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Damasco in fiamme

Un’esplosione ha causato molte vittime nella capitale siriana, solitamente tranquilla e sicura. Perché la nuova ondata di terrorismo (se di terrorismo si tratta, date le smentite) colpirebbe la Siria? L’Iran come obiettivo indiretto e gli arabi sunniti che non si dispiacciono…

 

L’ESPLOSIONEDamasco brucia. La capitale siriana non è più sicura come una volta e, qualora servissero ulteriori conferme, l’esplosione di stamattina arriva puntuale a turbare il Presidente della Siria Bashar al-Assad e i milioni di siriani che da mesi sperano di poter vedere il loro Paese tornare a far parte degli Stati graditi alla Comunità Internazionale. L’esplosione di questa mattina ha coinvolto un autobus di pellegrini sciiti, secondo alcune fonti iraniane, che si dirigevano in uno dei luoghi sacri dello sciismo presenti a Damasco: la moschea di Sayda Zeynab. Secondo le prime fonti vi sarebbero almeno 6 morti e molti feriti coinvolti nell’esplosione, avvenuta nei pressi di una stazione di benzina. Non è certo che si tratti di un attentato, dal momento che le autorità siriane hanno parlato di un “incidente”. Tale versione però sembra alquanto strana, riportando che uno pneumatico dell’autobus sarebbe scoppiato causando a sua volta lo scoppio di una bombola di gas presente nella stazione di rifornimento. Vedendo le lamiere dell’autobus scaraventate a decine di metri dal luogo dell’esplosione, risulta strano che lo scoppio di una gomma possa aver provocato quell’inferno.  Se si trattasse di un attentato dunque, cosa potrebbe esserci dietro questo ennesimo atto di destabilizzazione in Medio Oriente? Perché proprio la Siria, Paese relativamente tranquillo da decenni e che ultimamente sembra essere in buoni rapporti con quasi tutti i vicini regionali? Possiamo fare delle ipotesi, interpretando i dati a nostra disposizione circa la situazione siriana, la congiuntura che sta attraversando il Medio Oriente e i rapporti di Damasco con gli altri attori regionali, fermo restando che non è certo che si tratti di un attentato.

 

LE SVOLTE DI DAMASCONon si può non notare che l’obiettivo dell’eventuale attentato sia stato, chiaramente, la comunità sciita. Per chi ha memoria lunga, possiamo ricordare che nel settembre del 2008 un altro attentato compiuto nella capitale siriana aveva coinvolto sempre un quartiere sciita, provocando 17 vittime. Allo stesso tempo se si tratta di un attentato non può essere un caso la coincidenza con la visita a Damasco, prevista proprio per oggi, di uno dei più importanti uomini del regime dell’Iran: il capo dell’apparato di sicurezza nazionale Said Jalili. Come dire: Iran, il nostro obiettivo sei tu, è un avvertimento. Ma chi potrebbe essere stato a portare a termine l’attentato? La Siria è sempre stata, da quasi trent’anni, l’alleato più stretto dell’Iran tra gli arabi del Medio Oriente. Per varie ragioni: affinità religiose e culturali (il governo di Assad è di estrazione alawita, una branca minoritaria dello sciismo, nonostante il Paese sia in maggioranza sunnita), motivazioni strategiche e politiche soprattutto. Da un po’ di tempo Damasco sembra però intraprendere un cammino piuttosto autonomo rispetto a Teheran: si sta riavvicinando all’Occidente, grazie alle aperture dell’Unione Europea con la Francia in testa; ha ormai compiuto il cammino della completa normalizzazione con la vicina Turchia, con cui adesso i rapporti sembrano essere ottimi; si è riavvicinata all’Arabia Saudita, nemico numero uno dell’Iran nella regione e, fino a poco tempo fa, in pessimi rapporti con la stessa Siria; tenta da due anni di arrivare ad un accordo addirittura con Israele, con la mediazione turca prima e francese poi; si è disimpegnata dal vicino Libano, che occupava militarmente fino al 2005 e ha permesso indirettamente la relativa stabilizzazione libanese a seguito delle elezioni dello scorso giugno.

