In 3 sorsi – La Transnistria è entrata a far parte dell’area di libero scambio tra Moldavia e Unione Europea. Una scelta a dir poco inusuale per un Paese che fino a poco tempo fa ambiva ad essere annesso alla Russia. Scelta autonoma del Governo transnistriano o mossa politica suggerita dal Cremlino?
1. ANTEFATTO – Che Tiraspol dovesse prendere una decisione ormai era chiaro, viste le politiche estere di Moldavia, Ucraina e Russia, che di fatto ne avevano determinato l’isolamento politico ed economico. Kiev, al fine di evitare pericolose infiltrazione filorusse, impediva da tempo ai residenti di età compresa tra i 16 e i 65 anni della Transnistria di avere libero accesso sul proprio territorio, isolando così il Paese sul versante orientale. Isolamento che nell’ultimo periodo è divenuto anche militare, soprattutto da quando la Rada, il Parlamento ucraino, ha impedito ai veicoli russi di rifornire la loro guarnigione stanziata nel Paese che occupa la sponda est del fiume Nistru; la Moldavia, dal canto suo, entrando nel DCFTA, ne aveva di fatto determinato l’isolamento commerciale anche sul fronte occidentale a causa della maggiore competitività dei prezzi dei prodotti UE. La Russia, infine, a seguito delle sanzioni europee e della conseguente crisi economica, dovuta anche al calo del prezzo del petrolio, aveva ormai deciso l’imminente taglio degli Oda, gli aiuti statali che erano arrivati a costituire il 90 % del PIL del Paese. Il Governo della Transnistria, pertanto, è stato quasi obbligato ad aprire le porte della propria economia all’Unione Europea; e così, a gennaio, ha aderito al Deep Comprehensive Free Trade Area (DCFTA) stipulato tra Bruxelles e la Moldavia nel giugno 2014.
Fig. 1 – Un uomo attraversa uno sguarnito posto di frontiera tra Moldavia e Transnistria
2. CONSENSO INTERNO ED ELEZIONI – Ora, a dicembre prossimo sono previste le elezioni presidenziali. Yevgeny Shevchuk, Presidente in carica, avrà come avversario politico un esponente del Partito a lui avverso Obnovlenie (“Rinnovamento”) che, nelle ultime elezioni legislative di novembre 2015 per il Soviet Supremo, ha riacquisito la maggioranza. Dietro questo Partito si cela il colosso della Sheriff ltd., l’unica società autorizzata al commercio con l’estero, costituendo di fatto un monopolio statale.
Lo scontro tra queste due fazioni politiche, quindi, si preannuncia più duro che mai e sembra che proprio l’agenda economica del Paese sarà al centro del dibattito. Materia di aspre critiche dell’esecutivo lo sconfinamento legislativo perpetrato dalla Sheriff ltd., il cui proprietario non è altri che l’ex capo di Stato Igor Smirnov, che, tramite il Partito Obnovlenie, è rea di aver fatto bocciare vari disegni di legge presidenziali che miravano ad un irrobustimento della concorrenza a favore di altre aziende di import-export, che avrebbero così eluso il monopolio statale della suddetta società.
Fig. 2 – Cartelloni pubblicitari in stile sovietico per le strade di Tiraspol, capitale della Transnistria
Dal suo canto, Obnovlenie, portavoce statale del gruppo Sheriff ltd., risponde addebitando all’attuale Presidente in carica le colpe della grave crisi economica che stringe il Paese e la sua azienda leader.
La scelta di entrare nel DCFTA, quindi, sembra un buon compromesso tra le due fazioni politiche, perché soddisfa la Sheriff ltd., rendendola più competitiva per le esportazioni nell’UE, e ,allo stesso tempo, dà una chance per le prossime elezioni al Presidente Shevchuk, che ha tentato di dare un nuovo impulso all’economia del Paese.
3. CONSENSO ESTERNO E IL PLACET DEL CREMLINO – Appare difficile però che una simile decisione possa essere stata presa da Tiraspol senza il benestare del Cremlino, interessato alle sorti di questa striscia di terra che considera, nel complesso scacchiere della nuova Guerra Fredda, l’avamposto più occidentale della sua politica strategica. È per tale motivo che sul territorio della Transnistria è collocata una task force russa di 1600 uomini, sotto le vesti di forza di peacekeeping.
Fig. 3 – Il fiume Nistru, che funge da confine tra Moldavia e Transnistria.
Ma anche il Cremlino si potrebbe esser trovato a scegliere tra conservare il baluardo più a occidente del suo scacchiere strategico, cioè Tiraspol, o piuttosto consolidare la sua posizione in Ucraina, nel Donbass, dove progetta di costruire un corridoio che colleghi via terra la sua federazione alla penisola crimeana, che, oramai quasi come la Transnistria, si ritrova isolata dal resto del territorio russo. Infatti, sia per ragioni economiche che di realpolitik, Mosca sa che non può tenersi impegnata su troppi fronti contemporaneamente. Inoltre le casse statali stanno già facendo fuoriuscire parecchi rubli per finanziare le operazioni belliche in Siria.
È in quest’ottica, allora, che Mosca potrebbe aver consentito alla Transnistria, forse per la prima volta nella sua breve storia, di fare scelte politiche autonome, come quella di aderire al DCFTA tra Unione Europea e Moldavia. Una decisione che permetterebbe al Cremlino di reindirizzare meglio i suoi sforzi politici e economici in altre regioni ritenute ora più prioritarie.
Valerio Mazzoni
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
La Russia deve aver fatto bene i propri conti, visto che Tiraspol continuerà comunque a orbitare nella sua sfera di influenza trattandosi di uno Stato a netta maggioranza russofona che con Mosca condivide visioni e idee. Allo stesso tempo, l’aver ceduto porzioni di influenza alla UE in Transnistria potrebbe agevolare Mosca nelle prossime trattative con Bruxelles e Kiev, che riguarderanno le autonomie nel Donbass e la possibile rimozione delle sanzioni economiche. [/box]
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