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Jihadisti dalla Bosnia: una storia in tre atti

Da Sarajevo – Dal 2012, almeno 156 jihadisti maschi sono partiti dalla Bosnia per la guerra in Siria. Un fenomeno che ha visto tre fasi, seguite alle evoluzioni delle esigenze dello Stato Islamico.

AUTUNNO 2012-PRIMAVERA 2013: CONTATTOIn Bosnia operano alcune comunità di neo-salafiti (o wahabiti), localizzate perlopiù nella parte nord-occidentale della Bosnia, come a Gornja Maoča e Osve, o alla periferie delle città principali, come Sarajevo e Zenica. Agli occhi degli abitanti – islamici sunniti fondamentalisti – la comparsa dell’ISIS rappresenta una novità assoluta: per la prima volta dall’abolizione del Califfato nel 1924 possono andare a vivere in uno stato islamico, basato sull’applicazione giuridica della shari’a. È in questi ambienti isolati che per alcuni giovani bosniaci è possibile iniziare a sentire il richiamo al jihad. Più del 60% degli jihadisti partiti dalla Bosnia ha soggiornato, visitato o intrattenuto rapporti con queste comunità.
Le prime partenze sono motivate innanzitutto da ragioni umanitarie. Cittadini bosniaci, quasi esclusivamente uomini, trascorrono circa due mesi in Siria ed Iraq per subentrare ad altri combattenti jihadisti. Analizzando il profilo dello jihadista bosniaco, emergono due trend generazionali. Se per i più giovani partire per la Siria è anche una possibilità di emancipazione dalla famiglia e da un contesto socio-economico che li marginalizza, per i più anziani è l’occasione sperata per riprendere il jihad. Hanno vissuto la guerra in Bosnia del 1992-1995 come una guerra santa abortita: già vent’anni fa lottavano per uno stato islamico.
In questa fase si collaudano le rotte utilizzate dagli jihadisti. I cittadini bosniaci raggiungono la Siria soprattutto in aereo, dall’aeroporto internazionale di Sarajevo attraverso Istanbul. Solo una minoranza viaggia interamente via terra attraversando Serbia, Bulgaria e Turchia. Giunti sul suolo turco, proseguono con voli interni per giungere in città vicine al confine siriano: fino a Gaziantep e poi via terra fino a Azaz, attraverso Kilis; o fino ad Hatay e poi via terra fino ad Aleppo, attraverso Reyhanli, sconfinando a Bab al-Hawa. Ai confini sono aiutati da network locali che consentono di raggiungere le aree di conflitto. Essendo impossibile unirsi alle formazioni combattenti jihadiste senza l’intermediazione di questi network, è probabile che a questo scopo siano fondamentali le reti attive già in Bosnia nel reclutamento e nel supporto logistico ai foreign fighter. Ovvero proprio le comunità di neo-salafiti bosniaci.

