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Fuochi d’artificio a Pyongyang

Il Giro del Mondo in 30 Caffè 2013 – Ci hanno provato un po’ tutti ad entrare nel fitto groviglio delle logiche di Pyongyang, dove il silenzio si associa spesso al terrore e il rumore assordante di un razzo racconta l’ennesimo capitolo di un paese che resta cocciutamente al di fuori degli schemi razionali della geopolitica.Il secondo cambio al timone della “nazione potente e prospera” ha inizialmente spinto gli osservatori a grida di giubilo, per poì confermare, che nonostante una faccia simpatica, Kim Jong Un rimarrĂ  sulla “cattiva” strada degli antenati

 

“I’VE GOT A ROCKET!” – Tutta l’Asia orientale ha trascorso il mese di dicembre in attesa del gesto memorabile di Pyongyang per commemorare degnamente il leader Kim Jong Il ad un anno dalla sua scomparsa. Ebbene lo spettacolo non si è fatto attendere, dato che allo scoccare della metĂ  del mese scorso, l’ennesimo fuoco d’artificio made in North Korea ha attraversato i cieli del pacifico orientale. Stavolta la minaccia è stata quantomai reale, un missile balistico intercontinentale in gardo di trasportare testate non-convenzionali e di raggiungere in decine di minuti le inviolabili coste americane. Ovviamente non è un caso che la violazione di ben tre risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU sia arrivata in parallelo con il cambio della guardia in Giappone e Corea del Sud, le due nazioni piĂą prossime e sensibili alle minacce del paese inaccessibile.

 

DUE SEDIE E UN TAVOLO – Come nel piĂą classico degli enigmi è arrivata poi la sorpresa di fine anno, con un raggiante Kim Jong Un a prendere la parola sugli schermi per il discorso di conclusione del 2012 in cui ha tracciato le direttive di un futuro senza tensioni e provocazioni verso l’inizio delle trattative per la riunificazione. Ovviamente gli scettici, a cui va tutta la nostra comprensione, hanno visto dietro tale gesto inatteso una semplice carezza sarcastica alle Nazioni Unite stremate da quasi sessant’anni di moniti inutili. In realtĂ  il ritorno al potere della famiglia Park a Seoul e di Shinzo Abe a Tokyo aggiungono caratteri indecifrabili ad una ferita geopolitica aperta da tempo. Se da una parte l’appartenenza a partiti di destra garantisce ai leader di Corea del Sud e Giappone credibilitĂ  qualora si dovesse veramente trattare, il sostegno ricevuto da quest’ultimi da fazioni estremiste rende qualsiasi inevitabile concessione a Pyongyang un fattore di alto rischio per la tenuta dell’esecutivo.

 

PECHINO: CI VUOLE PAZIENZA – Se a Seoul e Tokyo sicercano nuove soluzioni per un problema vecchio e ben conosciuto, la strategia di Pechino rimane la stessa da anni, come un genitore fin troppo indulgente nei confronti dei capricci dell’unico pargolo che non cresce mai. In realtĂ  la pazienza cinese è giustificata dal fatto che fin quando le ambizioni nucleari nordcoreane saranno in grado di distrarre Washington e dal Mar Cinese merdidionale, tutte le dispute marittime in corso potranno essere giocate con un rapporto di forza nettamente in favore della Cina. Non è certamente un caso che il premier giapponese Shinzo Abe abbia ritenuto necessario un patto in chiave anti-cinese con il governo vietnamita, lontanissimo in quanto a ideologia politica, molto vicino se si considera l’avversione per l’espansionismo navale made in China.

 

IL REGNO DEI CONTRASTI – Tentare di prevedere le sorti di un paese così chiuso agli occhi degli osservatori esterni come la Corea del Nord rischia di essere non solo inutile ma anche estremamente pericoloso, le notizie discordanti sul lancio di diecembre sono la prova che anche i migliori possono cascare sul granchio da regime. Chi ci è stato, la cittĂ  cinese di Dandong offre pacchetti all inclusive di guida e “agenti del governo locale” a 5000 RMB, racconta di cittĂ  al passo degli anni ’80 senza un briciolo di popolazione in cui le uniche automobili in circolazione portano l’inconfondibile effigie del governo. Il grosso della popolazione resta ancorata alle campagne, nelle comuni produttive, dove si lotta contro la fame e malattie scomparse dal resto della terra decenni fa. Straordinariamente, trovare merci di lusso occidentali non è un problema, nel paese in cui la vera sfida è portare un piatto di riso a tavola, i vizi per i figli del regime non mancano di certo grazie alle connessioni con i porti cinesi. Anche l’industria piĂą sviluppata, per quel poco di cui si possa prendere nota, sembra avere a che fare col dilettevole piĂą che col necessario, visto il numero impressionante di distillerie e raffinerie di tabacchi.

