – per mantenere florida la sua economia. L’uscita dall’Unione di un mercato ampio come quello del Regno Unito, dunque, può rappresentare un colpo non indifferente allo Stato. L’instabilitĂ  prodotta dalla Brexit, poi, avrebbe indubbiamente effetti deleteri su un’economia, qual è quella del Lussemburgo, fondata sull’erogazione di servizi finanziari. Oltre a questo, come sottolineato da Martine Huberty, ricercatore presso l’ECFR, il Lussemburgo è capace di agire in politica estera soprattutto – o unicamente – tramite le strutture dell’UE: un indebolimento di quest’ultima, dunque, non può che restringere sensibilmente il suo campo di azione. Accanto agli aspetti negativi, però, il Paese potrebbe approfittare della Brexit per trasformarsi in un centro finanziario leader in Europa, attirando capitali e aziende che, dato il venir meno dell’appartenenza britannica all’Unione, preferirebbero trasferirsi dalla “City” (primo centro finanziario europeo) sul continente. Pertanto, per il Lussemburgo gli effetti del referendum (in caso di uscita del Regno Unito) sarebbero piĂą o meno gravi anche a seconda della sua capacitĂ  di azione a seguito di tale voto.

IRLANDA – CONTRARIA

Londra rappresenta il primo partner commerciale per Dublino, che esporta circa il 14% dei suoi prodotti nel Regno Unito e ne importa il 33%. Il possibile innalzamento di barriere in seguito alla Brexit potrebbe, dunque,  affliggere notevolmente l’interscambio tra i due Paesi e rischierebbe di influire sulla poderosa ripresa economica avvenuta dopo anni di crisi nera. Come nel caso del Lussemburgo, inoltre, il Paese è fortemente legato con il sistema bancario inglese e un gran numero di irlandesi – circa 329.000 – vive nel Regno Unito: anche a causa di questi temi, quindi, l’Irlanda risulta particolarmente esposta alla possibile Brexit. Proseguendo l’analogia con il Lussemburgo, però, anche il territorio dell’Emerald Isle – dato il regime fiscale agevolato che garantisce alle imprese – potrebbe divenire la nuova sede per molte aziende inglesi. Tuttavia, vista la struttura generale dell’economia irlandese e il fondamentale legame esposto in precedenza, quest’ultima ipotesi favorevole non sembra adeguata per compensare, come nel caso dei Paesi Bassi, il danno prodotto dalla dipartita del Regno Unito.

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Fig. 2  – Il Primo ministro inglese David Cameron a una conferenza dopo un meeting europeo

SPAGNA – CONTRARIA

Come nel caso irlandese, anche per la Spagna, uscita recentemente da una lunga e pesante recessione, il contraccolpo macroeconomico della Brexit potrebbe risultare di difficile assorbimento. E non è unicamente il solido legame commerciale con Londra a preoccupare le élite spagnole. La Spagna è meta turistica amata dai cittadini inglesi e questi potrebbero incontrare maggiori difficoltà a raggiungerla nel caso dell’uscita del loro Stato dall’UE. In aggiunta, la questione demografica è decisiva per le relazioni bilaterali tra i due Paesi. Numerosi spagnoli hanno deciso di trasferirsi nel Regno Unito che, nel caso di uscita dall’UE, potrebbe privare i cittadini spagnoli ivi residenti di alcuni benefici sociali. Un’altra questione emersa riguarda l’annosa disputa sullo status di Gibilterra. Vista l’occasione prospettata dalla Brexit, il Ministro degli esteri spagnolo ha affermato recentemente che Madrid tornerà a domandare la restituzione della rocca il giorno dopo l’ipotetica uscita del Regno Unito. Il voto del 23 giugno, dunque, risulterà cruciale anche per il futuro della piccola penisola iberica.