Villaggio Olimpico di Sarajevo, dettaglio // Sobanland

Fig. 1 – Villaggio Olimpico di Sarajevo, dettaglio. Credits, Sobanland

ESTATE-INVERNO 2013: RADICAMENTO  Nel 2013 il numero delle partenze aumenta e cambia il ruolo degli jihadisti bosniaci. Molti tornano in patria per trascorrere alcune settimane e poi ripartire con mogli e figli. Alcuni veterani giunti in Siria sono dotati di capacità militari e hanno esperienza in teatri di conflitto, in primis quello bosniaco. Specialmente, c’è una crescente richiesta di combattenti esperti in grado di maneggiare artiglieria anti-carro. Alcuni iniziano a trasferirsi anche per tenere corsi di religione a membri delle varie formazioni militari che si oppongono al Presidente Bashar al-Assad.
Questa pausa, nel 2013, segna una svolta determinante soprattutto per gli jihadisti più giovani: perché ripartono con la famiglia? Alcuni erano già sposati in precedenza, altri contraggono matrimonio in quel lasso di tempo, principalmente per i benefici accordati ai foreign fighters che arrivano in Siria con le proprie famiglie, dove viene permesso loro di occupare le case lasciate vuote dai profughi siriani. Oltre all’incentivo economico, sposarsi ed emigrare con la consorte permette di eliminare alcune componenti emotive, come nostalgia o alienazione. Da quel momento gli jihadisti combattono non solo per il raggiungimento del proprio obiettivo missionario, ma anche per proteggere i propri cari.
Le donne hanno iniziato a partire dalla Bosnia per la Siria nel 2013, seguendo proprio questo trasferimento familiare. Ventiquattro donne sono partite quell’anno, mentre 10 nel 2014, con 2 casi in cui non è stato possibile determinare la data di partenza. Nei rari casi in cui le donne bosniache sono arrivate in Siria senza un riferimento maschile (marito, padre o fratello), sono state, anche se minorenni, sottoposte a pressioni per sposarsi lì, solitamente con uno dei connazionali jihadisti, o sono state assegnate a un protettore. Il loro ruolo è quasi esclusivamente ridotto a quello tradizionale di cura della famiglia, con solamente un caso in cui una donna bosniaca sia stata inserita all’interno di una formazione militare (un corpo di polizia).

Minareto di Jaice, Bosnia centrale // Giulia Stagnitto
Fig. 2 – Minareto di Jaice, Bosnia centrale. Credits, Giulia Stagnitto

IL 2014: RIDUZIONE – In questa fase diminuiscono sia le partenze che i ritorni. Buona parte degli jihadisti bosniaci e delle loro famiglie non ha intenzione di ristabilirsi in Bosnia: sono ormai definitivamente intruppati nelle formazioni dello Stato Islamico, entità statale che chiede un’adesione totale, simbolicamente racchiusa nel gesto di bruciare il passaporto.
La riduzione nelle partenze è probabilmente dovuta a due fattori principali. All’inizio del 2014 ci sono stati frequenti scontri intestini tra milizie jihadiste, in cui i combattenti bosniaci, essendosi uniti alla prima unità jihadista incontrata al loro arrivo in Siria, si sono ritrovati spesso in fazioni contrapposte. Questo conflitto infra-islamico potrebbe aver ridimensionato l’entusiasmo degli aspiranti foreign fighter bosniaci, che si attendevano un semplice scontro tra fedeli e infedeli, buoni e cattivi.
Inoltre, precedendo gli Stati europei nel contrasto normativo al jihadismo, sono stati approvati, a metà 2014, degli adeguamenti legislativi del Codice criminale bosniaco che inaspriscono le pene per chi parte alla volta dei conflitti mediorientali e per chi organizza queste partenze, aumentando anche il controllo degli aeroporti in ottica preventiva. Chi decide di partire per la Siria, quindi, rischia l’incarcerazione e si trova costretto ad utilizzare aeroporti non bosniaci, con un conseguente aumento dei costi di viaggio. Gli effetti di queste modificazioni legislative non si sono fatti attendere: come ricorda Rodolfo Toè su Balkan Insight, la prima condanna è stata emanata già ad ottobre 2015, punendo quattro cittadini bosniaci che volevano unirsi alle brigate islamiste in Siria, e il 5 novembre il predicatore Bilal Bosnić è stato condannato a sette anni di carcere per aver svolto opera di reclutamento.

Simone Benazzo

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Se si parla di jihad 2.0, è perché il jihadismo è un fenomeno moderno. Per analizzare le sue caratteristiche, Il Caffè Geopolitico ha dedicato il numero 5 dei suoi Quaderni proprio all’analisi dei diversi modelli di radicalizzazione fondamentalista.  [/box]

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Simone Benazzo
Simone Benazzo

Classe ’91, il mio nido è in Valtellina. Faccio i primi voli a Bologna, per poi atterrare a Torino, dove studio Scienze Internazionali. Al momento sono a Sarajevo a collezionare storie. Mi interesso di Bosnia, Caucaso e migrazioni. Collaboro con varie testate di settore.

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