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Colombia, la pace resta lontana

In 3 sorsi – Il Governo colombiano e le FARC non sono riusciti a firmare l’accordo di pace definitivo previsto per il 23 marzo scorso

1. UNA SPERANZA DI PACE DOPO DECENNI DI GUERRA – La storia del conflitto tra le FARC e il Governo colombiano inizia negli anni Sessanta, periodo in cui gran parte del Sud America vede il fiorire di movimenti guerriglieri rivoluzionari ispirati alla Rivoluzione cubana di Fidel Castro ed Ernesto “Che” Guevara e diretti contro le leadership nazionali oligarchiche e corrotte. La Colombia, purtroppo, non fa eccezione, e nel 1964, in seguito ad un massacro di contadini da parte delle forze governative avvenuto nella località di Marquetalia, nascono le FARC-EP (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo). Il movimento, che si dichiara marxista-leninista e a difesa dei contadini, inizia una sanguinosa lotta contro il governo di Bogotà.
Al contrario di quanto avvenuto nel resto del continente americano, dove i movimenti guerriglieri si sono gradualmente ridotti per poi scomparire quasi del tutto negli anni Duemila, in Colombia le FARC hanno continuato a resistere e hanno largamente contribuito allo stato di continua ed endemica guerra civile che si protrae nel Paese da più di sessant’anni. Tale guerra ha causato fino a ora circa 200.000 morti, più un altissimo numero di persone sequestrate e scomparse. Il conflitto ha inoltre avviato la proliferazione di vari gruppi paramilitari e di cartelli della droga, che hanno portato la Colombia molto vicina al collasso.
Il Governo colombiano nei primi tempi ha mantenuto un atteggiamento altalenante nei confronti delle FARC, alternando scontri militari con tentativi di dialogo, tutti naufragati. La lotta militare si è intensificata a partire dalla fine degli anni Novanta e ha registrato diversi successi, come l’uccisione di un ampio numero di guerriglieri, senza tuttavia riuscire a porre fine al conflitto. Per questo motivo l’attuale Presidente, Juan Manuel Santos, eletto nel 2010 e riconfermato nel 2014, ha deciso di adottare una politica diametralmente opposta, intavolando con le FARC una serie di negoziati, che hanno preso il via nel 2012.
Dopo tre anni, il 23 settembre 2015, il Presidente Santos e il Comandante in capo delle FARC Rodrigo Londoño Echeverri (alias Timochenko) hanno finalmente firmato un accordo preliminare per spianare il cammino alla firma della pace ufficiale, inizialmente prevista per il 23 marzo 2016. In base a tale accordo, le FARC accettano di deporre le armi e di smobilitarsi, mentre in cambio il Governo colombiano promette una riforma agraria inclusiva, un’amnistia per i reati politici e la trasformazione delle FARC in un movimento politico legale. L’accordo, inoltre, ha portato alla creazione di un tribunale per la condanna dei crimini contro l’umanità compiuti durante il conflitto, che per la prima volta equipara i crimini dei guerriglieri a quelli dei gruppi paramilitari e dell’esercito regolare.

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Fig.1 – Il Presidente Santos (a sinistra) e il comandante Timochenko (a destra) si stringono la mano alla fine dei negoziati condotti a L’Avana

