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Nuova Delhi, Pretoria e l’Africa

Il summit India-Africa tenutosi in ottobre è occasione per ripercorrere l’approccio indiano all’Africa, il ruolo delle relazioni indo-sudafricane e la recente entrata in scena dei BRICS nel continente africano

IL SUMMIT INDIA-AFRICA – Dal 26 al 29 ottobre 2015, Nuova Delhi è stata teatro del terzo India-Africa Summit al quale hanno preso parte 54 leader africani convenuti in India con l’obiettivo di approfondire i legami economici, politici e culturali con il gigante indiano.
Con un livello di partecipazione straordinariamente elevato e con una visibilità internazionale di primo piano, il Summit non è stato semplice incontro di Paesi legati da una fitta rete di legami e interessi, ma vera e propria pietra miliare nel corso dei secolari rapporti India-Africa. Dal commercio alla sicurezza, dall’ambiente agli scambi culturali, il Summit non ha tralasciato nessun ambito e si è concluso con la promessa – da parte di Modi – di un investimento di 600 milioni di dollari nel continente per progetti di sviluppo. E del resto il concetto di development partnership è stato in questo Summit il motore dell’approccio indiano all’Africa, che ha intrapreso la strada di una cooperazione basata sull’uguaglianza e sulla fiducia che India e Africa sono – nelle parole di Modi – «i due punti luminosi dell’economia globale».

L’APPROCCIO INDIANO ALL’AFRICA OGGI – Ciò che rende particolarmente importante il Summit tenutosi questo ottobre, però, è molto di più del semplice approfondimento di relazioni economico-culturali e politico-diplomatiche che l’India ha progressivamente avviato con i paesi africani.
Si tratta, innanzitutto, dell’ultimo tassello di quell’ampia strategia di apertura internazionale che Modi ha fin dall’inizio impresso alla politica estera indiana. Tra le varie svolte dell’era Modi, infatti, la politica estera è di sicuro uno degli ambiti nei quali la rottura con il passato è stata più drastica, evidente e – indubbiamente – positiva. Abbandonato l’isolazionismo dei precedenti Governi, Modi ha utilizzato fin dall’inizio la politica estera e tutte le sue potenzialità, a livello sia bilaterale che multilaterale, come strumento per immaginare e costruire un’India nuova, attore primario dell’arena globale e non più semplice potenza regionale. Questo progetto di un’India sicura, forte, e onnipresente a livello internazionale ha portato Modi e il Paese in aree che vanno dall’Estremo Oriente all’Asia Centrale, dall’Occidente al Medio Oriente. E ora è l’Africa ad affermarsi come destinataria delle attenzioni indiane. Scelta del resto inevitabile, considerando tutte le potenzialità economiche di cui il continente africano è espressione: ricchissimo di risorse naturali, lambito dai più importanti oceani del mondo, con un’economia in crescita e una popolazione largamente formata da under-35, l’Africa è indubbiamente un mercato che una potenza in ascesa come l’India non può permettersi di lasciarsi sfuggire. Dal 2007 ad oggi gli scambi commerciali India-Africa sono cresciuti fino a raggiungere i 72 miliardi di dollari all’anno, ma si tratta ancora di una cifra riduttiva (soprattutto se si pensa che per la Cina è tre volte tanto). Per l’India, allora, aumentare la propria presenza in Africa è di fondamentale importanza. In un momento in cui tutti – Stati Uniti, Cina, Giappone, Europa – stanno investendo in Africa, Nuova Delhi deve giocare tutte le sue carte per non rimanere esclusa.
Infine non è da tralasciare l’importanza che l’Africa riveste per l’India come alleata nel premere per la ridefinizione di un ordine internazionale che abbandoni gli schematismi post-1945 e rispecchi maggiormente la realtà attuale. Nello specifico, Nuova Delhi ha bisogno della cooperazione dei 54 Paesi africani per poter portare avanti la propria richiesta di una riforma del Consiglio di Sicurezza ONU, uno dei punti sui quali l’India maggiormente preme.

