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Le spose bambine in Africa: il caso dello Zimbabwe

Nel mondo, 700 milioni di donne sono destinate a sposarsi prima di aver compiuto 18 anni. La maggioranza (circa il 70%) vive in Africa, dove si stima che una donna su tre sia costretta a contrarre un matrimonio combinato prima dei suoi 15 anni: eppure, vi sono speranze che questa pratica si esaurisca quanto prima, e la Corte costituzionale dello Zimbabwe lascia presagire ottime possibilità

CONTESTO GENERALE – Ogni anno quasi 15 milioni di bambine sono costrette a sposarsi contro la loro volontà: si stima 1 matrimonio ogni 2 secondi tra una bambina e un uomo a lei sconosciuto. Nelle regioni più povere del mondo le percentuali di matrimoni combinati sono in diminuzione, ma non nell’Africa subsahariana, dove i casi di spose bambine stanno addirittura raddoppiando. Secondo alcuni dati UNICEF, complessivamente 75 milioni di donne nel mondo si sposano in un’età compresa tra i 20 e i 24 anni, ma le africane lo fanno prima di aver compiuto 18 anni. Le spose bambine sono numerosissime soprattutto nelle aree rurali e tra le fasce di popolazione più povere, nelle quali si verifica il doppio delle probabilità di contrarre matrimoni a un’età inferiore a 18 anni rispetto alle coetanee che vivono in contesti più sviluppati. Le motivazioni dei matrimoni precoci vanno generalmente ricercate nelle condizioni economiche, sociali e culturali delle famiglie, secondo cui le bambine rappresentano solo un peso e una preoccupazione. Anche la religione è un fattore rilevante: la fede, combinata con alcune tradizioni tribali, può convincere le famiglie delle giovani donne che sia meglio darle in sposa piuttosto che farle studiare. Vi è, inoltre, un’esigenza di rafforzare i legami tra le comunità o all’interno di esse e di proteggere le ragazze dalle gravidanze al di fuori del matrimonio.

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Fig. 1 – Una sposa bambina liberata dalla polizia keniota proprio durante il matrimonio

ALCUNI DATI SULL’AFRICA – Il 40% delle donne dell’Africa subsahariana si sposa prima di aver compiuto 18 anni. I Paesi con il livello più basso di matrimoni in età infantile sono Gibuti, Sudafrica, Swaziland, Namibia e Ruanda, tutti sotto il 10%. Dalla parte opposta, invece, in Nigeria si contano 23 milioni di spose bambine; in Ciad sette ragazze su dieci si sposano prima dei 18 anni; in Mauritania il 60% delle spose bambine ha un marito più grande di almeno dieci anni. In Guinea il numero delle spose bambine è maggiore nelle aree rurali e più povere. In Guinea-Bissau una donna su tre è coinvolta in un’unione poligama, analogamente a Burkina Faso (una su quattro) e a Benin e Camerun (una su cinque). In Liberia le donne senza un’adeguata educazione scolastica si sposano intorno ai 17 anni, quattro anni prima rispetto alle loro coetanee che hanno ricevuto un’educazione secondaria. In Madagascar il 28% delle adolescenti vive o è sposata con un partner, un altro 6% ha già divorziato, è vedovo o si è separato. Le donne di Nairobi si sposano sei anni dopo rispetto alle keniote che vivono nel Nordest, dove la media oscilla intorno ai 17 anni. In Sud Sudan il matrimonio è sia un’opportunità economica per la famiglia della giovane sposa, che ne ricava un beneficio dalla dote ricevuta come prezzo nuziale per la figlia, sia una garanzia, poiché per motivi culturali è bene che una donna sia in compagnia di un uomo che se ne prenda cura.

IL CASO DELLA REPUBBLICA DELLO ZIMBABWE – In Zimbabwe il fenomeno delle spose bambine riguarda la maggioranza della popolazione femminile. Il 33% delle donne tra i 20 e i 49 anni dichiara di essersi sposato da minorenne: oggi una ragazza su tre si sposa prima di aver compiuto 18 anni e il 4% anche prima dei 15. Eppure, la politica del Presidente Robert Mugabe si è ultimamente dimostrata concreta nell’affrontare questo problema, che affligge la gran parte dei Paesi dell’Africa subsahariana. Nonostante lo Zimbabwe sia parte delle convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani, in particolare delle donne e dei bambini (tra le principali la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, il Maputo Protocol, l’African Charter on the Rights and the Welfare of the Child), fino a pochi mesi fa le leggi nazionali in materia matrimoniale erano discriminanti nei confronti della popolazione femminile. Le cose sono cambiate prima nel 2013, con la riforma costituzionale del 22 maggio, in seguito nel gennaio 2016, con una sentenza storica della Corte costituzionale: da un lato la riforma ha sancito tra gli articoli il vincolo di matrimonio solo per volontà delle parti, vietando, peraltro, il matrimonio tra bambini; dall’altro la sentenza ha addirittura dichiarato incostituzionale la Legge matrimoniale, decretando che l’età minima per i matrimoni debba essere di 18 anni per entrambe le parti, mentre finora era di 18 anni per gli uomini e di 16 per le donne.

