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L’Iran al voto per il rinnovo di Parlamento e Assemblea degli esperti

Il 26 febbraio si voterà in Iran per il rinnovo del Parlamento e dell’Assemblea degli esperti. Quali prospettive per la politica interna della Repubblica islamica?

L’IMPORTANZA DELLA POLITICA INTERNA – Spesso si commette l’errore di guardare solo alle relazioni che la Repubblica islamica intesse nel panorama regionale. Tanto più ora che il Presidente Hasan Rohani è in Europa, e le immagini degli incontri ufficiali con le Presidenze degli Stati da lui visitati ricordano tanto la ventata di ottimismo diffusa quando al suo posto c’era il Presidente riformista Khatami, relegato oggi a una posizione di invisibilità nella politica interna iraniana. Rohani ha scelto l’Italia quale primo approdo nel Vecchio Continente, e a lungo si sono discussi i motivi alla base di questa scelta sulle pagine della nostra stampa: sebbene escluso dal negoziato sul programma nucleare di Teheran, il nostro Paese ha sempre mantenuto un rapporto significativo con quello mediorientale in termini di scambi commerciali e influenze culturali. L’incontro con Papa Francesco può inoltre essere letto come un ulteriore sforzo (o magari il buon auspicio) per reinserire l’Iran nella comunità internazionale. Oltre agli interessanti scenari sul ruolo geopolitico iraniano e tralasciando, solo per questioni di scelta tematica, il determinante cambiamento degli equilibri mediorientali grazie a un incisivo rilancio dell’economia della Repubblica islamica, è necessario rivolgere lo sguardo all’interno del Paese. Certamente la rimozione delle sanzioni sul programma nucleare avrà un effetto anche sui delicati equilibri interni, incidendo sulla competizione tra i gruppi politici.

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Fig.1 – Elezioni in Iran

IL SISTEMA POLITICO La peculiarità del sistema politico iraniano arreca non pochi disturbi a chi si propone di analizzarlo con strumenti convenzionali o, per meglio dire, con quegli strumenti abitualmente impiegati nel decifrare il nostro sistema politico-istituzionale. L’assenza di partiti ufficialmente riconosciuti e l’assoluta mancanza di confini netti tra gli schieramenti, unita alla proverbiale bravura dei politici, non solo iraniani, di coinvolgere nelle loro visioni ideali distinti e talvolta contraddittori, è di gran lunga una delle questioni di maggior interesse per chi scrive. Questo non facilita il lavoro di analisi, specie quando si intende offrire una previsione sugli sviluppi della condotta politica della Repubblica islamica. In quella che appare come una grossa, inspiegabile macchina istituzionale che unisce organi elettivi ad altri imposti (la cui legittimità trascende il terreno e si affida al volere divino), gli iraniani che hanno superato i 18 anni sono chiamati al voto il 26 febbraio, per eleggere i membri del Parlamento e della Assemblea degli esperti. 

LE ISTITUZIONI – Il Parlamento, (in persiano: Majles-e Shura-ye Eslami), è un organo monocamerale che attiene al potere legislativo e si rinnova ogni 4 anni. L’Assemblea degli esperti (Majles-e Khobregan-e Rahbari) è un corpo istituzionale composto da 86 religiosi sciiti esperti di giurisprudenza islamica (Mojtahed, ossia colui che ha completato gli studi religiosi ed è, pertanto, qualificato a emettere le fatwa -pareri giuridici) soggetto al suffragio universale ogni 8 anni. Entrambi gli organi hanno un ruolo cruciale nel definire nel breve-medio periodo la direzione della politica interna della Repubblica islamica e gli aspiranti candidati agli stessi sono soggetti allo scrutinio dei 12 componenti del Consiglio del guardiani (Shura-ye Negahban-e Qanum-e Asasi), presieduto dal conservatore-radicale Ayatollah Ahmad Jannati. Il compito del Consiglio (di cui i 6 membri appartenenti al clero sciita sono direttamente scelti dalla Guida Suprema e i restanti 6 vengono eletti dal Majles) è quello di esaminare le candidature ed esprimere il veto su quelle considerate inadeguate, ma molto spesso questo incarico si trasforma in un arbitrario esercizio di potere a scapito delle figure più “controverse” (o ritenute tali), ossia coloro che non si allineano alle posizioni del regime.
Dopo che per tre volte consecutive i conservatori si sono imposti a maggioranza nelle file del Majles (negli anni 2004, 2008, 2012), non si aspettano grossi cambi di direzione, soprattutto guardando ai numeri. Oltre dodicimila candidature per i 290 posti in Parlamento sono passate al vaglio del Consiglio dei guardiani che, appellandosi ad inadeguate competenze dei candidati, scarsa aderenza ai principi islamici e della Repubblica islamica, ne ha autorizzate solo la metà. Tra queste, pochissime sono le presenze degli esponenti riformisti (si stima un 1% a fronte delle 3.000 candidature), vero bersaglio del blocco conservatore e, pertanto, soggette a un sistematico boicottaggio. Lo stesso Presidente Rohani ha pesantemente esposto la sua critica verso il Consiglio dei guardiani, sostenendo che le giustificazioni impiegate non fanno che da schermo a ben chiari obiettivi politici. L’amministrazione Rohani, infatti, si pone vicina alle tendenze riformiste, contrapposte a quelle che sono le aspirazioni delle frange più radicali del regime (innervate, tra l’altro, negli organi non elettivi come il Consiglio dei guardiani).

