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USA, braccio di ferro per la Corte suprema

In 3 sorsi La morte di Antonin Scalia, celebre giudice conservatore, lascia un seggio vacante nella Suprema corte statunitense a undici mesi dalla scadenza del mandato di Obama. Se da un lato i democratici vorrebbero nominare un sostituto rapidamente, dall’altro lato i repubblicani, che hanno in mano il Senato, vogliono evitare un lascito ingombrante del Presidente.

1. CHI ERA ANTONIN SCALIA – Antonin Scalia è stato per decenni una delle principali voci del conservatorismo statunitense, ma sarebbe limitativo considerarne solo questo aspetto. Nato nel 1936 in una famiglia italoamericana e di fede cattolica, Scalia, nominato giudice della Corte suprema nel 1986 da Ronald Reagan, ha profondamente influenzato il dibattito negli USA, assumendo posizioni sempre nette e aprendo la strada a una visione del diritto che è penetrata in ampi settori dell’opinione pubblica. Il New York Times lo ha definito un «gigante conservatore del diritto», ed è in questo senso che lo stesso Obama lo ha ricordato, al di là delle posizioni che il giudice ha assunto nei trent’anni trascorsi. Scalia, infatti, si è pronunciato senza riserve contro l’aborto e i matrimoni egualitari, a favore della piena libertà di protesta, della pena di morte, del diritto alle armi e della possibilità per organizzazioni e privati di finanziare senza limiti le campagne elettorali, fino alla recente scelta di bloccare momentaneamente l’ampliamento delle misure volute da Obama per la protezione ambientale (Clean Power Plan). Grazie al suo carisma, al suo sarcasmo (persino nei testi delle sentenze) e alla sua grande mediaticità, il giudice era considerato l’esponente più celebre della Corte. Tra le sue idee di riferimento, per esempio, c’era la dottrina dell’originalismo, secondo la quale la Costituzione non dovesse essere interpretata di volta in volta secondo il contesto, ma anzi dovesse essere attuata in modo fedele alle parole e allo spirito dei Padri che la scrissero: «L’unica Costituzione buona, – ebbe a dire, – è una Costituzione morta. Se fosse viva, qualcuno dovrebbe decidere come ampliarla e quando emergono nuovi diritti: in una democrazia, tutto ciò sarebbe una responsabilità enorme per nove giuristi, così come per trenta». Analogamente Scalia ha sempre sostenuto che le leggi debbano essere interpretate e applicate per ciò che è scritto nel testo, non tentando di comprendere quali fossero le intenzioni del Congresso. Una personalità, insomma, che ha cambiato la Corte suprema e la politica statunitense.

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Fig. 1 – La sede della Corte suprema a Washington

2. REPUBBLICANI E DEMOCRATICI – A questo punto la Corte suprema (composta da 9 membri) ha un problema d’impasse: 4 giudici progressisti contro 4 giudici conservatori. Considerando l’agenda politica, è inevitabile che lo scontro tra democratici e repubblicani divenga incandescente, soprattutto perché Obama, che a gennaio 2017 terminerà il proprio mandato, potrebbe lasciare in eredità una Corte a maggioranza progressista. Sabato 13, giorno della scomparsa di Scalia, il Presidente ha annunciato che sottoporrà al Senato un nominativo, sulla base dei poteri e dei doveri conferiti dalla Costituzione. Il problema è che il Senato ha una netta prevalenza repubblicana (54 a 44, più 2 indipendenti) e il leader della maggioranza, Mitch McConnell, ha dichiarato che il partito non accetterà alcuna forzatura. Questa linea, ovviamente, ha compattato tutti i candidati alle primarie del Grand Old Party durante il dibattito in South Carolina, mentre i democratici premono affinché il nuovo giudice sia scelto rapidamente, criticando la minaccia ostruzionistica della controparte – e per una volta Hillary Clinton e Bernie Sanders sono d’accordo. Da un punto di vista numerico per Obama è di fatto impossibile ottenere un giudice marcatamente progressista. L’incarico alla Corte suprema dura a vita, quindi i repubblicani useranno tutta la propria forza per evitare che, a 11 mesi dalla scadenza del mandato, il Presidente metta a segno un punto che potrebbe avere ripercussioni per molto tempo – come nel caso di Reagan con Scalia. Allo stesso tempo la Casa Bianca non accetterà una mediazione giocoforza al ribasso, pertanto è probabile che la Corte resti con otto membri fino al prossimo anno.

3. CORTE BLOCCATA? – Ma che cosa significa in pratica l’eventualità del “4-4”? Qualora analizzando una sentenza impugnata in appello i giudici non riescano a trovare un verdetto, vale quanto stabilito dalla corte inferiore, ma l’esito non costituisce un precedente (aspetto fondamentale per il diritto statunitense). Per le varie componenti politiche e sociali potrebbe esserci una sorta di rinvio delle battaglie al prossimo anno, perché in caso di parità all’interno della Suprema corte il pronunciamento di un tribunale della California sulla limitazione del diritto alle armi o del diritto all’aborto sarebbe confermato, però circoscritto alla vicenda in questione.

Beniamino Franceschini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

La Corte suprema degli Stati Uniti d’America è individuata dalla Costituzione come la corte federale di livello più elevato negli USA. I suoi giudici sono nominati a vita dal Presidente con il consenso del Senato e il numero dei membri è stato fissato a 9 dal Congresso nel 1869 – F.D. Roosevelt tentò senza successo di ampliarlo alla fine degli anni Trenta. La Corte ha due tipi di giurisdizione, ossia è tribunale di primo grado per alcune controversie (per esempio quelle che vedono parti in causa ambasciatori o Stati) e di secondo grado quando deve decidere sull’impugnazione di una sentenza emessa da una corte di livello inferiore. Inoltre può essere interpellata da una corte inferiore circa un quesito di diritto la cui interpretazione è correlata a un caso in esame. Altro compito fondamentale è il judicial review, cioè il sindacato di costituzionalità delle leggi statali e federali – come se la Suprema corte unisse le funzioni della Corte costituzionale e della Corte di cassazione italiane. [/box]

Foto: SteveMasker

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono specializzato in geopolitica e marketing elettorale. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa. Ho un gatto bianco e rosso chiamato Garibaldi.

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