SVEZIA – CONTRARIA

Oltre a essere la seconda destinazione dell’export svedese, Londra condivide con Stoccolma una visione politica simile su tematiche commerciali, fiscali e sulla necessitĂ  di un maggiore decentramento burocratico all’interno dell’Unione. L’uscita del Regno Unito, dunque, rappresenterebbe un danno notevole per gli interessi svedesi nelle istituzioni UE. In aggiunta, come nel caso dei Paesi Bassi, tale esito costituirebbe una forza propulsiva per i partiti euroscettici svedesi – e segnatamente per Sverigedemokraterna, partito euroscettico e populista balzato dallo 0,1% al 13% nel giro di venti anni. Un recente sondaggio condotto in Svezia, inoltre, ha evidenziato come nonostante gli svedesi siano attualmente favorevoli alla permanenza nell’Unione Europea (44% a favore e 32% contrari), in caso di Brexit l’opinione cambierebbe notevolmente (36% favorevoli a seguire il Regno Unito e 32% contrari). Göran von Sydow, ricercatore svedese presso lo Swedish Institute for European Political Studies, ha motivato l’esito sopra esposto sostenendo che in caso di Brexit si solleverebbero numerose questioni legate all’appartenenza della Svezia all’UE e, segnatamente, la possibilitĂ  che l’Unione Europea tenda a coincidere con l’Eurozona porterebbe alla necessitĂ  di riconsiderare se restare o pensare a un’alternativa. La necessitĂ  di stravolgere la propria postura in seguito alla Brexit, dunque, provocherebbe instabilitĂ  e una reazione a catena non completamente intelligibile. Di conseguenza, per la Svezia è sicuramente preferibile non essere coinvolta in un simile scenario.

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Fig. 3 – Il referendum del 23 giugno segnerĂ  la fine dell’esperienza inglese all’interno dell’Unione Europea?

LITUANIA – CONTRARIA

Per il Paese baltico – entrato nel 2004 nell’Unione Europea – gli esiti della Brexit potrebbero essere devastanti. GiĂ  nel corso della trattativa per una revisione delle clausole di appartenenza del Regno Unito all’Unione Europea, la posizione lituana si è distinta subito per una particolare durezza: la presidente lituana Dalia Grybauskaite ha, ad esempio, tacciato le tattiche inglesi di ricatto. Per Vilnius è cruciale preservare le regole dell’Unione soprattutto in merito alla libera circolazione delle persone: il Regno Unito, infatti, è una delle principali destinazioni degli emigranti lituani e norme piĂą stringenti in materia costituirebbero un danno notevole a tale flusso. Inoltre, essendo la Lituania uno dei Paesi che si avvantaggia grazie agli aiuti provenienti dal bilancio europeo – versando circa 320 milioni di euro e ricevendone 1.886 – nel caso di uscita del quarto Stato per contributi versati vedrebbe ridursi, con ogni probabilitĂ , la quota di denaro fornitale dall’UE. Per finire, il Paese baltico perderebbe un importante sostenitore della linea dura verso Mosca e, in un’Unione Europa sempre piĂą divisa sulla strategia da adottare, ciò potrebbe pesare notevolmente sulla postura futura di Bruxelles. Un simile quadro rende ovvia la posizione del Paese baltico in merito alla Brexit.

 Simone Zuccarelli

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Per approfondire:

  • Al seguente link è possibile visionare nel dettaglio i rapporti economici tra Regno Unito e Paesi sopra analizzati.
  • Qui uno studio sugli effetti economici della Brexit.

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Foto: jeffdjevdet

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Simone Zuccarelli
Simone Zuccarelli

Classe 1992, sono dottore magistrale in Relazioni Internazionali. Da sempre innamorato di storia e strategia militare, ho coltivato nel tempo un profondo interesse per le scienze politiche. 

A ciò si è aggiunta la mia passione per le tematiche transatlantiche e la NATO che sfociata nella fondazione di YATA Italy, sezione giovanile italiana dell’Atlantic Treaty Association, della quale sono Presidente. Sono, inoltre, Executive Vice President di YATA International e Coordinatore Nazionale del Comitato Atlantico Italiano.

Collaboro o ho collaborato anche con altre riviste tra cui OPI, AffarInternazionali, EastWest e Atlantico Quotidiano. Qui al Caffè scrivo su area MENA, relazioni transatlantiche e politica estera americana. Oltre a questo, amo dibattere, viaggiare e leggere. Il tutto accompagnato da un calice di buon vino… o da un buon caffè, ovviamente!

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