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Fig. 2 – Il Presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe e la moglie Grace

LA SENTENZA – Oggi lo Zimbabwe è il secondo Paese africano, dopo il Malawi, ad aver innalzato a 18 anni l’età minima per i matrimoni. La Corte ha decretato incostituzionale il primo comma del paragrafo 22 della Legge sui Matrimoni, disponendo che non possano esserci eccezioni. La decisione è in riferimento a un processo iniziato nel 2014, quando due ex spose bambine, Loveness Mudzuru e Ruvimbo Tsopodzi, hanno chiesto giustizia per la loro libertà negata. Nello specifico, i giudici hanno dichiarato incostituzionale la parte che stabilisce che l’età minima per contrarre il matrimonio fosse 16 anni per le bambine, fatto salvo un permesso ministeriale. La Corte non solo ha stabilito che tale disposizione non si allineasse alla riforma costituzionale del 2013 ma, in aggiunta, che debbano anche essere vietate le promesse di matrimonio che coinvolgano minori di 18 anni, in particolare bambine, così come ogni tipo di unione imposta. È altresì considerato un crimine avere rapporti sessuali con bambine tra i 12 e i 15 anni e il consenso della vittima non è una giustificazione.

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Fig. 3 – L’African National Congress Youth League manifesta contro la credenza secondo la quale l’AIDS possa essere curata dormendo con una vergine

CONCLUSIONI – La sentenza della Corte Costituzionale lascia sperare che tutti i Paesi della Southern African Development Community (SADC) possano seguire l’esempio dello Zimbabwe. Ad esempio, in Sudafrica la lotta contro le spose bambine è iniziata nel 1998, data in cui la Legge sul riconoscimento dei matrimoni consuetudinari ha stabilito a 18 anni l’età minima per le unioni fondate sul diritto consuetudinario. Tuttavia la pratica tradizionale dei matrimoni imposti (ukuthwalwa) è molto frequente nelle zone rurali del Paese arcobaleno. A causa di condizioni socio-economiche poco soddisfacenti, in alcuni villaggi le famiglie combinano i matrimoni delle figlie in base alla lobola, un’offerta che quantifica il “valore” della sposa. Le ragazzine più giovani vengono prese dai futuri mariti soprattutto per una credenza popolare secondo cui dormire con una vergine guarisca l’uomo dall’HIV/AIDS, ma al contrario di quanto sperano la malattia continua a diffondersi. A tal proposito, a seguito della sentenza della Corte dello Zimbabwe, si auspica che innanzitutto il Sud Africa possa allinearsi giuridicamente con il divieto dei matrimoni tra minori. La first lady Amai Grace e il Presidente Mugabe hanno dato il via a un’ampia denuncia sul tema delle spose bambine, fornendo un’ottima prassi non solo dal punto di vista giuridico, ma anche attraverso numerose iniziative di sensibilizzazione: The 18+ campaign e Give us books, not husbands di Katswe Sistahood, e Not Ripe for Marriage di Real Opportunities for Transformation Support. Tuttavia, se la comunità internazionale non dovesse rispondere adeguatamente a questa situazione, nel 2050 l’Africa sarà il continente con il maggior numero di spose bambine al mondo. La popolazione femminile africana è infatti destinata a crescere da 275 milioni a 465 milioni entro il 2050: in trent’anni le spose bambine arriveranno quasi a 310 milioni.

Ornella Ordituro

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Maggiori approfondimenti sulla sentenza, nonché il testo integrale del pronunciamento, possono essere visionati qui, qui e qui. [/box]

Foto: UNAMID Photo

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Ornella Ordituro
Ornella Ordituro

Dottoranda di Ricerca in Diritto Comparato e processi di integrazione presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, ho vissuto a Nantes, Ginevra, Yaoundé, Belo Horizonte, Roma, Washington D.C, Tel Aviv e Gerusalemme ma non ho ancora scoperto qual è la mia città… Estremamente appassionata di diplomazia e tutela dei diritti umani,  bevo almeno tre caffè al giorno. Mi annoiano i cliché e le chiacchiere inutili, salvo se tra le amiche di sempre. Ovviamente, desidero…la pace nel mondo!

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