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Brasile, quali fonti di energia per un futuro più indipendente?

Il Brasile dispone di risorse naturali che consentono una elevata diversificazione in fatto di energia, nonostante ciò l’obiettivo degli ultimi governi è stato quello di ampliare la filiera per l’approvvigionamento. I problemi non mancano e, soprattutto, quando si tratta di distribuire l’energia sul territorio nazionale, le infrastrutture dimostrano di non essere ancora all’altezza delle grandi sfide energetiche

ENERGIA, UN QUADRO GENERALE  Le preoccupazioni in campo energetico cominciarono ad essere analizzate dai governi militari brasiliani negli anni ’70, come risposta alle crisi petrolifere degli stessi anni appunto. Il progetto più concreto fu quello delle centrali nucleari di Angra dos Reis, che sono tutt’oggi attivi e in fase di ampliamento, le centrali idroelettriche e il programma Pró-Alcoól che introduceva l’alcol come combustibile alternativo ai derivati del petrolio. La logica era quella di ridurre la dipendenza del Brasile soprattutto dai combustibili fossili provenienti dall’estero, i costi interni di gestione e di distribuzione di energia.
Negli anni più recenti, con il piano nazionale energetico 2030 inaugurato nel 2007, il Brasile ha disegnato le strategie per definire le politiche energetiche per il fabbisogno del Paese fino al 2030; è il primo documento politico che ambisce a produzione e forniture di energia per la sicurezza energetica per i prossimi quindici anni. In questo proposito vengono considerate tutte le fonti energetiche come essenziali per il Paese, alcune con potenziale ancora da esaminare altre più classiche e altre da considerarsi come il piatto forte della cucina dell’energia brasiliana. Il governo brasiliano però, con il nuovo Presidente Michel Temer, ha esaminato la possibilità di vendere l’energia elettrica in eccesso all’Argentina, e conseguentemente di cancellare alcuni progetti di generazione di energia già pianificati, ma non ancora iniziati.
Data la forte crescita degli anni 2000, in Brasile i costi dell’energia hanno subito un aumento, oltre i consumi energetici si aggiungono; la modernizzazione dell’agricoltura, i maggiori consumi dell’industria, della popolazione e un innalzamento dei livelli di benessere individuale e familiare. La distribuzione rimane ancora un problema serio e il fatto rischia spesso di bruciare il vantaggio generato dalle grandi ricchezze naturali dalle quali il Brasile ricava parte dell’energia per il consumo nazionale. Il problema del Brasile infatti non è l’energia, bensì la carenza di efficienza nel sistema di trasmissione di quest’ultima, che perde infatti notevoli percentuali nel percorso dalla fonte alla destinazione. È da sottolineare che il sistema di distribuzione elettrica brasiliano è un sistema vulnerabile soprattutto alle forti precipitazioni di pioggia, dato il clima generalmente tropicale e subtropicale, questo comporta numerosi black-out anche nelle metropoli di San Paolo e Rio de Janeiro.

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Fig. 1 – Una petroliera a largo della costa di Rio de Janeiro

PRÉ SAL E NUOVE SFIDE – alla fine Dio potrebbe essere davvero brasiliano, era il sottotitolo di un articolo dell’Economist del 2007 che riprendendo un vecchio detto brasiliano, immaginava il Brasile come un’alternativa superpotenza energetica, vista la scoperta di nuovi giacimenti di petrolio nelle proprie acque territoriali. Difatti, ciò che ha vissuto il Brasile negli ultimi 16 anni è qualcosa di unico, il Paese infatti è passato da essere importatore a esportatore netto di petrolio.
Il Brasile già detiene petrolio a sufficienza per coprire le esigenze domestiche con il piccolo dettaglio che le risorse fossili brasiliane sono di una qualità meno appropriata alle raffinerie nazionali (petrolio brend), tanto da obbligare il Paese ad esportare il petrolio e reimportarlo trattato (qualità light). È proprio sul petrolio che il Brasile insieme alla maggioranza dei paesi latino americani, si è impegnato attraverso il Patto COP 21, a trovare risorse alternative ai combustibili fossili. Nei fondali del mare brasiliano però giacciono importanti riserve di petrolio e gas, per un totale che oscilla tra i 5 e gli 8 bilioni di barili di petrolio a 5000 metri di profondità, a largo della costa di San Paolo, denominato campo Tupi. Questo dato insieme all’altro giacimento di petrolio, il Carioca con 33 bilioni di barili stimati, lancerebbero il Brasile sullo scenario energetico latinoamericano, avvicinandolo agli altri Paesi che possiedono giacimenti più grandi. Al momento della scoperta del pré sal, nel 2007, è stato considerato come uno dei giacimenti più grandi scoperti negli ultimi anni, secondo solamente a quello di Kashagan in Kazakistan. Queste riserve potrebbero far pensare ad un accantonamento degli ambiziosi propositi di riduzione dello sfruttamento di combustibili fossili.
Gli investimenti che serviranno ad estrarre il petrolio della costa santista e carioca non sono pochi, ma assicureranno al Paese una rendita importante per poter scalare la classifica dei più grandi produttori di petrolio ed ergersi come fornitore alternativo sul mercato mondiale. È tuttavia importante ricordare, che estrarre il petrolio e il gas richiederà un investimento di circa 600 miliardi suddivisi in ricerche, istallazioni sottomarine, piattaforme, varie tecnologie subacquee, perforazioni e altre attività fra servizi e produzione. La grandezza della sfida e l’uragano politico economico che si è abbattuto sul Brasile nel 2015, hanno di fatto rallentato il cammino dell’esplorazione e del progetto pilota di produzione di petrolio. Infatti, nonostante il governo Temer consideri come prioritario il progetto, è ormai chiaro che la Petrobras non avrà più l’obbligo di essere l’operatore principale della missione e soprattutto è palese che la compagnia petrolifera brasiliana non disponga delle risorse necessaria per affrontare da sola gli investimenti per lo sfruttamento del Pré-sal.

