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La Siria in numeri: dramma demografico di un Paese in guerra

La crisi dei rifugiati scaturita dal conflitto in Siria è stata definita come la più grave dopo la Seconda guerra mondiale. Sta avendo effetti rilevanti su tutta l’area geografica circostante e mettendo a dura prova il decision-making europeo in materia di immigrazione e asilo. Intanto la Siria si sta svuotando: quali sono gli effetti della crisi rifugiati sulla struttura demografica del Paese? Chi sono le persone che fuggono, quante sono, e dove vanno?

UN’EMERGENZA RIFUGIATI IN CRESCITA  A oggi la dilagante crisi umanitaria che si sta ripercuotendo in maniera massiccia su tutto il “vicinato” della Siria, Europa inclusa, sta vivendo la sua fase piĂą acuta. I campi profughi nei Paesi confinanti non hanno strutture e mezzi sufficienti per sostenere il numero crescente di rifugiati che, di conseguenza, cercano sempre piĂą asilo all’interno dell’Unione europea. Quest’ultima, dal canto suo, si trova in una situazione di estrema difficoltĂ  a livello decisionale, e si affanna per trovare accordi volti alla gestione, all’inserimento e alla distribuzione dei rifugiati entro i propri confini. A tale proposito, il 22 settembre il Consiglio “Giustizia e Affari interni” dell’Unione Europea ha deciso di trasferire 120.000 profughi e di mettere in pratica il sistema degli “hotspot” ovvero un piano di assistenza operativa da parte delle agenzie dell’Unione europea nelle aree soggette ai flussi migratori piĂą intensi: i primi Paesi a beneficiare di questa strategia, ha dichiarato il Commissario Avramopolous, saranno l’Italia e la Grecia. Sebbene, insomma, l’impatto “esterno” della crisi umanitaria siriana sia piuttosto evidente, le conseguenze “interne” lo sono molto meno: quali sono gli effetti sociali e demografici che questo esodo – il piĂą grande mai registrato dalla Seconda guerra mondiale a oggi – sta provocando alla Siria stessa? Guardando ai numeri emerge un quadro sconfortante, che fa presagire un futuro preoccupante per uno Stato che nei libri di storia è ricordato come la “culla della civiltà”.

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Fig. 1 – I rifugiati siriani chiedono aiuto all’Europa

QUANTI SONO I SIRIANI “MOSSI” DAL CONFLITTO  Dall’inizio del conflitto, nel 2011, il numero di rifugiati è aumentato drasticamente: La Syrian Regional Refugee Response pubblicata – e periodicamente aggiornata – dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) riporta che mentre a gennaio 2012 il numero di rifugiati registrati era di appena 12.249, a luglio 2015 saliva a 3.984.463 e che, attualmente, la cifra ha raggiunto un picco di 4.088.099. A queste cifre si aggiungono quelle, non meno rilevanti, di una considerevole porzione di popolazione sfollata all’interno del territorio siriano, chiamata, nel “gergo umanitario”, IDPs (Internally Displaced Persons). Si stima che gli IDPs in Siria raggiungano i 7.6 milioni: secondo l’agenzia umanitaria dell’Unione europea (ECHO) è l’ammontare piĂą alto al mondo. Sommando la popolazione rifugiata all’estero, gli IDPs e i decessi (che, riporta il NY Times, ammontano oramai a piĂą di 200.000), si arriva a contare oltre 12 milioni di persone disperse, espatriate o decedute.

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Fig. 2 – Gruppi di migranti attraversano l’Ungheria

CHI SONO I RIFUGIATI SIRIANI: DISTRIBUZIONE PER SESSO E PER ETĂ€  Sempre secondo l’UNHCR, la porzione maggiore di rifugiati è rappresentata da bambini e ragazzi (oltre il 50%), seguita dalla popolazione adulta (45%), mentre gli over 60 rappresentano una percentuale molto inferiore (3%). Tali cifre sono distribuite equamente tra maschi e femmine. Considerato che la popolazione siriana segue una distribuzione quasi perfettamente a piramide, vuol dire che tutte le categorie di persone in Siria stanno emigrando, indipendentemente dal sesso o dall’etĂ . Questo suggerisce che la maggior parte della popolazione si sposta con la famiglia a seguito, e che una crescente quantitĂ  di bambini è destinata nascere e crescere all’interno dei campi profughi o negli Stati che offrono asilo anzichĂ© nel Paese d’origine.