 

IL SENTIERO DEL GIOVANE RAMPOLLO – Nonostante i suoi 29 (o 30?) anni appena compiuti (l’8 gennaio scorso) Kim Jong Un ha saputo impersonare la tragicommedia del passaggio di potere a Pyongyang con personalitĂ  e attenzione ai dettagli, ovvero ai mal di pancia dell’esercito. Il sorriso che sempre lo contraddistingue nelle apparizioni pubbliche, nelle ispezioni dei ranghi delle armate e nelle visiti alle fattorie nelle contee piĂą sperdute non possono far dimenticare al pubblico che il solo fatto di essere sopravvissuto piĂą di un anno alle trame di palazzo fa di Kim il giovane, un leader da non sottovalutare.

 

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DITTATURA 3.0 – Se si prende in considerazione invece il lato sociologico dell’avvento di un trentenne al governo di un paese chiuso ed arretrato, gli scenari si aprono a considerazioni meno preoccupanti. La passione mai nascosta di Kim per l’american way of living e la visita di qualche giorno fa del C.E.O. di Google Richard Schmidt accompagnato a Pyongyang dall’ex rappresentante USA all’ONU Billy Richardson potrebbero gettare le basi per una rivoluzione tecnologica, seppur strettamente censurata e controllata, dell’ultimo paradiso del terrore. In fin dei conti internet per la Cina è stato, è e sarĂ  una miniera d’oro visti i ritmi inimmaginabili della crescita dell’e-commerce mandarino. La perdita definitiva dell’opportunitĂ  di sponsorizzare l’apertura all’economia internazionale in Myanmar potrebbe spingere proprio Pechino a giocare su Pyongyang la prossima partita dell’apertura alla tecnologia, una volta esaurita la spinta del “Go West!” interno.

 

“CONNESSIONI” DI REGIME – Seppur ridotti alla fame e all’adorazione della stirpe Kim, i sudditi dell’ “Hermitage Kingdom” si spartiscono 1 milione di telefoni cellulari tutti collegati al sistema Koryolink, incaricato di intercettare e controllare ogni comunicazione sul suolo nazionale. Per la fetta piĂą istruita ed altolocata della popolazione esiste inoltre un servizio di intranet, sponsorizzato nelle universitĂ  e negli uffici di regime, si chiama Kwangmyong ed offre servizi di instant chat, email e un intero set di media controllati dal governo. Un gruppo ristretto di qualche dozzina di figure chiave del regime sembrerebbe godere invece di libero accesso alla rete, con la possibilitĂ  di uno sguardo ampio sugli avvenimenti del resto del pianeta. L’INERZIA DELLO STATUS QUO – Come giĂ  ribadito, la Corea del Nord rimane uno dei luoghi di piĂą difficile “lettura” al mondo, in piĂą di 10 anni di trattative sullo status nucleare del paese, nessun risultato soddisfacente è stato mai raggiunto o mantenuto. Le minacce rivolte agli Stati Uniti negli ultimi giorni in seguito alle esternazioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU non fanno che riportare in auge l’immagine di Pyongyang quale scheggia impazzita della ComunitĂ  Internazionale. D’altra parte bisogna anche riconoscere che la totale assenza di rappresentanti nordcoreani all’interno delle Nazioni Unite (la Corea del Nord non ne fa infatti parte) determina la totale estraneitĂ  della leadership comunista ai richiami dell’Istituzione. Inutile a piĂą di 60 anni di distanza dalla fine delle ostilitĂ  tra nord e sud che quello attuale sia infatti il confine definitivo della penisola coreana, anche nella geopolitica dell’estremo oriente infatti, “niente è piĂą definitivo del provvisorio”.

 

Fabio Stella

redazione@ilcaffegeopolitico.net

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Fabio Stella
Fabio Stella

Fresco di laurea in relazioni internazionali, con il sogno della carriera diplomatica nel cassetto, la voglia di nuovo e la curiositĂ  l’hanno spinto per fare le valigie per l’estremo Oriente, da dove non sembra voler piĂą tornare. Autore del “7 giorni in un ristretto” redige per voi il calendario della ComunitĂ  Internazionale ogni lunedì anticipandovi curiositĂ , scandali, intrighi e retroscena della geopolitica in ogni angolo del pianeta. Citazioni altisonanti e frasi ad effetto le sue armi “preferite” insieme all’ambizione di rimanere perennemente in equilibrio sul filo del rasoio delle previsioni “da sfera di cristallo”, con una tazzina di “caffè” rigorosamente “espresso” in mano.

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