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Le relazioni UE-Turchia tra rifugiati, aiuti e libera circolazione

I rapporti UE-Turchia si stanno evolvendo alla luce della crisi dei rifugiati siriani. Infatti, sembra che proprio la posizione cruciale della Turchia come ponte tra il Medio-Oriente e l’Europa abbia spinto l’Unione Europea, incapace gestire i flussi migratori da sola, ad alimentare un maggiore appoggio da parte di Ankara nella logistica della crisi attraverso un oneroso piano economico di aiuti e un accesso facilitato all’area Schengen

UN VERTICE STORICO – «È un giorno storico per le relazioni tra l’Unione Europea e la Turchia»: queste le parole di Ahmet Davutoglu, Primo ministro turco, pronunciate dopo il vertice UE-Turchia tenutosi il 29 novembre a Bruxelles. Parole non prive di fondamento, considerando che è dal 1999 che Ankara e Bruxelles discutono l’accesso della Turchia nell’Unione (i veri e propri negoziati sono stati aperti nel 2005) e che proprio questo vertice stia offrendo, dopo lungo tempo, una prospettiva tangibile per i cittadini turchi di circolare liberamente nell’area Schengen, possibilmente entro il 2016. Questo testimonia quanto l’UE riconosca come cruciale il ruolo geopolitico dello Stato di Erdogan al momento. Infatti, la circolazione “visa-free” nell’area di “libertà sicurezza e giustizia” non arriverebbe senza nulla in cambio: il vertice ha anche sancito l’intesa tra il Governo di Ankara e gli Stati membri dell’Unione Europea a cooperare nella gestione della più grande crisi dei rifugiati dalla Seconda guerra mondiale. Per fare ciò, le parti hanno attivato il Joint Action Plan, che rinforza l’impegno comune a bloccare l’accesso – sia in Turchia sia nell’Unione Europea – di tutti quei migranti che non necessitano di protezione internazionale e a rimandarli al più presto nei loro Paesi d’origine in conformità con gli accordi di riammissione.

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TRE MILIARDI PER LA TURCHIA – L’UE ha promesso «l’immediata e continua assistenza umanitaria in Turchia», e ha preso l’impegno di stanziare tre miliardi di euro per aiutare il Paese nella gestione della crisi, in particolare per «fornire assistenza ai siriani sotto protezione temporanea in Turchia». La mossa appare sensata se si considera che in dicembre si stimavano quasi due milioni di rifugiati siriani sul suolo turco, e che la cifra non fa che aumentare, facendo presagire sempre più tentavi di ingresso sul suolo europeo. D’altro canto, però, non è ancora chiaro come verrà di fatto utilizzata questa considerevole somma. Inoltre, l’approvazione del budget e l’attuazione dell’Action Plan hanno incontrato non pochi intoppi tra novembre e oggi. In primis, l’opposizione dell’Italia, motivata dalla richiesta che l’intero fondo fosse coperto con budget dell’Unione Europea, e non dagli Stati membri. Un’opposizione molto criticata da Bruxelles e da altri Paesi (la Germania per prima) e ritirata il 3 gennaio, data dell’approvazione ufficiale del fondo per la Turchia. Dei tre miliardi di euro di stanziamento, uno (il doppio di quanto accordato in novembre) è coperto dai fondi europei e due sono distribuiti tra i membri, con la Germania – prevedibilmente – in testa, con un contributo di 427.5 milioni di euro.

IL PIANO OLANDESE – A dispetto dei tre miliardi di fondi e delle promesse di liberalizzazione dei visti, Turchia e UE sono comunque entrate in conflitto sulla questione rifugiati. Il motivo? Un’infelice proposta fatta dall’Olanda nel primo mese della propria presidenza al Consiglio Europeo. È stato Diederik Samsom, leader del partito laburista olandese, a proporre un piano secondo il quale l’Unione Europea potrebbe accogliere 250.000 rifugiati siriani (su base volontaria, come già aveva proposto la Commissione europea) direttamente da aree extra-UE – Turchia inclusa – a condizione che i migranti e rifugiati in arrivo sulle coste greche siano immediatamente rispediti in Turchia. Se gli Stati europei hanno avuto posizioni ambigue sulla proposta, lo stesso non può dirsi per gran parte della società civile e della Turchia stessa, che l’hanno accolta molto male. «Scordatevelo» ha detto Selim Yenel, ambasciatore turco presso l’Unione Europea «È inaccettabile, oltre a non essere praticabile». In effetti, il provvedimento sarebbe in contrasto con il diritto internazionale in materia di rifugiati, nonché irrealistico in termini di capacità degli Stati membri di re-distribuire 250.000 rifugiati in tempo utile. Come nota John Dalhuisen, direttore Europa e Asia Centrale ad Amnesty International, «nessuno dovrebbe farsi ingannare dall’aura umanitaria di questa proposta fondamentalmente difettosa. È una manovra politica pura e semplice, animata dall’intento di bloccare i flussi di persone disperate attraverso l’Egeo».

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SVILUPPI? – A coronare gli avvenimenti dei mesi passati, il 18 e 19 febbraio si è tenuto a Bruxelles il Consiglio Europeo sulla migrazione. Nelle conclusioni i membri sottolineano che «la piena e rapida attuazione del piano d’azione UE-Turchia rimane una priorità». Ma non solo: il Consiglio nota che «i flussi di migranti che giungono in Grecia dalla Turchia continuano a essere troppo elevati. Dobbiamo pervenire a una riduzione sostanziale e sostenibile del numero di ingressi illegali nell’UE dalla Turchia. Si rendono pertanto necessari ulteriori sforzi decisivi – anche da parte della Turchia – per garantire l’efficace attuazione del piano d’azione». Nessun riferimento all’ostracizzato piano olandese, tantomeno all’utilizzo dei tre miliardi per la Turchia o a nuove strategie tangibili per la gestione dei flussi. Intanto, mentre le riunioni del Consiglio sull’argomento si susseguono – l’ultima, sulla gestione delle frontiere esterne, il 24 febbraio – si prevede un nuovo incontro con Ankara il prossimo 7 marzo.

Marta Migliorati

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Per saperne di più sull’accesso della Turchia all’Unione Europea suggeriamo di consultare la pagina della Commissione Europea dedicata alle politiche di vicinato [/box]

Foto: The Prime Minister’s Office

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Marta Migliorati
Marta Migliorati

Classe 1989, milanese di nascita e cittadina del mondo per scelta, dopo una laurea in relazioni internazionali conseguita all’Università degli studi di Pavia, ho deciso di trascorrere qualche anno all’estero. Mi sono laureata in European Public Policy allo University College London nel 2013 e, in seguito, ho fatto diverse esperienze di stage nell’ambito dei diritti umani e affari internazionali nel contesto delle Nazioni Unite tra Ginevra e New York. Sono tornata da poco nella mia città natale, dove sto conseguendo un Ph.D in Studi Politici presso la Graduate School of Social and Political Science. Sono appassionata di diritti umani e politica internazionale, di politiche sull’immigrazione e affari umanitari. Studio le buone pratiche e i processi di apprendimento nel policy making Europeo.

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