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Fig.2 – Il Parlamento iraniano in seduta

L’IMPORTANZA DEL MAJLES  – La sua rilevanza è insita nel fatto che questo organo avrà il potere di ostacolare l’operato dell’esecutivo, quindi del Presidente della Repubblica, come peraltro si è osservato nei ripetuti tentativi del Parlamento uscente a guida conservatrice nell’atto di sfiancare il negoziato con i P5+1 (la delegazione internazionale incaricata di sciogliere i nodi sull’annoso programma nucleare iraniano). Leggendo la prima pagina in lingua farsi di Key’han, “braccio mediatico” dei tradizionalisti, ci si accorge chiaramente della posizione ufficiale diffusa negli ambienti conservatori del Paese. In un articolo del 27 gennaio emergono i primi numeri, cosa completamente assente nella versione inglese che lo stesso quotidiano fornisce online, dove, infatti, non vi sono riferimenti a quanto accade all’interno della Repubblica islamica e alla competizione elettorale. Per ovvie ragioni di conformità ideologico-politica, il giornale di Hossein Shariatmadari loda l’operato del Consiglio dei guardiani, non facendosi mancare l’occasione di imputare alla congiuntura esterna (quindi alla propaganda mediatica internazionale) il tentativo di infangare il processo di esame e verifica degli aspiranti candidati. Sempre secondo quanto riporta il quotidiano, per la quinta Assemblea degli esperti si erano registrati 801 candidati, di cui 421 sono risultati non eleggibili o si sono autonomamente ritirati. L’ispezione sui 380 restanti (7 erano stati preventivamente esclusi per aver fornito documenti incompleti) solo 166 sono stati ammessi a competere nell’agone elettorale. A suscitare clamore è il primo nome tra gli esclusi, quello del nipote del fondatore della Repubblica islamica (l’Ayatollah Khomeini) Hasan Khomeini, spalleggiato da una delle figure più influenti e controverse della politica iraniana, il capo del Consiglio per il discernimento (Majma-e Tashkhis-e Maslahat-e Nezam) Ali Akbar Hashemi Rafsanjani. Secondo quanto esprime Akbar Ganji, noto dissidente iraniano, la sola giustificazione formale per la squalifica di Khomeini sarebbe potuta essere la mancanza del titolo di Mojtahed. Ma, considerando le sue posizioni vicine a quelle dell’amministrazione Rohani, ben si evince quale possa essere stato il vero motivo implicito alla sua squalifica.

PROSPETTIVE – La prossima Assemblea degli esperti sarà verosimilmente quella incaricata di eleggere (ed eventualmente dimettere) il successore dell’attuale Guida suprema, Ali Khamenei, adempiendo al suo compito costituzionalmente riconosciuto negli articoli 107 e 111. Da tempo le condizioni di salute di Khamenei sono soggette a speculazioni più varie, ma è altamente probabile che entro i prossimi otto anni si verifichi la sua successione, aprendo scenari che varrebbe la pena di indagare. Il rinnovo dei membri di Assemblea e Parlamento avrà, quindi, un ruolo chiave nella definizione della leadership politico-religiosa della Repubblica islamica, sebbene l’Assemblea si riunisca solo due volte all’anno e venga considerata una sorta di longa manus del Rahbar. In aggiunta, le dinamiche interne giocheranno un ruolo significativo nell’andatura della politica estera. Sebbene la squalifica dei riformisti vada a scapito di una grossa fetta di elettorato, aspettiamo i risultati di febbraio per avanzare scenari più concreti sui possibili giochi di potere nella Repubblica islamica, ormai sul trampolino di lancio per affermarsi come indiscussa potenza regionale.

Giorgia Perletta

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Sulla figura di Hasan Khomeini si consiglia, dalle pagine di Foreign PolicyThe second coming of Khomeini.

Vi suggeriamo inoltre, sulle nostre pagine:

 

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Giorgia Perletta
Giorgia Perletta

Accento abruzzese e occhi di mandorla, un mix che dalla nascita (un Martedì del 1990) mi ha tatuato addosso le forti radici e l’esotismo d’Oriente. Sono dottoranda in Istituzioni e Politiche presso l’Università Cattolica di Milano dove ho conseguito una laurea in Sociologia e Giornalismo, una (magistrale) in Relazioni Internazionali e, (non c’è due senza tre), un Master in Middle Eastern Studies. Ho vissuto per 5 mesi a Seul -quando da Nord schieravano i missili al confine dichiarando lo stato di guerra- e lavorato a Milano in una redazione tele-giornalistica nazionale. La mia rosa dei venti punta verso il Medio Oriente e, soprattutto, verso l’Iran, Paese che mi ha fatto innamorare di una molteplicità dei suoi aspetti; tra questi il Persiano, che ho iniziato a studiare un’estate all’Università di Teheran.

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