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Le primarie del New Hampshire: vincitori e vinti

Caffè Americano  Le primarie del New Hampshire si sono concluse. Questi i risultati: per i democratici vince Bernie Sanders con il 60% dei consensi, contro Hillary Clinton che si ferma a un catastrofico 39%. Per i repubblicani invece, il primo posto lo conquista Donald Trump, con il 35%. Segue John Kasich al 16%. Terzo Cruz, al 12. Quarto Bush all’11. Quinto Rubio al 10,5.

LA SCONFITTA DI HILLARY – Alla fine i sondaggi avevano ragione. Hillary Clinton è stata letteralmente travolta in New Hampshire, Stato che in occasione delle primarie del 2008 l’aveva vista invece vincitrice contro l’allora rivale, Barack Obama. Il Granite State abbandona oggi la sua storica tendenza moderata, voltando decisamente le spalle all’ex first lady, che adesso vede seriamente in pericolo la possibilità di aggiudicarsi la nomination.
Per tutta l’estate, Hillary aveva considerato il New Hampshire proprio scontato feudo elettorale. Poi, il testa a tesa autunnale. Sanders ha via via rimontato, contendendole spietatamente il controllo dello Stato. L’Iowa ha fatto il resto. Il senatore del Vermont ha difatti sfruttato lo slancio datogli dall’ottimo piazzamento ottenuto la settimana scorsa nell’Hawkeye State, togliendo alla rivale la terra sotto i piedi. E che i rapporti di forza in loco fossero radicalmente cambiati, del resto, era chiaro da giorni. Si pensi soltanto all’ultimo confronto televisivo avvenuto tra i due avversari, che aveva segnato una decisa vittoria del candidato socialista. E difatti Hillary nel pomeriggio di martedì 9 aveva messo le mani avanti con un tweet, dichiarando che sarebbe stata dura vincere stavolta nel Granite State.
Ora per l’ex segretario di Stato si apre un calvario. Aveva difatti bisogno di due vittorie nette per sancire saldamente la propria leadership nel partito. Ma non ci sono state. E il futuro non le riserva aspettative rosee. Nel caucus del Nevada non ha difatti quasi alcuna speranza di vincere. E non a caso sono settimane che ha moltiplicato i suoi investimenti in South Carolina: Stato in cui spererebbe di avviare la rimonta. Territorio infido, tuttavia: anche nel 2008 i sondaggi lo davano appannaggio dell’ex first lady. Ma all’ultimo momento un senatore dell’Illinois glielo soffiò inopinatamente.
E adesso l’asinello rischia di ritrovarsi rappresentato da un socialista. Cosa che – se probabilmente farà piacere a qualche suo esponente radicale, come Elizabeth Warren – non può tuttavia che preoccupare l’establishment. Che potrebbe iniziare a pensare di attuare un piano B (leggasi Michael Bloomberg).

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Fig. 1 – Le cose si complicano enormemente per Hillary

IL TRIONFO DI TRUMP – Dato quasi per morto dopo il deludente secondo posto conseguito in Iowa, il miliardario newyorchese Donald Trump vince nettamente nel Granite State, ottenendo un trionfo di portata storica. E questo non soltanto per la sua capacità di ripresa o per il fatto di essere riuscito a conferire sostanza elettorale a una candidatura mediatica. Ma soprattutto, per essere stato in grado di imporsi in seno a un territorio storicamente tendente al voto moderato. La corsa di Trump dunque prosegue. Certamente questa vittoria non basterà a fargli conseguire la nomination. Ma quanti lo avevano dato spacciato hanno dovuto ricredersi. Per l’ennesima volta.

IL DISASTRO DI RUBIO – Disfatta umiliante per il senatore della Florida, Marco Rubio. Dato inizialmente tra i favoriti per imporsi nel Granite State, è crollato al quinto posto, dilapidando così il vantaggio accumulato dopo il caucus dell’Iowa. Probabilmente ha pesato la pessima performance registrata, in occasione del dibattito televisivo di Manchester, sabato scorso: quando, violentemente attaccato dal governatore del New Jersey Chris Christie, non ha saputo rispondere per le rime, limitandosi a ripetere slogan imparati a memoria. Partito alla grande, il giovane senatore ha quindi dato l’impressione non soltanto di essere un politico di scarsa esperienza ma anche – e soprattutto –un candidato prefabbricato. Colpa che gli elettori non gli hanno perdonato. E difatti nel pomeriggio CNN aveva mostrato exit poll, secondo cui ben il 64% dei votanti si dichiarava influenzato dal dibattito di sabato sera. Lo stesso senatore lo ha riconosciuto, chiedendo scusa con un post su Facebook.