Maschi (49.5%) Età Femmine (50.5%)
9.1% 0 – 4 8.6%
10.7% 5 – 11 10.1%
6.5% 12 – 17 6.1%
21.8% 18 – 59 23.9%
1.3% 60 + 1.7%

Tab. 1 – Distribuzione percentuale dei rifugiati registrati (UNHCR, 2015)

DOVE VANNO (E DOVE VORREBBERO ANDARE)  La maggior parte dei rifugiati siriani (circa il 95%) si trova all’interno di campi situati nei Paesi più prossimi alla Siria, ovvero Turchia, Libano, Giordania, Iraq e Egitto. La Turchia da sola ospita la maggior parte dei rifugiati siriani (1.9 milioni) seguita da Libano (1.1 milioni), Giordania (628.887), Iraq (247.352) ed Egitto (132.375). Dall’inizio del conflitto le richieste di asilo inviate in Europa sono state 441.246. Mete favorite la Svezia e la Germania, che hanno ricevuto, tra aprile 2011 e luglio 2015, il 47% del totale delle richieste. I dati Eurostat di settembre 2015 mostrano che nel secondo quarto del 2015 il Paese che ha ricevuto più richieste d’asilo è stato la Germania (37% del totale), seguita da Ungheria (19%), Austria (12%), Svezia (9%) e Bulgaria (4%). Il posizionamento di Ungheria e Austria al secondo e terzo posto è recente e probabilmente dovuto al crescente flusso di rifugiati provenienti dalle rotte balcaniche. L’aumento di richieste di asilo nell’ultimo anno è stato del 104%. I 28 Stati membri si sono pronunciati su 25.530 richieste siriane, concedendo lo status di rifugiati nel 73% dei casi, garantendo protezione sussidiaria nel 22% e rifiutando la richiesta nel 5%. Al di fuori dell’Europa, riporta la CNN, gli Stati Uniti hanno accolto 1.500 rifugiati, il Canada 10.000 e l’Australia 12.000.

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Fig. 3 – La guerra civile in Siria è una delle piĂą grandi catastrofi umanitarie degli ultimi anni

LE SORTI DELLA SIRIA – La storia che queste cifre ci narrano è dolorosa e gravissima: metĂ  della popolazione siriana, di ogni fascia d’etĂ  e sesso, ha abbandonato o sta cercando di abbandonare il Paese. Tra la perdurante difficoltĂ  delle maggiori potenze internazionali – che fino a ora non sono riuscite ad accordarsi su un’efficace strategia multilaterale per arginare la guerra civile – e la presenza sempre piĂą preoccupante dell’ISIS su varie porzioni di territorio siriano, è opinione condivisa che ci vorranno molti anni prima che il conflitto si risolva. Fino a quando ciò non avverrĂ , è difficile pensare che la situazione dei migranti possa migliorare: probabilmente i rifugiati continueranno ad aumentare in tutto il vicinato siriano e oltre, e la Siria continuerĂ  a svuotarsi. La questione, oggi, è di trovare spazio per i milioni di esuli. La questione, domani, sarĂ  domandarsi se quegli esuli e i loro discendenti riusciranno mai a ripopolare il loro Paese d’origine.

Marta Migliorati

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Un chicco in piĂą

La Siria si trova geograficamente prossima ai ricchissimi Stati del Golfo Persico (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar). Tuttavia i siriani non li hanno scelti come mete di destinazione, né questi ultimi hanno offerto alcun genere di assistenza ai profughi. Tale situazione, riporta la BBC, è discutibile: considerata l’enorme disponibilità economica dei Paesi del Golfo e l’immediata vicinanza alla Siria, c’è chi sostiene che essi avrebbero “più responsabilità verso i siriani rispetto all’Europa”. L’Europa, dal canto suo, ha stanziato per la Siria oltre 4.2 miliardi di Euro tra aiuti umanitari e allo sviluppo e assistenza economica.

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Marta Migliorati
Marta Migliorati

Classe 1989, milanese di nascita e cittadina del mondo per scelta, dopo una laurea in relazioni internazionali conseguita all’Università degli studi di Pavia, ho deciso di trascorrere qualche anno all’estero. Mi sono laureata in European Public Policy allo University College London nel 2013 e, in seguito, ho fatto diverse esperienze di stage nell’ambito dei diritti umani e affari internazionali nel contesto delle Nazioni Unite tra Ginevra e New York. Sono tornata da poco nella mia città natale, dove sto conseguendo un Ph.D in Studi Politici presso la Graduate School of Social and Political Science. Sono appassionata di diritti umani e politica internazionale, di politiche sull’immigrazione e affari umanitari. Studio le buone pratiche e i processi di apprendimento nel policy making Europeo.

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