 

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OBIETTIVO: TEHERAN? – Dunque i cambiamenti sono tanti, soprattutto Damasco sta tentando di uscire dall’isolamento internazionale in cui l’aveva relegata l’ex Presidente statunitense George W. Bush da un lato e, dall’altro, il suo ambiguo atteggiamento di fiancheggiatrice di gruppi organizzati anche di stampo terroristico nella regione. Date le svolte descritte sopra, si potrebbe intendere che molti dei gruppi terroristici di matrice sunnita non abbiano gradito alcuni atteggiamenti della Siria, come per esempio la trattativa indiretta con Israele o, ancora, il sospetto coinvolgimento del regime siriano in alcuni attentati che hanno colpito l’Iraq. Ma l’eventuale attentato potrebbe essere volto anche a deteriorare i rapporti tra la Siria e l’Iran, in un momento delicato per Teheran. Con atti destabilizzatori si potrebbe voler mettere in luce l’attuale difficoltĂ  del Presidente Assad di tenere sotto controllo i gruppi estremisti siriani o infiltrati da fuori, come invece era sempre stato fino ad un anno fa. Si tratterebbe delle avvisaglie di una situazione interna che sfugge di mano al governo, in modo tale da rendere l’Iran piĂą sospettoso di Damasco ed allontanare Ahmadi-Nejad dall’alleato Assad. In tal modo Teheran si troverebbe sempre piĂą isolata e in parte privata dell’appoggio siriano come testa di ponte nel cuore del Medio Oriente.

 

I GUAI DI ASSAD – Allo stesso tempo, un attentato potrebbe essere una sorta di punizione contro la politica estera seguita da Assad, fatta di rapporti con l’Occidente, rottura dell’isolamento e ammiccamenti con Israele. Proprio qualche giorno fa era trapelata la notizia secondo cui l’uccisione del numero due di Hezbollah Mughniyyeh, avvenuta nel febbraio 2008 sempre a Damasco, sarebbe stata portata a termine dai servizi segreti israeliani con la complicitĂ  della Siria stessa. Dunque è da quasi due anni che Damasco si sta attirando le ire di molti vicini arabi. Non si esclude che dietro un possibile attentato vi sia la lunga mano saudita, per esempio tramite un gruppo terroristico con base in Libano, Fatah al-Islam, il cui capo Shaker al-Abssi è stato arrestato e probabilmente ucciso (è scomparso dopo l’arresto e non si hanno piĂą notizie su di lui) proprio dalle autoritĂ  siriane. Un atto terroristico che potrebbe avere molti mandanti e diversi scopi. Sicuramente alla base vi sarebbe la volontĂ  di mostrare la vulnerabilitĂ  della Siria agli occhi dell’Occidente da un lato e dell’Iran dall’altro, in modo tale da screditare il Paese da entrambi i fronti. L’Occidente non potrebbe essere sicuro di un’eventuale alleanza con la Siria e l’Iran vede i propri concittadini essere massacrati per le strade di Damasco. E’ anche per questo che probabilmente, in attesa di notizie piĂą certe, le autoritĂ  siriane dicono che non si tratta di un attentato, ma di un incidente provocato da una bombola di gas. Se di attentato si tratta, invece, dietro le bombe vi potrebbe essere la mano di attori che, con le mosse attuali della Siria, stanno perdendo colpi a livello di immagine ed influenza regionale, vale a dire i “classici” interlocutori arabi e sunniti dell’Occidente, come Arabia Saudita, Egitto e Giordania. In occasioni come queste torna sempre il vecchio detto che in Medio Oriente non vi sono alleanze, ma solo interessi. La Siria sta pagando il prezzo di politiche conciliatorie con i nemici di una volta e sta subendo le ritorsioni di altri attori, con scopi molteplici. Del resto, se vi è un posto dove tutto può accadere contro tutti, quello è il Medio Oriente. A Washington, nel frattempo, Obama si sveglierĂ  con un’altra brutta notizia per la sua opera di mediazione nella regione.

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