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Fig. 2 – Marco Rubio fuori dai giochi dopo la disfatta in New Hampshire?

GLI ALTRI – Il governatore dell’Ohio, John Kasich, ottiene un ottimo risultato, piazzandosi secondo. Evento non del tutto inatteso, vista la preferenza tradizionalmente espressa dai repubblicani del New Hampshire per questo genere di maverick centristi, vagamente sinistrorsi (e difatti John McCain vi vinse nel 2000 e nel 2008, così come Mitt Romney nel 2012). Deludente invece il governatore del New Jersey, Chris Christie, che – nonostante gli sforzi compiuti in questo Stato – si ferma sotto la soglia del 10%: e non è quindi improbabile una sua prossima uscita di scena.
Infine, duello serratissimo tra Ted Cruz e Jeb Bush per la conquista del terzo posto. Alla fine se l’è aggiudicato d’un soffio Cruz, che raggiunge un buon risultato, vista la sua offerta politica radicale, particolarmente gradita agli evangelici: una quota elettorale mai risultata granché decisiva dalle parti del New Hampshire. Bush, dal canto suo, deve accontentarsi del quarto posto: certo, non un’ottima notizia, visto che parliamo di uno Stato in cui ha investito moltissimo e che avrebbe dovuto risultargli più congeniale in forza del suo moderatismo.
Eppure, a ben guardare, per l’ex governatore della Florida la situazione è seria ma non drammatica. Innanzitutto è riuscito parzialmente ad arginare la minacciosa concorrenza del suo ex pupillo, Marco Rubio. Ma soprattutto, come ha riportato recentemente Politico, nei giorni scorsi Jeb avrebbe avviato una strategia precisa: sopravvivere in New Hampshire, per placare i suoi spazientiti finanziatori. E rivolgersi poi massicciamente al South Carolina, dove spererebbe di avviare la propria riscossa. Non bisogna difatti ignorare che lì Bush disponga di un’ottima organizzazione sul territorio, oltre che di cospicui finanziamenti provenienti dal suo SUPER PAC: un insieme di risorse che i suoi diretti rivali (da Kasich a Rubio) non possono al momento neanche lontanamente sognarsi. E che nel lungo termine potrebbe fare effettivamente la differenza.

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Fig. 3 – Jeb Bush deve accontentarsi del quarto posto

SCENARI FUTURI – Con la vittoria di Trump e Sanders si conferma con forza il prevalere del voto di protesta. Il problema è capire quanto queste due candidature saranno poi effettivamente in grado di mantenersi in piedi. Non soltanto i due non godono infatti dell’appoggio da parte dell’establishment dei partiti per cui concorrono ma bisognerà capire se nel prossimo futuro l’elettorato statunitense continuerà realmente a puntare su di loro nella sempre più vicina corsa per la Casa Bianca. Per adesso soprattutto Sanders può dormire sonni tranquilli, forte del sostegno degli indipendenti e dei giovani. Ma il South Carolina – c’è da giurarci – si rivelerà un banco di prova durissimo per entrambi. E intanto, in mezzo a questo caos, un certo ex sindaco di New York inizia a fare i suoi calcoli…

Stefano Graziosi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Il 20 febbraio si terrà il caucus del Nevada per i democratici (che metteranno in palio 43 delegati) e le primarie del South Carolina per i repubblicani ( in palio qui 50 delegati) [/box]

Foto: DonkeyHotey

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Stefano Graziosi
Stefano Graziosi

Nato a Roma nel 1990, mi sono laureato in Filosofia politica con una tesi sul pensiero di Leo Strauss. Collaboro con varie testate, occupandomi prevalentemente di politica americana. In particolare, studio le articolazioni ideologiche in seno al Partito Repubblicano statunitense.

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