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Accordo USA-Filippine per accesso a basi militari

In 3 sorsi (MS) – In seguito a un accordo bilaterale tra Stati Uniti e Filippine, il Governo di Manila concede l’accesso a truppe, mezzi ed equipaggiamenti statunitensi su cinque basi militari sul proprio territorio. Il perché? Operazioni antiterrorismo, addestramento truppe, supporto umanitario e installazione di una presenza militare americana in risposta all’espansione cinese nel Mar Cinese Meridionale

1. UN ACCORDO, CINQUE BASI – Al termine del sesto Annual Bilateral Security Dialogue, tenutosi a Washington D.C. due settimane fa, si è giunti a un accordo di considerevole importanza per quanto riguarda il Pivot statunitese nell’oceano Pacifico e per la questione dell’espansione cinese nel Mar Cinese Meridionale. Il Governo di Manila ha infatti concesso agli Stati Uniti l’accesso a cinque basi militari situate strategicamente in territorio filippino per potervi stanziare truppe, mezzi e materiali. Questo accordo è considerato come uno dei primi frutti dell’Enhanced Defense Cooperation Agreement (EDCA). Stipulato nell’aprile 2014, il patto bilaterale di durata decennale consente l’incremento delle forze statunitensi dispiegate in territorio filippino, la costruzione di nuove infrastrutture militari, l’aggiornamento di quelle già esistenti ed infine lo stoccaggio e preparazione di equipaggiamenti a scopo militare difensivo, umanitario e di supporto in caso di disastro naturale. L’obiettivo ultimo dell’EDCA, sottolinea la leadership statunitense, non è quello di dar vita a politiche esplicite di contrasto alla Cina, ma di garantire che le regole e le norme di diritto internazionale vengano equamente rispettate da tutti i partecipanti coinvolti nella disputa relativa alle aree di sovranità del Mar Cinese Meridionale. Le cinque basi, 4 delle quali sono basi aeree, sono le seguenti: Antonio Bautista Air Base, Basa Air Base, Lumbia Air Base, Mactan-Benito Ebuen Air Base e Fort Magsaysay. Delle cinque, la prima, costruita nelle vicinanze della capitale della provincia di Palawan, si trova in una posizione strategicamente importante in quanto prossima alla “zona calda” delle isole Spratly, arcipelago contestato da Cina, Vietnam, Filippine, Malesia e Brunei. Da far notare, infine, che l’assenza nell’accordo di concessioni relative a basi navali è una conseguenza della già soddisfacente presenza di importanti installazioni navali statunitensi nell’area, rispettivamente in Giappone, Guam e Singapore, che garantiscono alla U.S. Navy diversi punti dai quali proiettare la propria forza navale.

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Fig.1 – Personale delle marina statunitense e filippina in procinto di lanciare un UAV da un RHIB al largo di Manila durante l’esercitazione CARAT (Cooperation Afloat Readiness and Training ) nel giugno 2013

2. I MOTIVI DELL’ACCORDO – L’accordo tra Stati Uniti e Filippine per l’accesso a cinque basi militari nasce da una moltitudine di fattori strategici e politici diversi ma collegati tra loro. Il primo da tenere in conto è anche quello che ne costituisce le fondamenta, ovvero il grande e duraturo legame di collaborazione che ormai intercorre tra i due Stati da circa 60 anni. È a seguito dei feroci combattimenti per riottenere il controllo dell’arcipelago dalle forze giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale che il legame tra i due Paesi si rafforza notevolmente. In aggiunta a ciò, a partire dal 2001 Stati Uniti e Filippine sono sempre più legati, combattendo fianco a fianco per contrastare il fenomeno del terrorismo rappresentato da un’insorgenza islamica con legami ad al-Qaeda che ha luogo nel sud del Paese. Alla lotta comune al terrorismo, che rappresenta quindi il secondo fattore a base dell’accordo, se ne ricollega immediatamente un terzo, ovvero l’addestramento delle forze di sicurezza filippine e lo stoccaggio di equipaggiamenti, militari e non, per far fronte a molteplici scenari: dal contrasto ai gruppi paramilitari legati al terrorismo islamico, ad operazioni di assistenza a scopo umanitario ed infine in caso di disastri naturali. Di tutte le cause, però, la più importante è ovviamente quella legata al Pivot statunitense nel Pacifico e alla disputa marittima nel Mar Cinese Meridionale, che vede coinvolti cinque stati tra cui, in primis, la Cina. La continua espansione cinese all’interno della nine-dash line, la linea immaginaria che delimita l’area sulla quale il Governo di Pechino proclama la propria sovranità territoriale, ha portato alla costruzione di sette isole artificiali, delle quali alcune sono dotate di piste di atterraggio, installazioni radar, difese antiaeree e bacini di attracco per imbarcazioni militari. Questa espansione si è rivelata particolarmente aggressiva nei confronti delle Filippine, in quanto il Governo di Manila è stato accusato da Pechino di occupare illegalmente la Ayungin/Second Thomas shoal. Forze cinesi hanno infatti cercato di interrompere il flusso di rifornimenti alle truppe filippine stanziate a bordo della BRP Sierra Madre, una nave trasporto fatta incagliare intenzionalmente nel banco di sabbia per mantenerne il controllo territoriale. In questo scenario, il permesso garantito agli Stati Uniti di dispiegare uomini, materiali e mezzi nelle basi in suolo filippino si incastra perfettamente nei piani di Washington di shift strategico verso l’oceano Pacifico, fungendo inoltre da meccanismo di controllo ed eventuale contrasto all’espansione territoriale cinese nelle acque del Mar Cinese Meridionale.

