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I democratici USA tra Siria e Watergate

In 3 sorsi – Sabato 19 dicembre è andato in onda il terzo e ultimo dibattito del 2015 del Partito Democratico statunitense, svoltosi al Saint Anselm College di Manchester, in New Hampshire. Numerosi gli argomenti affrontati, dall’economia alla restrizione sull’acquisto delle armi. Due però sono stati i temi più caldi della serata: l’approccio dei tre candidati al problema Siria e lo scandalo del Watergate che ha colpito il candidato socialista Bernie Sanders.

1. IL TEMA SIRIA– I tre candidati del Partito Democratico, Hillary Clinton, Bernie Sanders e Martin O’Malley (ex sindaco di Baltimora e governatore del Maryland), durante il dibattito andato in onda sull’ABC e moderato da David Muir (conduttore del World News Tonight with David Muir) e Martha Raddatz (la Chief Global Correspondant del network), hanno affrontato il delicato tema della Siria. In un momento in cui il problema siriano si trova al centro della politica estera internazionale e della sicurezza, i candidati non potevano ignorarlo, anche perché parlare di Siria, inevitabilmente, vuol dire affrontare anche il tema Russia, Turchia e Nato, argomenti imprescindibili dalla retorica della politica estera Usa. Sanders, sul tema, si è dimostrato il più isolazionistatra i candidati. Secondo il Senatore del Vermont, non è più compito degli Stati Uniti essere il grande poliziotto del sistema internazionale e non spetta più a loro ristabilire l’ordine. O almeno non da soli: viene, infatti, espressa l’esigenza di tornare a far parte di una coalizione internazionale con la Russia, un approccio che non si allontana dalla politica odierna di Obama (è di poco tempo fa la notizia che gli Usa collaboreranno con la Russia e altri Paesi, sotto l’egida Onu, per risolvere la questione Siria) e che ritorna agli anni ‘90, in cui Usa e la neonata Russia collaboravano nel Consiglio di Sicurezza per risolvere i contenziosi internazionali, tra cui l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein. Sanders ha però affermato che sia necessaria una strategia a lungo raggio, che preveda un piano per ristabilire l’ordine dopo la rimozione dal governo di Assad, per evitare gli errori commessi in Libia: il dittatore deve essere mandato via, ma l’anarchia dopo la sua detronizzazione deve essere evitata. O’Malley è invece più moderato e afferma che non sia compito degli Usa decidere se la Siria debba essere liberata dal tiranno oppure no. La Clinton, invece, non smentisce la sua vena interventista: nella sua opinione, è necessario rimuovere Assad a tutti i costi, perché non è altro che una figura che alimenta le violenze e l’instabilità nella regione. Tutti e tre i candidati, però sono d’accordo sul non mandare truppe di terra in Siria e Iraq.

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Fig. 1 – Bernie Sanders, “condannato” al secondo posto nella lotta per la nomination democratica?

2. IL MINI WATERGATE – Al centro del dibattito c’è stata anche la vicenda del mini Watergate scoppiato durante la campagna elettorale di Bernie Sanders. Lo scandalo è nato mercoledì 16 dicembre, quando il Washington Post ha rivelato che i responsabili informatici dello staff di Sanders, a causa di un guasto nel sistema, hanno avuto accesso a informazioni private e datiraccolti durante la campagna elettorale dagli sfidanti. Con l’apertura dell’inchiesta, Sanders ha affermato che collaborerà durante l’indagine e, anche grazie a questa dichiarazione, ha riguadagnato l’accesso ai database degli elettori, dopo il blocco imposto per l’intrusione nel sistema della Clinton. Quest’ultima, però, non ha approfittato della debolezza dello sfidante; anzi, la Clinton ha apprezzato la collaborazione di Sanders, il quale si è dichiarato disposto a licenziare i responsabili dell’errore commesso. Durante il dibattito, Sanders si è scusato con Hillary, la quale ha accettato le sue scuse dicendo che “bisogna andare avanti perché agli statunitensi queste cose non interessano”. Una frase simbolica, molto simile a quella pronunciata da Sanders quando, durante il primo dibattito, la Clinton fu attaccata per lo scandalo Emailgate, ma “difesa” dal Senatore del Vermont.

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Fig. 2 – Hillary Clinton sembra sempre più lanciata verso la vittoria alle primarie Democratiche

3. I FOCUS DEL DIBATTITO– Oltre a questi temi ne sono stati affrontati molti altri, in un dibattito acceso e pieno di contenuti. Inutile dire che la vittima degli attacchi contro i repubblicani sia stata specialmente Donald Trump.Accusato di essere il migliore reclutatore dell’ISIS, poiché le misure da lui pensate non fanno altro che aumentare l’estremismo e l’integralismo dei musulmani, Trump è stato preso d’assalto. L’ex First Lady ha sottolineato che l’Isis vuole un’invasione Usa per legittimare ancora di più il suo operato e la sua strategia di terrore e violenza e i discorsi di Trump non fanno altro che rafforzare questa retorica. Anche O’Malley si è unito alle accuse, riferendosi al repubblicano come “il miliardario dalla bocca grande”. Gli altri temi affrontati sono stati la lotta alla lobby delle armi (secondo i candidati, in linea con i valori di Obama, armare più persone non è una risposta al problema della sicurezza nazionale), l’Obamacare e le politiche economiche. Sanders ha affermato che sia necessario creare un’economia che aiuti le famiglie ed è tornato ad accusare la Clinton di aver messo in atto una campagna elettorale corrotta e troppo vicina ai poteri di Wall Street, i quali stanno distruggendo la vita di milioni di statunitensi. La Clinton controbatte dicendo che sia necessario collaborare con questi attori, utili per generare ricchezza e posti di lavoro. Inoltre, l’ex Segretario di Stato ha aggiunto di avere un piano per imporre tasse più elevate ai più ricchi ma non alla classe media, aggiungendo di voler agire seguendo l’esempio della Buffet Rule, una proposta di legge voluta da Obama, la quale prevedeva di alzare al 30% la tassazione a coloro che dichiarano più di un milione di dollari. Sanders e O’Malley, invece, hanno proposto di ripristinare il Glass-Steagall Act, approvato nel 1933, il quale impediva la fusione tra banche commerciali e società finanziarie d’investimento o di assicurazioni. Il marito della Clinton cancellò l’Act nel 1999, attirandosi l’antipatia di molti democratici. Alla conclusione del dibattito, la Clinton si ritrova con 20 punti al di sopra di Sanders nei sondaggi; la sua vittoria nelle primarie del 2016 sembra, così, sempre più vicina.

Giulia Mizzon

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Tramite questo link è possibile vedere l’intero dibattito. [/box]

Foto: US Embassy New Zealand

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Giulia Mizzon
Giulia Mizzon

Nata a Imperia nel 1992, laurea magistrale in Politiche Europee e Internazionali all’Università Cattolica di Milano. Affascinata dalle dinamiche della politica internazionale, frequento un Master in International Relations all’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali. Confesso di essere un’amante degli States, sempre presenti nei miei programmi futuri, e una lettrice accanita di qualsiasi cosa mi capiti sottomano.

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