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Fig. 2 – La centrale nucleare di Angra 2.

L’ENERGIA E LA SFIDA DEL NUCLEARE – Sebbene sia ancora in fase di evoluzione e di ri-pianificazione, la costruzione del terzo reattore è iniziata solo nel 2010 ed entrerà in funzionamento nel 2018, il progetto nucleare brasiliano trova le sue origini nelle ricerche dell’Università di San Paolo (USP) già negli anni 30′ del’900. Ad oggi, le centrali nucleari in funzione in Brasile sono quelle di Angra 1 e Angra 2, situate sulla spiaggia di Itaorna nel comune di Angra dos Reis. Il luogo fu scelto per la sua strategica posizione centrale ai tre stati più importanti del Paese; Minas Gerais, San Paolo e Rio de Janeiro. Il 3% dell’energia elettrica prodotta in Brasile deriva dai reattori nucleari di Angra dos Reis attivati nel 1982. Da evidenziare la nascita della cooperazione tra Brasile e Argentina in materia di nucleare già a partire dagli anni 40′; tale cooperazione fu benedetta anche dagli Stati Uniti che spinsero molto affinché i due paesi avviassero un sistema di mutua ispezione.
Poco prima che il processo di impeachment venisse avviato e la Presidente Dilma Rousseff venisse sospesa, il governo aveva dichiarato di voler integrare il piano nazionale per l’energia con la costruzione di nuove centrali nucleari. Già nel piano 30 sopra citato, con orizzonte al 2030, erano previsti 4 nuovi impianti nucleari, rinforzando così la scelta di tale tecnologia.

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Fig. 3 – La centrale nucleare di Angra 3 in costruzione.

LA CENTRALE DI ANGRA 3 – Si tratta dell’unico progetto di ampliamento nucleare in Brasile, la centrale di Angra 3 rappresenta il sesto investimento del programma per lo sviluppo (PAC), con ben 10 miliardi di reais di spesa (2,7 miliardi di euro) previsti. L’impianto produrrà circa una media di 1.124 MW e la sua conclusione è prevista per il 2016 anche se precedentemente la consegna era stata stimata per il 2015. Il reattore è stato realizzato da un progetto della Siemens/KWU esattamente come quello di Angra 2; localizzata sulla spiaggia di Itaorna dove si trovano anche gli altri reattori di Angra 1 e 2. La localizzazione rispecchiava la volontà delle autorità di centralizzare l’investimento in una zona geografica importante per la sua posizione situata in prossimità dei tre principali centri di carica di energia del sistema elettrico brasiliano; ovvero San Paolo, Rio de Janeiro e Belo Horizonte, per non citare la vicinanza di importanti infrastrutture autostradali, l’ottima accessibilità dell’area e la prossimità al mare.
In conclusione il Brasile sta portando avanti un piano relativamente differenziato di produzione e di approvvigionamento di energia, anche se il percorso ha subito brusche frenate dovute alla recente, e tutt’ora vigente, crisi economica e importanti cambiamenti di governo, nonché di indirizzo politico. Resta da capire con che ritmo il Brasile intende condurre i suoi piani energetici e quanto la non ancora risolta crisi economica rallenterà il cammino, specialmente per il progetto nucleare di Angra 3 in costruzione e di ulteriori centrali. Non si tratta solo di una missione per assicurare l’energia nazionale, bensì di concretizzare l’ambizione di ricoprire un ruolo globale, oltre che regionale, nelle sfide energetiche di domani.

Alessandro Gaini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Una bomba atomica brasiliana? Attraverso una lettera del senatore repubblicano Paul Findley, indirizzata al vice presidente del Brasile Adalberto Pereira e al presidente dell’Argentina Jorge Rafael Videla, si poneva la prima pietra dell’accordo che di fatto evitò la corsa alla fabbricazione di una bomba atomica fra Brasile e Argentina. Findley aveva visitato i due paesi nel 1977, epoca in cui si rifiutavano di firmare il patto di non proliferazione nucleare del 1968; con la sua visita gli Stati Uniti manifestavano la loro volontà di controllare i piani dei due giganti latino americani. La cooperazione funzionò solo qualche anno dopo, nel 1985, quando il segretario di stato americano Shulz ripropose la linea di Findley per promuovere il mutuo controllo fra i due paesi, e così nacque l’agenzia brasiliana-argentina di controllo e contabilità dei materiali nucleari. Era la prima cooperazione nucleare della storia, negli anni ’90 Brasile e Argentina firmarono anche il Trattato di non proliferazione di armi nucleari. [/box]

Foto di copertina di Marinelson Almeida Silva Rilasciata su Flickr con licenza Attribution License

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Alessandro Gaini
Alessandro Gaini

Italiano espatriato in Brasile per lavoro. Classe 1989. Laureato in Studi Politici all’Università di Firenze, dopo un soggiorno di un anno a Londra, sono approdato a Roma dove ho conseguito la magistrale in Scienza del Governo. Ho frequentato il master dell’Istituto per il commercio estero sull’internazionalizzazione delle imprese italiane. Mi occupo di export e strategia internazionale per le imprese, lavoro attualmente nel settore dell’ecologia industriale per la filiale di San Paolo di un’azienda italiana. Sono da sempre amante di geopolitica e di lingue straniere.

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