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Fig.2 – Imbarcazione della guardia costiera cinese impedisce a una nave rifornimenti filippina di raggiungere la Ayungin/Second Thomas shoal nel marzo 2014

3. CINA SORVEGLIATA SPECIALE – Le basi aeree filippine nelle quali verranno dislocati diversi tipi di velivoli, dai caccia ai bombardieri strategici, ricopriranno un ruolo molto importante nel futuro prossimo della regione. Oltre ad essere impiegate come punto di partenza per operazioni ricognizione e sorveglianza nel Mar Cinese Meridionale, l’impatto che il dispiegamento di truppe, mezzi e materiali nelle isole filippine non avrà un significato esclusivamente strategico-militare, ma anche politico. Ciò potrebbe rappresentare una mossa in grado di mutare le carte in tavola nella regione e che potrebbe portare ad un riequilibro della situazione in seguito alla progressiva espansione cinese negli arcipelaghi delle isole Paracel e Spratly. Come tiene a sottolineare Jan van Tol, capitano della U.S. Navy in congedo e senior fellow al Center for Strategic and Budgetary Assessment di Washington, lo spostamento di forze e materiali verso le cinque basi concesse dall’accordo procederà in maniera lenta e graduale, in modo da non essere percepito come un atteggiamento aggressivo dagli attori coinvolti nell’area e per evitare quindi di provocare ulteriori frizioni in uno scenario già di per sé abbastanza delicato. Nonostante ciò, servirà per mandare un forte messaggio alla Cina, che potrebbe dover rivalutare le proprie azioni politiche e strategiche. Una volta che l’accordo tra Washington e Manila si concretizzerà pienamente e le forze statunitensi saranno presenti in forze nel Mar Cinese Meridionale, Pechino, che fino ad ora ha potuto operare in maniera pressoché incontrastata, non sarà più l’unico gigante nell’area.

Riccardo Frigerio

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

La cooperazione militare tra Stati Uniti e Filippine è ormai ben consolidata, e le esercitazioni annuali congiunte “Balikatan” (spalla a spalla) ne sono un perfetto esempio. Le esercitazioni interforze Balikatan coinvolgono unità terrestri, marittime, aeree ed anfibie e sono pensate per mantenere e sviluppare il legame tra le forze armate dei due Paesi per poterle preparare ad affrontare diversi tipi di scenari operativi. Balikatan 2016 sarà la 32° iterazione di questa esercitazione, e avrà luogo tra il 18 marzo e il 22 aprile. [/box]

 

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Riccardo Frigerio
Riccardo Frigerio

Nato in provincia di Varese, classe 1990, mi sono laureato nel dicembre 2014 alla facoltà di Scienze linguistiche dell’Università Cattolica di Milano con una specializzazione in relazioni internazionali. Ho sempre amato tutto ciò che riguarda sicurezza, difesa ed affari militari e ciò mi ha spinto a scrivere entrambe le mie tesi su argomenti affini: la prima riguardo il contrasto alla pirateria marittima in Somalia e la seconda sull’impiego degli Unmanned Systems aerei, terrestri e marittimi nei conflitti moderni. Il mio grande sogno è di potermi costruire una carriera in questi campi, magari prima frequentando un master all’estero. Cose serie a parte, sono un grande amante del cinema (amo il cinema di fantascienza) e della lettura, in particolar modo delle opere di Tom Clancy e Isaac Asimov. Dalla fantascienza deriva una mia altra grande passione, ovvero l’astronomia e, in generale, tutto ciò che riguarda lo spazio: Elon Musk per me è un mito.

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