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Caso Lula, Brasile sempre più diviso

In 3 sorsi – Gli ultimi venti giorni sono stati tra i più travagliati della storia politica del Brasile. Con l’ex Presidente Luiz Inácio Lula da Silva sempre più nel mirino dei giudici dell’inchiesta Lava Jato, il Governo Rousseff cerca di salvare il padre politico della sinistra brasiliana gridando al golpe bianco

1. SCONTRO ESECUTIVO-MAGISTRATURA – L’interrogatorio forzato del 4 di marzo nei confronti dell’ex Presidente Lula, è stato il punto di non ritorno di quella che è diventata una guerra fredda tra l’esecutivo petista e la magistratura. Il 10 marzo, nell’ambito di un’altra inchiesta – quella riguardante il caso Bancoop – la procura di San Paolo ha chiesto l’arresto preventivo di Lula per lavaggio di denaro e falsità ideologica per un appartamento di lusso a Guarujà, nascosto, a quanto pare, al fisco.
Il lunedì seguente, il giudice Maria Priscilla Veiga Oliveira, considerando che l’origine dei fatti che hanno portato al presunto lavaggio di denaro non era da ricercarsi nella denuncia della procura paulista, ha deciso di passare il caso a quella di Curitiba dove opera Sergio Moro e il suo pool, nell’ambito della Lava Jato. Mercoledì 16 marzo la Presidente Rousseff ha conferito al suo mentore politico la carica di Ministro della Casa Civil, capo di gabinetto governativo plenipotenziario.
Al di là della dichiarazioni di Rousseff – secondo le quali con l’incarico a Lula ci sarà un rafforzamento del Governo del PT – la scelta di nominare l’ex Presidente ministro appare un salvacondotto politico: Lula sarebbe potuto essere arrestato in qualunque momento, ma la carica di ministro gli consente di essere indagato solo in quanto esponente di Governo dal Supremo Tribunale Federale (STF), la corte suprema brasiliana, sottraendosi così alle indagini di Moro.
Tra il 17 e il 18 marzo si sono alternate ben 3 ingiunzioni di sospensione (liminar) dall’incarico di ministro da parte di tre tribunali diversi più due annullamenti di quest’ultime da parte di altrettanti giudici. L’alternarsi grottesco, nell’arco di poche ore, di queste sentenze giuridiche, è stato fermato dal giudice della corte suprema Gilmar Mendes, che ha sospeso definitivamente Lula dall’incarico di ministro su richiesta dei partiti d’opposizione PSDB e PP, anche loro coinvolti negli scandali.
La divulgazione dell’intercettazione tra Dilma e Lula sembra confermare la giustezza della decisione del giudice, secondo il quale vi è un tentativo di aggirare intenzionalmente le indagini di Lava Jato. Il Governo ha già fatto ricorso per questa decisione: il prossimo capitolo della vicenda avrà luogo il 30 marzo, data del pronunciamento sulla questione del STF in riunione plenaria.

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2. DILMA IN BILICO – Il principale fattore di rischio per il Governo Rousseff è rappresentato dalla procedura d’impeachment nei suoi confronti. La commissione speciale destinata a tal scopo è stata creata con tre mesi di ritardo dopo che il presidente della Camera, Eduardo Cunha, ha accettato l’avvio della procedura d’impedimento sorta per via della manipolazione del bilancio dello stato.
BBC Brasil ha evidenziato che tale ritardo non ha fatto altro che diminuire le possibilità di sopravvivenza del Governo, dato il peggioramento della crisi politica ed economica. L’esito della procedura dipenderà anche dalla coesione della coalizione di Governo, ma sopratutto dalla fedeltà del riottoso Partito del Movimento Democratico Brasiliano (PMDB): partito di centro, tra i più coinvolti negli scandali che hanno toccato lo stesso Cunha, accusato di aver ricevuto 5 milioni di dollari in tangenti e di nascondere conti bancari in Svizzera.
Nel caso l’impeachment andasse in porto, il vice presidente Michel Temer, anch’egli del PMDB, assumerebbe l’incarico di Presidente. Dunque non sono da escludere colpi di scena dettati da calcolo politico, sfruttando la debolezza attuale dell’esecutivo. La nomina di Lula alla Casa Civil è stata dettata anche dalle migliori possibilità dell’ex capo di stato di ricucire il paventato strappo strappo tra PT e PMDB.

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3. IL POPOLO IN PIAZZA- I militanti del Partito dei Lavoratori e i sostenitori del Governo hanno manifestato il 18 marzo nelle più grandi città del Paese, in 25 regioni. Nella sola San Paolo, gli organizzatori hanno contato la partecipazione di 300.000 persone; stime ridimensionate dalla Polizia Militare, che ha parlato di 95.000 manifestanti. Numeri che comunque impallidiscono di fronte alla manifestazione contro la corruzione del 13 marzo, marcatamente antigovernativa, durante la quale, sempre nella capitale paulista, le autorità hanno parlato di 1,4 milioni di persone.
L’ex sindacalista Lula, da navigato tribuno del popolo, ha infiammato gli animi di militanti e simpatizzanti ribadendo il carattere democratico e sociale del Governo Rousseff contro le destre golpiste e non, che dai militari degli anni Sessanta sono passati alle procure giudiziarie. Tale reazione comunicativa estremamente divisiva rischia di trasformare il dibattito riguardante la corruzione, dunque la violazione della legalità, in scontro politico ideologizzato.
Un eventuale aumento della radicalità politica, però, sarebbe pienamente inserito in un contesto democratico con una società civile poco politicizzata rispetto ad altre realtà latinoamericane, rappresentando così un’ancora di salvezza rispetto all’inquietante invocazione di una giunta militare da parte della destra più estrema.
L’arroccarsi dietro le parole d’ordine del ”não vai ter golpe” (non ci sarà golpe) si traduce in una conservazione del potere acritica, priva di ogni slancio di riforma politica mirata a combattere la corruzione. C’è il rischio che tra le decine di partiti coinvolti negli scandali, il PT sia il primo a pagarne le conseguenze.

Emiliano Caliendo

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Oltre all’appartamento sul mare a Guarujá, la 24a fase di Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana, sta indagando su un altro bene immobile di Lula: una residenza di campagna ad Atibaia. Si sospetta che Lula abbia ricevuto trattamenti di favore nella ristrutturazione dell’immobile da parte di quelle imprese implicate nello scandalo Petrobras. L’acquisto e la ristrutturazione dell’immobile costituirebbero la tangente ricevuta da Lula mentre era ancora presidente nel 2009. L’immobile è intestato ad amici dei figli, anche se la polizia ha dimostrato che Lula ha visitato la casa più volte. [/box]

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Emiliano Caliendo
Emiliano Caliendo

Vivo a Napoli dove studio Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Federico II, sono appassionato di geopolitica dell’America Latina e del Vicino Oriente, di cui seguo costantemente le complicate vicende. Un viaggio in Brasile ha fatto esplodere la passione per quella parte di mondo, della quale per ora mi limito a scrivere dalla lontana Europa sperando di poter analizzare il tutto un po’ più da ”vicino” un giorno.

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