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Fig. 1 – Il Presidente indiano Modi e l’omologo sudafricano Zuma – qui in occasione del summit di ottobre – sono oggi i volti della cooperazione India-Sudafrica

NUOVA DELHI E PRETORIA NELLO SCENARIO AFRICANO – Tra i 54 Paesi convenuti a Nuova Delhi in ottobre, un ruolo di primo piano è indubbiamente quello del Sudafrica – rappresentata al Summit dal Presidente Zuma – che per l’India è vero e proprio pilastro dell’approccio all’Africa.
Se è vero che Nuova Delhi sta sempre più espandendo la propria sfera di partner nel continente e che sta approcciando numerosi paesi africani a livello bilaterale, è altrettanto vero che una piena comprensione della politica africana dell’India non può prescindere dai suoi legami storici con il Sudafrica, che hanno da sempre avuto nel continente africano un privilegiato teatro di espressione e concretizzazione.
I legami tra India e Sudafrica trovano infatti le proprie radici nella storia moderna dei due Paesi e ne seguono evoluzione e sviluppo: dall’embargo totale dichiarato dall’India ai danni del Governo sudafricano all’epoca dell’apartheid, alla piena ripresa dei rapporti diplomatici, economici e commerciali a partire dal 1993, quando il regime razzista ha visto la propria fine e ha lasciato il posto alla nuova “nazione arcobaleno”. Da allora, la cooperazione tra India e Sudafrica è stata una costante delle rispettive politiche estere e – lungi dall’essere una relazione che coinvolge in modo esclusivo l’asse Delhi-Pretoria – è una realtà molto più ampia e diversificata, che attraverso strumenti di cooperazione diversi – dagli accordi bilaterali alla membership in forum/organizzazioni multilaterali – ha sempre coinvolto anche il continente africano nel suo insieme (cosa che del resto non può sorprendere, se si considera che aree come cooperazione allo sviluppo, diritti umani, promozione delle nuove tecnologie e sicurezza sono il nocciolo duro della cooperazione indo-sudafricana).

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Fig.2 – I cinque Paesi BRICS sono oggi tra gli attori globali più importanti, rappresentanti più di un terzo della popolazione mondiale

I BRICS E L’AFRICA – Dei vari meccanismi cooperativi che Nuova Delhi e Pretoria hanno con il tempo creato e/o trasformato come canali di dialogo e azione congiunta, il primato per importanza spetta al BRICS. È infatti in seno a questo gruppo che la cooperazione Delhi-Pretoria con rispetto all’Africa è riuscita a estendere a tre dei principali attori globali (Brasile, Russia, Cina) l’impegno a sostenere l’ascesa del continente africano. Una cooperazione “South-South” che ha quindi trovato in seno al BRICS significative possibilità di crescita.
L’impegno a supporto attivo dell’Africa è emerso pienamente ed esplicitamente nella realtà dei BRICS a partire dal 2013, in occasione del 5° summit BRICS tenutosi a Durban (Sudafrica) con il titolo “BRICS and Africa: Partnership for Development, Integration and Industrialisation”. Il summit è stato incentrato sull’impegno da parte dei cinque BRICS a: promuovere e sostenere l’integrazione dell’Africa; contribuire a una sua crescita sostenibile, al suo sviluppo e all’eradicazione della povertà; cercare una maggiore cooperazione diretta tra il gruppo BRICS e il continente. E del resto il potenziale di una fitta rete di rapporti tra le cinque economie emergenti del mondo e i Paesi africani ricchi di risorse naturali, di giovani in età lavorativa e di una fiorente sensibilità imprenditoriale (esponenziale, in molti Paesi dell’Africa la crescita che il numero di piccole e medie imprese ha conosciuto negli ultimi anni) non è sfuggita ai leader BRICS in cerca di mercati in cui investire, né ai Paesi africani in cerca di investitori che diano la spinta decisiva alle loro promettenti economie.
La cooperazione tra Africa e BRICS – di cui l’India e il Sudafrica sono state motore non indifferente – è quindi una cooperazione di vastissimo respiro e di grandissima importanza reciproca.
E ancora una volta Modi, con il Summit di ottobre, ha mostrato come l’India – sia in ambito BRICS che a livello individuale – sia in prima linea per abbracciare tutte le opportunità che l’Africa sta promettendo.

Marta Furlan

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Un chicco in più

Il Sudafrica è diventato membro ufficiale del gruppo BRICS il 24 dicembre 2010, dopo essere stato invitato dai Paesi di quello che era stato fino ad allora il BRIC. [/box]

Foto: scrolleditorial

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Marta Furlan
Marta Furlan

Sono nata a Milano nel 1993, e mi sono laureata in Lingue straniere per le Relazioni Internazionali all’Università Cattolica con una tesi sullo sviluppo del terrorismo jihadista da Al Qaeda ad ISIS. Attualmente sto frequentando un Master in European and International Studies presso l’Univeristà di Trento. Le mie aree di interesse principali sono la politica del Medio Oriente e il terrorismo islamico, e la mia grande passione è viaggiare.

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