2. I PROBLEMI DELL’ACCORDO – Ben presto l’implementazione dell’accordo preliminare ha incontrato una serie di ritardi e problemi, e fin da subito la data del 23 marzo è apparsa come estremamente ottimistica ed irrealizzabile. In particolare, i negoziati si sono arenati sulle modalità per l’effettiva smobilitazione delle forze guerrigliere. Secondo l’accordo, infatti, i guerriglieri si sarebbero dovuti raggruppare in alcune aree, definite aree di concentrazione, all’interno delle quali, dopo un periodo di tempo ancora da concordare, si sarebbe dovuto procedere all’effettivo disarmo e smobilitazione delle forze armate. Su questo punto, però, gli obiettivi di FARC e Governo hanno smesso di coincidere, in quanto le FARC desiderano aree ampie e un periodo di tempo lungo per poter rafforzare la propria posizione, mentre al contrario il Governo chiede aree piccole e un periodo di tempo ridotto per poter concludere il più velocemente possibile l’accordo. I negoziati, inoltre, hanno lasciato ancora irrisolte una serie di importanti questioni, come per esempio le attività permesse all’interno di queste aree, le modalità di controllo e verifica della tregua e la sorte effettiva che attenderà i guerriglieri una volta completata la smobilitazione.
In questo scenario la società colombiana ha visto passare senza alcuna sorpresa il 23 marzo, data stabilita per la firma del trattato di pace conclusivo. D’altra parte, già molti a livello nazionale ed internazionale avevano sostenuto che sei mesi erano un periodo di tempo estremamente insufficiente per la conclusione di un conflitto che dura da più di sessant’anni. Tuttavia, in questo caso, la situazione è aggravata dal fatto che il Governo e le FARC abbiano ormai priorità in contrasto tra loro.
La leadership delle FARC, infatti, ottenuto l’obiettivo primario di un cessate il fuoco, sa che la consegna delle armi segnerà la perdita del principale strumento di potere e pressione in suo possesso, e dunque ha tutto l’interesse a prolungare il tempo della tregua al fine di conservare il potere politico ed economico sui territori attualmente controllati. Al contrario, il Governo colombiano desidera accelerare le tappe sia per raggiungere una pace definitiva, sia per non rovinare la propria reputazione a livello nazionale e mondiale.

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Fig. 2 – Due guerriglieri delle FARC armati

3. L’ELN, UN NUOVO ATTORE – Questa situazione già complessa è resa ancor più difficile dal fatto che, per ottenere una pace concreta e duratura, il Governo colombiano non possa limitarsi a negoziare con le FARC, ma debba raggiungere un accordo anche con un altro movimento guerrigliero, l’ELN (Ejército de Liberación Nacional).
Come le FARC, anche l’ELN è nato nel 1964 come un movimento di stampo marxista-leninista. I due gruppi, però, presentano fondamentali differenze. Le FARC, infatti, sono un movimento legato principalmente al mondo contadino, mentre al contrario l’ELN, che è stato fondato da un sacerdote, Camilo Torres Restrepo, è nato nel mondo universitario, e pertanto si fonda su basi ideologiche diverse e più radicali. Le diversità, inoltre, si estendono anche al campo economico, in quanto l’ELN fin da subito ha preferito concentrarsi su attacchi ed estorsioni ai danni delle infrastrutture petrolifere e minerarie della Colombia.

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Fig. 3 – Membri dell’ENL

I negoziati tra ELN e Bogotà, che si svolgeranno in Ecuador, si preannunciano lunghi e complessi, in quanto le due parti sono ancora agli stadi iniziali del processo, come la creazione di una tabella di marcia e la liberazione degli ostaggi ancora in mano all’ELN.
In definitiva, dunque, l’azione diplomatica del Presidente Santos ha per la prima volta trasformato la pace in una prospettiva seriamente credibile. Tuttavia il processo si fonda su basi ancora deboli, e basterebbe un piccolo incidente per far riprendere il conflitto che insanguina da tanto tempo la Colombia.

Umberto Guzzardi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più 

L’accordo preliminare tra Governo e FARC, generalmente accolto con favore, ha tuttavia suscitato anche una serie di critiche, in particolare rivolte contro l’amnistia politica concessa ai guerriglieri. Tra i principali oppositori ci sono l’ex Presidente Álvaro Uribe e José Manuel Vivanco, direttore della divisione americana di Human Rights Watch. [/box]

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Umberto Guzzardi
Umberto Guzzardi

Nato a Novara nel 1991, appassionato di geopolitica, relazioni internazionali, storia antica e moderna, ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Bologna campus di Forlì. Ha trascorso vari periodi di studio all’estero, tra cui uno in Lituania ed un altro a Buenos Aires. Attualmente viaggia spesso per lavoro tra Europa e Africa.

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